XXXIII: Cospirazione

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Nives attendeva.

Dopo il ballo con Taron aveva trascorso le restanti ore a danzare fino a sentir dolere i piedi, passando tra le braccia di uomini sempre differenti e desiderosi di farle i loro omaggi, oppure a conversare con chiunque le si parasse davanti, tempestandola con graziose parole e domande senza fine. Ne era rimasta sfiancata, ma nel mentre non aveva potuto far altro che attingere da una giara di pazienza talmente profonda da lasciarla stupita; le aveva evitato di seguire l'impulso di ritirarsi prima del dovuto, che le aveva solleticato la mente più di una volta. Il modo in cui aveva resistito e lasciato scorrere il tempo le avrebbe di certo fatto guadagnare lodi da parte dei Guardiani, se solo fossero stati presenti.

C'era stato solo un attimo in cui la maschera indossata le era quasi scivolata dalle dita, lasciandola nuda. Si stava dirigendo verso Magnus, che, al contrario di Peeke, era rimasto in disparte, così da poter seguire ogni suo movimento in modo discreto, quando qualcuno l'aveva urtata, portandola a oscillare alla ricerca di equilibrio. Si era trovata aggrappata a delle braccia femminili, salde nel sorreggerla, e aveva scorto davanti a sé il viso di una persona che credeva ormai morta da anni; quegli occhi neri, così grandi e incastonati in un viso più adulto ma sempre altero, l'avevano fatta impallidire.

"Sono lieta di rivedervi" le aveva detto Mistiss, slegandosi dalla presa per poi accennare un delicato inchino che produsse un fruscio di sete tale da farle venire la pelle d'oca. "Vi prego di scusarmi per avervi urtato. Cercavo di raggiungere una persona e sono stata fin troppo goffa."

"Non vi preoccupate" aveva balbettato, cercando di nascondere lo stupore che l'aveva colta. Temeva si fosse letto fin troppo bene sul viso, ma, fino a pochi attimi prima, era stata certa che la giovane davanti a lei fosse perita nell'incendio di Myrer – come tutto il resto della città, se si escludeva il signorino Taron.

"Vorrei chiedervi una cosa in nome della nostra antica amicizia" aveva continuato intanto Mistiss, aprendosi in un sorriso dolce a cui lei rispose con un annuire confuso. "Permettetemi di abbracciarvi."

Nives non aveva avuto modo di replicare che si era trovata stretta tra le braccia dell'altra, il corpo congelato mentre la ragazza approfittava della vicinanza per sussurrarle all'orecchio una manciata di parole inaspettate.

"Mano Rossa verrà nella vostra stanza. Attendetelo dopo il ricevimento."

Nives era certa di essere arrossita, ma nell'insieme il tutto era stato così rapido da portarla a chiedersi se le parole udite fossero state reali o solo il frutto della sua immaginazione.

Liberata dalla stretta, si era girata e aveva seguito la figura sinuosa di Mistiss scivolare tra gli ospiti con una grazia tale da rendere ancor più palese la bugia con cui l'aveva avvicinata; raggiunto l'altro capo del salone, oltretutto, le aveva lanciato un ultimo e bruciante sguardo prima di avvicinarsi al sovrano.

"Dèi, come fa a essere così bella?" aveva pensato con una stilla di invidia dopo aver raggiunto Magnus ed essersi fermata a osservare Mistiss danzare con Cain. L'aura di perfezione che li avvolgeva aveva qualcosa di spaventoso.

L'attimo di gelosia, però, era sparito quando il dragoniere le aveva chiesto un ballo, allontanandola così dai pensieri e dell'arrivo di un nuovo scocciatore, un baronetto dell'Oltre che già in precedenza le aveva raccontato di quanto il suo feudo fosse ricco e prospero, arrivando addirittura ad avere l'ardire di invitarla nella sua tenuta. Danzare con Magnus era stato liberatorio, la tranquillità di un silenzio irrompibile che l'aveva cullata e fatta respirare.

Se solo non avesse sentito pizzicare dietro la testa un formicolio continuo, quasi qualcuno la stesse osservando con un'attenzione particolare... Infastidita, si era voltata alla ricerca del proprietario dello sguardo, che le era bruciato sulla pelle come un marchio, ma non era mai riuscita a rintracciarlo. Ora, seduta sul letto con le mani intrecciate in grembo, la sensazione si era ormai dissolta, soprattutto grazie alle tende ben tirate; solo un paio di candele brillavano sul tavolino posto al fianco del baldacchino, illuminando con la loro tenue luce rossastra parte della camera.

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