34. Sorriso da angelo, sguardo da diavola

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Jackson

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Jackson

Non sapevo cosa pensare riguardo a quello che Megan diceva. Sicuramente il mio corpo era molto contento per quelle parole, i baci e le strusciate, ma sapere che lo facesse solo per l'alcol nel corpo mi faceva ridere. Insomma, mai avrei immaginato una situazione come quella e di certo lei non sarebbe stata così sfrontata e aperta con me se non fosse per quello.

Sapevo che avrei potuto fare di lei quel che volessi e sentivo il bisogno nascere sempre di più ad ogni schiocco di bacio. E se lo meritava anche. Una parte perversa della mia testa mi diceva di scoparla senza che lei ne fosse completamente consapevole, come se facendo quello le facessi subire tutto quello che loro avessero fatto a noi. Volevo piegarla sotto il mio volere e vederla completamente vulnerabile come lo eravamo noi ai loro occhi. Fotterla come una cagna in calore avrebbe dato un senso di soddisfazione al mio lato ferito e rancoroso.

Il problema era che quella borghesotta mi dimostrava ogni volta quanto si scostasse dal suo mondo. Venire dagli orfanelli, portare regali, fare le treccine alle bambine e donare il ricavato della vendita dei suoi gioielli alla loro causa... forse non era così male come pensavo all'inizio. Forse c'era qualcosa che poteva salvarsi.

E quel pensiero mi spinse a tenerlo nei pantaloni, in quel momento. Avrei aspettato che fosse lucida per farle provare tutte le depravazioni sessuali che la mia mente aveva elaborato per quel corpo che avevo desiderato sin da subito. Per quanto non sopportassi la sua vita e la sua educazione, non ero cieco.

«Non credevo che una del tuo lignaggio avesse il permesso di dire parolacce, ma suona maledettamente eccitante». La presi in giro solo in parte, visto che la mia erezione pulsava come non mai.

Lei non mi concesse più spazio per respirare o dire altro, mentre mi leccò le labbra ed esplorò con le sue mani tutto il mio petto. Avrei continuato quella tortura per altro tempo, ma se fossi rimasto un altro po' probabilmente l'avrei scopata lì.

«Ti porto a casa, Megan». La scostai gentilmente, mentre assaporavo ancora la sua bocca sulla mia e aprivo gli occhi per incontrare i suoi. Sembravano quasi blu per la notte che le faceva da sfondo e mi guardavano come se non volesse fare altro che quello. Be', in quel momento probabilmente voleva fare per davvero altro...

«Jackson, non possiamo». Sembrò decisamente triste per quel distacco con il mio corpo e assunse un'espressione angosciata.

Mi ritrovai confuso. «Di cosa parli?»

«Non possiamo andare via, dobbiamo fare dei figli... non possiamo fermarci adesso...»

Non riuscii a farla continuare perché gettai la testa in dietro e risi di gusto per l'assurdità delle sue parole. Probabilmente era la prima volta che mi lasciavo andare così con lei e la vidi completamente attonita per la mia risata, come se non riuscisse a capacitarsene. Sembrò acquistare un attimo di lucidità e fissarmi intensamente, come se volesse imprimere nella sua testa quell'emozione sfuggita al mio controllo.

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