XL: Premonizioni

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Nives spalancò gli occhi.

Ancora intontita dal sonno, si rigirò sotto le coperte, rabbrividendo per l'aria gelida del mattino; si rannicchiò quindi su se stessa in posizione fetale, nel tentativo di raccogliere più calore possibile prima di affrontare il nuovo giorno. Aveva sognato qualcosa, qualcosa di così terribile da svegliarla di soprassalto e rivestirla di una sensazione di angoscia.

Si stese supina e inspirò a pieni polmoni, lasciando scivolare le braccia fuori dal cantuccio in cui si erano nascoste; si stiracchiò, sentendo la pelle d'oca correrle su tutto il corpo, e cercò di concentrarsi sul fatto che ormai fosse a casa e che avrebbe dovuto affrontare il Consiglio. Doveva rimanere concentrata sul suo obiettivo, ma l'angoscia del sogno riuscì a infilarsi anche tra i pensieri, il rosso del sangue che scorreva in quegli sprazzi di immagini.

"Era solo un incubo" pensò, girandosi ancora sotto le coperte. "Solo un incubo."

Alla fine, si stropicciò gli occhi e poi si alzò scostando le coperte; lasciò che i piedi la guidassero fino alla finestra, dove si appoggiò al davanzale per osservare la città assonnata, qualche filo di fumo che usciva dai camini e l'abbagliante luce estiva che splendeva lontana, velata da uno strato di nuvole. Incurante del freddo, Nives rimase a guardare come le montagne si confondessero col cielo dell'orizzonte, diventando azzurre e lontane nell'aria rarefatta.

"Sono a casa" pensò, mentre il respiro si condensava sul vetro. "Allora perché mi sento così lontana?"

Era una riflessione particolare. Nives se ne rese conto nell'esatto momento in cui fuggì nei meandri della mente assieme ai frammenti dell'incubo, lasciando così posto al ricordo di quanto a Saat si fosse sentita fuori luogo e a quanto il cuore le si fosse riempito di gioia quando, a cavallo di Zaekr, aveva scorto il profilo illuminato di Centrum Norr la notte precedente. Era stata una sensazione totalizzante, capace di toglierle il fiato e farle salire le lacrime agli occhi. Oltretutto, tornare nelle sue stanze, nonostante fossero austere e lontane dall'opulenza del Laeiros, l'aveva fatta sentire subito a suo agio, tanto che si era lasciata cullare dal caldo abbraccio delle coperte ed era scivolata in un sonno pacifico. O, almeno, tale fino a quando l'incubo non aveva fatto capolino.

Se solo fosse riuscita a ricordarselo sarebbe stata meglio. Tuttavia, vedeva solo brandelli di sangue, frammenti che la facevano rabbrividire nella candida veste da notte.

Il ruggito di un drago in volo la fece sobbalzare.

"Non devo pensarci" si disse, allontanandosi dalla finestra. "Non ora, non oggi."

Nives camminò rapida fino alla porta che dava alla stanza da bagno e la socchiuse, nella speranza che le cameriere le avessero già preparato l'acqua calda. Si aprì in un sorriso sincero nel notare leggere volute di vapore levarsi dalla tinozza. Subito si levò la camicia da notte, entrò nel catino e si lasciò cullare dall'abbraccio del liquido, per poi immergersi del tutto, così da lavare i pensieri scomodi che avevano attecchito nella sua mente; riemerse solo quando sentì mancarle il fiato, con le ginocchia ad affiorare dall'acqua.

Non si rese conto di quanto tempo fosse rimasta a mollo a non pensare a niente, il ticchettio delle gocce che si libravano dai capelli e il lieve fluire del suo respiro come unici rumori. La risvegliò dal torpore l'ingresso di una cameriera che, sobbalzando, si lasciò sfuggire dalle labbra un urlo e cadere dalle mani una brocca, che crollò sul pavimento frantumandosi in tanti piccoli pezzi pari a scaglie di neve sul legno.

Sospirando, Nives si alzò e uscì dalla tinozza, mentre la donna si era chinata a terra per raccogliere i frammenti di ceramica, borbottando delle flebili scuse.

"Non è nulla" disse lei, coprendosi con un telo il corpo. "Solo, lasciatemi passare."

"Sì, mia regina." La donna si scostò. "Perdonatemi."

HydrusWhere stories live. Discover now