30. Sweetness

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Megan

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Megan

Alla fine però mi addormentai, sentendo tutta la stanchezza troppo pesante da sopportare. Rimasi completamente incosciente per due ore e quando mi svegliai sentii un po' il braccio pulsare e tirare.

Mi mossi infastidita, sentendo anche i muscoli del corpo dolermi per tutto il movimento che avevo fatto. Come se in quei mesi non mi fossi allenata quasi tutti i giorni.

«Tutto bene?» mi chiese Jackson, che non aveva scollato il suo braccio dal mio fianco, appiattendo la sua mano sulla mia pancia e tenendomi stretta.

Se solo avesse saputo quanto quell'abbraccio significasse per me e per l'esserino che si sta formando nel mio corpo...

Girai di poco il viso verso di lui. «Sì, mi fa solo male un po'».

Lui non aspettò un secondo di più e si tirò indietro per prendere qualcosa sul comodino. «Prendile, se proprio non riesci a sopportare il dolore». Mi passò due pasticche e un bicchiere d'acqua.

Le presi, più che altro perché la testa mi faceva malissimo e quel dolore costante non aiutava neanche un po'.

«Grazie», gli dissi, sistemandomi di nuovo sotto le coperte e il suo braccio. «Tu hai dormito?»

«Sì, mi sono svegliato mezz'ora fa». Strofinò la sua guancia sulla mia testa e annusò il profumo dei miei capelli, mentre il familiare calore che mi provocava ogni volta che respirava solvato, mi invase lo stomaco e il petto.

«Puoi dirmi meglio cos'è successo dopo che mi hanno sparato?» Era una domanda che mi assillava da un po', ma era subito venuta in secondo piano quando avevo appreso l'ultima notizia bomba.

Quando l'avevo scoperto avevo faticato a respirare per qualche secondo, poi la mia mano era subito corsa alla mia pancia, come a volerlo o volerla proteggere da qualsiasi cosa. Avevo chieste se stesse bene dopo il trauma che avevo appena subito e la dottoressa mi aveva rassicurato, ma mi aveva anche raccomandato di non allenarmi così intensamente come avevo fatto nell'ultimo periodo e di non prendere parte alle azioni finché la gravidanza non fosse finita. Sempre se volevo continuarla...

Quando aveva detto quelle parole però avevo distolto lo sguardo e mi ero sentita morire solo all'idea di dover pensare a quella possibilità.

Ma come avrei potuto crescere un figlio in un contesto come quello? Il padre non mi amava, certo, mi avrebbe protetta da ogni cosa, persino da me stessa, ma non lo vedevo molto incline a formare una famiglia quando lui doveva anche detestare solo l'idea. Poi ci ritrovavamo in un covo di criminali, il tizio che si era finto mio padre mi voleva praticamente morta ed io ero costretta a nascondermi sotto terra per poter sopravvivere.

Che vita avrei dato a quel bambino?

«Ho sparato a Tobias quando l'ho visto, ma ero più impegnato a sorreggerti mentre svenivi per il dolore e l'ho mancato», mi disse a bassa voce, indurendo però il suo tono. «Poi ti ho portata al sicuro e dopo averti lasciato nell'edificio insieme ai medici, non ci ho visto più. Grazie alla tua idea siamo riusciti ad avanzare verso di loro. Tra parentesi, sei stata geniale». Arrossii e non capii neanche il perché. «Sono stati sopraffatti e alla fine sono stati costretti a ritirarsi. Di Tanner ovviamente neanche l'ombra».

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