𝟏𝟐 | 𝗆𝗈𝗈𝗇𝗅𝗂𝗀𝗁𝗍 𝗆𝖾𝗅𝗈𝖽𝗒

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𝐒𝐓𝐀𝐑𝐑𝐘 𝐄𝐘𝐄𝐒

𝗰𝗵𝗮𝗽𝘁𝗲𝗿 𝘁𝘄𝗲𝗹𝘃𝗲𝗆𝗈𝗈𝗇𝗅𝗂𝗀𝗁𝗍 𝗆𝖾𝗅𝗈𝖽𝗒

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𝗰𝗵𝗮𝗽𝘁𝗲𝗿 𝘁𝘄𝗲𝗹𝘃𝗲
𝗆𝗈𝗈𝗇𝗅𝗂𝗀𝗁𝗍 𝗆𝖾𝗅𝗈𝖽𝗒


Il colore celeste dipingeva con ampie pennellate la vasta tela quale era il cielo mattutino che abbracciava calorosamente la frenetica città di Seoul. Nessuna macchia candida osava interrompere la continuità che sovrastava le case che silenziose si ergevano tra i prati verdi e le strade infinite. La brezza primaverile sbuffava flebili soffi d'aria che andavano a smuovere delicatamente i ciuffi d'erba e facevano frusciare armoniosamente gli alberi maestosi. Come di consuetudine, i soliti piccoli uccelli erano ancorati ai robusti rami e dai loro becchi aranciati fuoriuscivano eufoniche e costanti melodie che rallegravano quella tranquilla giornata di fine marzo.

Le spesse tende color crema sfiorarono il pavimento e oscillarono leggiadramente quando uno sbuffo di vento entrò attraverso la finestra socchiusa della cameretta; qui, tra i vivaci colori delle pareti e i numerosi poster stravaganti appiccicati ad esse, Hoseok ancora viaggiava nel Mondo dei Sogni. I suoi capelli scarlatti erano arruffati sulla sua testa e disposti disordinatamente sul cuscino variopinto sul quale il suo capo era affondato. Le sue sopracciglia erano corrugate e le labbra erano schiuse, mentre un costante russare aleggiava nella sua stanza.

Quando la luce solare sostò sulla sua pelle abbronzata e gli depositò soffici baci sulle palpebre chiuse, lui desiderò di rimanere addormentato per il resto della giornata, ché svegliarsi avrebbe significato tornare ad affrontare la quotidianità e, con essa, tutte le difficoltà che erano solite accompagnarla.

Grugnì infastidito a causa dell'insistente luminosità che puntava direttamente sui suoi occhi, li aprì e poi si coprì il volto con le coperte aranciate quando venne abbagliato dall'incredibile bagliore che trapassava attraverso il tessuto pesante della tenda.

La sua testa doleva terribilmente e fu costretto ad incolpare se stesso per l'abbondante quantità di alcol che aveva permesso di pizzicargli le papille gustative la sera precedente. Percepiva innumerevoli aghi immaginari conficcati nella sua cute e ad ogni minuto che trascorreva sepolto dalle morbide lenzuola essi affondavano maggiormente nella pelle, martoriandogli la sua delicata epidermide.

«Hobi,» un suono soave gli giunse all'orecchio, ovattato a causa degli strati che rivestivano la sua nuca dolorante. Per un momento temette che la sua mente gli stesse facendo dei brutti scherzi, probabilmente a causa del suo stato confusionario dovuto alla pesante sbronza che gravava sul suo corpo, perché per nulla al mondo la voce poteva appartenere a lei.

Serrò le palpebre e sperò di non risvegliarsi mai da quel magnifico sogno, ma rimase stupito quando anche con un doloroso pizzicotto autoinflitto sul braccio nulla mutò. Sbarrò incredulo gli occhi quando una familiare mano gli carezzò amorevolmente i capelli vermigli che sbucavano da sotto le coperte. «Hobi, so che sei sveglio.»

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