XIII: La cerimonia

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Quand'era piccola, Nives si era persuasa che avrebbe trascorso tutta la vita nella Cittadella. Avrebbe sposato un uomo, magari proprio uno dei bambini con cui giocava ogni giorno, e sarebbe diventata una lavandaia come la madre; forse avrebbe avuto una figlia a cui insegnare le canzoni usate per accompagnare il raschiare degli abiti, oppure un maschio da rimproverare quando tornava a casa sporco di fango e con le ginocchia sbucciate. Eppure, dal momento stesso in cui era stata scelta dai Guardiani, i suoi piani di semplice felicità erano andati in frantumi un pezzo alla volta, lasciando spazio a un cupo destino che non sarebbe mai riuscita a battere; era segnata, e gli dèi si divertivano a tentarla solo per deriderla e peggiorare le sue disgrazie.

Il portone che divideva lei e le compagne dalla sala dei banchetti, oltretutto, le sussurrava di essere giunta al capolinea: dopo la cerimonia sarebbe cambiato tutto, nolente che fosse.

"Potrei svenire..." mormorò Leila, in piedi al suo fianco.

Nives le lanciò un'occhiata rapida, notando che in effetti la carnagione della giovane era ancora più pallida del solito, tanto da creare un contrasto netto col blu dell'abito. "Cerca di resistere" le rispose, senza pensare al tremore che le risaliva lungo le gambe. Nonostante fosse stata preparata per mesi all'evento, al contrario di Leila, faticava comunque a rimanere lucida.

"Se facessi un errore?" le chiese la ragazzina, ingarbugliando le dita nella gonna. "Cosa accadrebbe?"

Nives stava per risponderle che era meglio non pensare alle possibili conseguenze, ma lo scricchiolio del portone che girava sui cardini le impedì di concludere lo scambio di sussurri. Rapida, diede una stretta alla mano di Leila, per poi immobilizzarsi e attendere in silenzio che il paggio all'interno della sala le annunciasse.

Trattenendo il respiro, le ragazze fecero il loro ingresso nel grande ambiente costruito in pietra e addobbato, come il resto del palazzo, con arazzi e stemmi sia della casata degli Enkel, sia di quella di Everett; nonostante la presenza di qualche colore - rosso e grigio per la prima, nero e argento per la seconda -, la sala appariva comunque cupa sotto la luce rossastra delle torce appese alle pareti e il bruciare del tramonto, i cui raggi attraversavano le alte vetrate. L'unica scintilla di vita proveniva dalla tavolata disposta a ferro di cavallo lungo i muri, dov'era seduta una folla chiassosa di nobili in abiti sgargianti che rideva, parlava e beveva; tra loro il Governatore appariva il più rumoroso e occupava la posizione centrale, accompagnato dalla famiglia e alcuni Guardiani.

Everett, invece, pareva non essere nella sala.

Nives aveva immaginato si sarebbe trovato al fianco del Governatore, oppure circondato da un gruppo di nobili adoranti, disposti a tentare il tutto e per tutto pur di essere accolti nella corte di Feluss, ma nessun uomo presente aderiva all'idea che si era fatta del sovrano. Una simile realizzazione le fece correre un brivido sulla schiena, diverso dalla calda agitazione che aveva preso possesso del suo corpo durante l'attesa. Non fece in tempo a far scorrere un'altra volta lo sguardo tra gli invitati, sicura Everett fosse tra loro, che una melodia, prodotta da flauti e liuti accompagnati dalle note di un clavicembalo, zittì tutti i presenti.

A quel segnale le ragazze, che si erano disposte in modo tale da formare un cerchio, cominciarono a esibirsi in una serie di piroette e inchini, avvicinandosi e allontanandosi dall'immaginario centro. Il loro movimento lento e calibrato andò a creare l'impressione di trovarsi davanti alla risacca del mare, governata da onde blu sempre più rapide e impetuose che, seguendo le note di un tamburello solitario, si ruppero in quindici fiammelle danzanti. Il ritmo, diventato infatti più travolgente, guidava le orfane in giravolte, rapidi passi scanditi da un uniforme battere di tacchi sul pavimento e volteggi leggeri. Ai nobili, rimasti senza fiato davanti a una simile danza sfrenata, parve che fluttuassero in un mare dorato, tanto erano rapide ed eteree.

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