21. Worthless

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Megan

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Megan

Entrai subito nella stanza, dando spallate ai due tizi che mi intralciavano e probabilmente avrebbero continuato a farlo se non avessero visto alle mie spalle Jackson.

«Che cazzo sta succedendo qua?» sbraitai e andai subito da Rose, non sopportando la sua vista in quello stato. Le mani erano legate e il viso era completamente terrorizzato.

Tesoro mio...

Mi riportò alla mente quello che avevo vissuto da bambina e vederla impaurita e bloccata mi ricordò mia madre.

Scossi la testa, aprii e chiusi gli occhi per focalizzare bene quello che avevo davanti, mentre provavo a sciogliere quei nodi ai suoi polsi in fretta. Le mie mani tremavano per il nervosismo e per qualcos'altro.

«Megan, perché mi hanno rapita? Non lo sapevi?» singhiozzò ed io provai a mantenere la calma, dovendo necessariamente mettere a fuoco quei dannati lacci e liberarla al più presto.

Con la vista periferica però vidi un'ombra avvicinarsi e mi irrigidii.

«Se ci tieni alla tua vita, non toccarla», disse a quel punto Jackson rivolto probabilmente all'uomo che stava venendo a bloccarmi. Poi lui stesso mi affiancò e con gentilezza mise le mani sopra le mie.

Feci saettare gli occhi sul suo viso e sebbene non fosse particolarmente felice di starmi vicino, almeno non aveva il viso crucciato. Estrasse un piccolo coltello, spostò le mie mani e slegò Rose. Quando fu libera mi abbracciò ed io la strinsi a me, accarezzandole i capelli.

«È tutto ok. Ci sono io con te». Le sussurrai, baciandole la testa.

«Perché lei è qui?» Sentii Jackson domandare a tutti gli altri.

«Non lo so, ci hanno solo detto di prelevarla e portarla alla base», rispose uno. Non capii quante persone ci fossero nella stanza, ma da quello che avevo visto ad una prima occhiata dovevano essere in tre.

«Lo sapete che lei è la sorella di Megan. Perché trattarla in questo modo?» La voce di Jackson era dura. «Perché non ne avete parlato con me?» A quel punto ringhiò.

«Noi non rispondiamo a te, Morozov».

A quel punto mi girai anche io, mentre Rose si aggrappava alla mia vita e nascondeva il viso sulla mia pancia. Provai a consolarla come potevo, visto che in quel momento ero più che furibonda con quei soldati criminali e con la situazione.

Sapevo anche che dopo quello che era appena successo, avrei dovuto spiegare a mia sorella tutto il casino che stava avvenendo da più di sei mesi attorno a lei, dal quale avevo provato a proteggerla per tutto quel tempo.

Gli uomini con cui stava parlando Jackson sembravano esser tirati su con lo stampino. Grossi, vestiti di nero e con le cicatrici in faccia. Non era carino da dire, ma sembravano la versione brutta di Jackson e proprio per quello mettevano molta più paura.

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