56. Oltre i demoni

12.5K 595 225
                                    

Trassi un enorme sospiro, cercando di infondermi coraggio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Trassi un enorme sospiro, cercando di infondermi coraggio.

Ero proprio davanti l'orfanotrofio, un po' in disparte per non farmi vedere nel caso qualcuno si fosse affacciato alle finestre, ormai riparate. Ero indecisa sul da farsi, su ciò che avrei detto una volta davanti a Jackson.

Avevo avuto venti minuti per pensarci, nella tratta tra l'alta e la bassa Wealthill, ma non ero riuscita a pensare a niente che non fosse la macchina e la trada davanti a me.

Avevo vissuto una sorta di trauma rimettendomi alla guida. Una sforzo che non avrei decisamente voluto fare in quelle condizioni. La mia mente non me l'aveva fatta passare liscia neanche per un secondo, distorcendo anche quelle informazioni che avevo sui segnali stradali e sulle altre regole.

Avevo passato un inferno, costantemente in allerta per ogni mio movimento e quelli al di fuori dell'auto. Ogni volta che intravedevo una pedone sui marciapiedi, tremavo come una foglia, sudando freddo per tutti i possibili scenari distruttivi che la mia mente mi faceva vivere.

Era stata una tortura.

E in quel momento non me la stavo passando meglio. Guardare l'orfanotrofio con tutte le mie insicurezze non era una bella esperienza, soprattutto pensando al fatto che Jackson avrebbe potuto rifiutare quel patetico tentativo di scuse in mille modi diversi, che avrebbero spezzato il mio cuore in altrettanti piccoli pezzi.

Ma avevo guidato fin lì per lui, mi ero fatta carico di una parte delle mie paure e le avevo affrontate. Per lui. Perché era l'unica persona che meritava quella piccola parte buona di me. Era lui quello che la faceva emergere, accidenti. Se non fosse stato per Jackson, per le sue gentilezze e accortezze, per il suo interesse, i suoi baci e anche quelle maniere rudi che avevo imparato a volere... io sarei rimasta quella stessa ragazza chiusa nella mia mente contorta e plasmata secondo il volere di mio padre e della mia stessa città.

Lui mi aveva aperto un mondo, mi avevo insegnato cosa volesse dire rischiare, osare e... vivere. Le piccole cose, quelle rare... erano preziose. Mi aveva fatto conoscere una prospettiva diversa di guardare, per scoprire la vera natura di tutto. Bastava guardarle più di una volta, soffermarsi sui dettagli che ad una sola prima occhiata superficiale erano impossibili da notare. Mi aveva dato una seconda possibilità, scavando più a fondo. Se c'era riuscito lui, perché non potevo farlo anche io?

Era andato oltre la superficie per me.

Oltre i suoi ideali. Aveva conosciuto quel lato di me nascosto.

Mi aveva... insegnato ad amare nonostante lui non fosse ancora pronto per farlo, forse non conosceva il modo e in fin dei conti non lo conoscevo neanche io. Ma c'era una speranza, piccola, che mi faceva credere che forse insieme...

Beyond the surfaceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora