19. Sacro e profano

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Il fianco faceva male, ormai era più che sveglio e fortuna che le calze e la gonna erano morbidi, altrimenti con un pantalone avrei visto le stelle

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Il fianco faceva male, ormai era più che sveglio e fortuna che le calze e la gonna erano morbidi, altrimenti con un pantalone avrei visto le stelle. La fasciatura che mi aveva messo Jackson mi infastidiva insieme alla sensazione di bagnato della crema.

«Mi raccomando tienila sempre lubrificata», mi aveva detto prima di lasciarmi andare.

«Cosa?», avevo chiesto confusa. Ormai nella mia testa c'erano solo scenari compromettenti e mi domandai ogni dannata volta il perché dovessi provare quelle cose proprio con lui! Era dei bassifondi, maleducato e anche bru... Dio santo, era tutto tranne che brutto! Mi innervosiva quello scarso autocontrollo quando era vicino me e ormai la frase che qualche tempo fa mi aveva sussurrato, mi rimbombava ad ogni occasione nella testa: "il fascino del proibito".

Le sue labbra avevano avuto uno spasmo nel sentirmi, vedendo le mie guance che ormai erano in fiamme. Una scintilla maliziosa si era accesa nei suoi occhi verdi, che mi erano sembrati ancora più belli. «La zona del tatuaggio, cosa altrimenti?»

Non capivo se si fosse reso conto di quel che mi era successo sul suo lettino, sotto le sue mani esperte e completamente alla deriva. Era così impensabile una cosa come quella... cosa diamine era successo? Non me lo spiegavo neanche io.

Le mie amiche avevano urlato non appena ero uscita dalla stanza delle piacevoli torture, schiamazzando per quel che avessi appena fatto, mentre solo mia sorella mi aveva rivolto uno sguardo preoccupato.

Ripensai a quello strano pomeriggio proprio in macchina, mentre ritornavamo tutte a casa. Erano ancora elettrizzate, smaniose di vedere il tatuaggio, ma c'era la benda e non potevo toglierla. In più era davvero fastidioso, sembrava che sentissi ogni singola curva del corpo sinuoso del serpentello, ormai tatuato a vita sulla mia pelle.

Accompagnai ognuna a casa, finché non rimasi sola con Rose.

«Ti ha costretto Caitlyn?!», esclamò indignata, stringendo i pugni. I suoi capelli castani erano raccolti in una treccia alla francese e varie ciocche sottili ne uscivano ribelli, contornando il suo viso leggermente paffuto e paonazzo. Gli occhi azzurri come miei sembravano voler folgorare qualsiasi cosa.

«Ovvio! Credi che sarei così pazza da tatuarmi altrimenti?» Le risposi allo stesso torno, cacciando via tutti i pensieri che mi facevano ribollire il sangue per l'eccitazione e sostituendoli con quelli rabbiosi. Avevo quasi dimenticato che tutto quello era successo per colpa di Caitlyn.

«Dobbiamo fare qualcosa Megan!» Si lasciò andare sconfitta sui sedili in pelle della macchina, fissandomi con sconforto e impotenza. «Non può continuare così e se dovesse chiederti cose più gravi di questa?»

«Lo so, ma non ho nessuna idea! Mi sento così inutile». Volli piangere, ma non lo feci. Non lo facevo mai. A Rose piaceva pensare, anche se quello non era il termine giusto, che le avessi consumate tutte quella notte e che orami non ne avessi neanche più una goccia. Ovviamente non era così, le sentivo ogni volta che minacciavano di uscire, ero semplicemente brava nel controllarmi. «E per di più credo che abbia informato qualcun altro e che siano entrambi a ricattarmi». Volli informarla dei miei sospetti.

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