Capitolo 37 - Rovesciare Foglie

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Lux

Mi svegliai lentamente, con il veloce e ovattato tintinnio dell'orologio. Le coperte in pelliccia mi avevano riscaldata per tutta notte, lasciandomi ogni tanto qualche pelo impercettibile nella bocca. Avevo qualche capello nero e doppio sulla spalla e qualcuno che mi sfiorava l'orecchio. Io ero rivolta verso il soffitto. La schiena mi doleva, per troppo tempo ero rimasta piegata sulla scrivania, e il materasso non era più quello di una volta. La spalliera in legno era ormai piena di piccole ammaccature e mi venne il vago pensiero di cambiare il tutto con un letto a baldacchino. Sarebbe stato belle cadere nell'intimità, nascosta dalle chiare tende che pendevano dalla punta, dove sarebbe entrata solo la luce del sole, o la fioca fiamma delle candele. Uno spazio chiuso, accogliente e caldo. Ancora poco vigile, continuai a navigare trai miei pensieri e desideri. Nel mio immaginario vedevo qualcuno accanto a me, ci toccavamo con la punta delle dita, ci abbracciavamo lasciando che i nostri corpi si fondessero l'uno con l'altro, mosse dal desiderio di annegare l'una dentro l'altra. 

Era solo mattina e la mia giornata stava iniziando già male. Odiavo svegliarmi ancora sognando e odiavo sognare eventi futuri non certi. Lei mi mancava e bramavo il suo tocco. Mi faceva male il petto e con un gesto, che sarebbe sembrato a chiunque inutile, misi la mano sullo sterno e cominciai premere, mettendo vera pressione. La pesantezza apparente che sentivo divenne reale e cominciai a sentirmi nuovamente in controllo delle mie emozioni. Rimasi così per qualche minuto, finché non sentii un mugolio provenire alla mia destra. Io e Ife eravamo rimaste fino a tardi a leggere i rapporti di Malicia e Nemna e quelli dei soldati e delle guardie posti al confine. Avevamo anche cominciato a leggere i documenti con le entrate e le uscite di ogni ducato nella speranza di trovare incongruenze. Ormai facevamo sempre notte fonda. Io solitamente crollavo sulla scrivania e Ife mi aiutava a prepararmi ad andare a letto, combattendo anche la sua personale stanchezza. Di conseguenza era poi lei a crollare sul mio letto. Non mi dava fastidio, era una persona importante per me, le volevo bene, e poi avere accanto qualcuno alleviava i brutti pensieri, soprattutto di notte. Il fatto era che avevo cominciato ad odiare il buio e la luna alta in cielo, mi ricordavano di un altro giorno passato, senza ancora svolte significative. Rimanere sveglia fino a tardi mi dava l'illusione di avere il controllo sui giorni e sul tempo, e cadere stremata sulla scrivania mi permetteva di addormentarmi senza rimurginare su quello che avrei potuto fare di più durante quella giornata. La mattina il mio corpo combatteva per tenermi addormentata, ma il mio cervello si era già abituato ai miei doveri. Mi coricavo tardi e mi alzavo presto, lavoravo, lavoravo, lavoravo, ancora e ancora. Era l'unica cosa che ormai mi permettessi di fare. Ieri sera avevo promesso a tutti che avrei fatto delle buone ore di sonno questa mattina, svenire durante la cena era stato qualcosa che il mio cervello non aveva calcolato ma il mio corpo sì, e per giunta difronte a tutti. 

Ife cacciò qualche altro mugolio, muovendo le gambe e premendo di più la schiena contro il mio braccio. Quella vicinanza accendeva in me sempre un insopportabile fastidio, potevo toccare chiunque volessi, tranne la persona che volevo veramente attaccata al mio fianco. 

Il mio cervello aveva già scosso un paio di volte il mio corpo nel tentativo di svegliarmi, ricordandosi dei miei orari, ma io chiudevo nuovamente gli occhi, sperando di riprendere sonno. Questa volta mi svegliai con la testa poco sotto il cuscino e sdraiata sul fianco. Il letto non era più un avvallamento su due parti, ora c'ero solo io, sveglia, quasi lucida. Le tracce di Ife erano sparite, niente più capelli che mi punzecchiavano il viso, e nessun corpo caldo accanto al mio. 

Stiracchiai un po' le gambe, e poi le braccia, sentendo da subito il cambio di temperatura. Le rimisi subito sotto le coperte. Volevo rimanere in quel tepore, come ogni mattina, del resto. Mi sforzai di scoprirmi, sentendo il freddo penetrarmi nella pelle. Sarebbe stata una giornata estenuante come tutte le altre, ma almeno ero riposata. Mi cambia e uscii dalla camera affacciandomi al lungo corridoio. Sembrava non esserci nessuno nelle proprie camere. Prima di iniziare a scendere le scale, incontrai una schiava delle cucine, che portava un grande vassoio farcito di cibo, acqua, sangue e vino.

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