LV: Oscurità

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Rinchiuso al buio, con il solo rumore delle gocce d'acqua che ticchettavano sul pavimento di pietra e lo zampettare dei topi a fargli compagnia, Taron aveva rivissuto gli avvenimenti salienti della sua vita. Aveva passeggiato sotto l'ombra dei ricordi e spiato la breve infanzia trascorsa a Myrer, i pochi abbracci che gli aveva dato sua madre e le urla del Governatore che lo avevano spinto a rifugiarsi da Blas.

Si era reso conto che il pensiero di tutte le morti, a un certo punto della sua esistenza, aveva assunto la consistenza delle cenere, la stessa che si era depositata sui resti di Myrer. Li aveva amati, ma il loro ricordo era diventato sottile, un velo che ancora gli avvolgeva il cuore ma di cui non aveva avuto percezione fino a quel momento; il vuoto era tornato a essere tangibile, tanto ampio da generare scintille di dolore ogni volta che tentava di rievocare i loro visi. Aveva pianto, e il silenzio aveva accolto i suoi singhiozzi come una madre paziente.

Durante il tempo concessogli, aveva ripensato al tempo trascorso a Feluss. La vita che aveva condotto nel medesimo palazzo dove si trovava imprigionato gli era parsa lontanissima, così come la forte impressione provata davanti al sovrano. L'aveva ammirato e aveva sperato di acquistare un minimo della sua fama e del suo onore, ma invece era diventato tutt'altro; un maledetto degli dèi, in fondo, non avrebbe mai potuto avere altra fine. Se solo non si fosse infatuato di Nives, le cose sarebbero andate in modo molto differente: l'avrebbe lasciata partire con Everett, Myrer non sarebbe bruciata e lui, ora, sarebbe stato sul punto di diventare Governatore della città, con Mistiss al fianco come un'ombra triste.

Mistiss. All'inizio era stato ingiusto con lei, troppo preso da se stesso. Col trascorrere dei giorni e degli anni, però, si era affezionato; la sua presenza era diventata confortante, come quella di una sorella disposta a difenderti e proteggerti a ogni costo. In una realtà ormai irraggiungibile avrebbe potuto imparare ad amarla, ne era certo, e sarebbero stati in qualche modo felici. Davanti a un simile pensiero Taron aveva sorriso nel buio, i ratti che gli zampettavano sui piedi, e aveva trattenuto nuove lacrime incastrate in gola, che formavano un nodo duro che chiedeva solo di essere sciolto. Se fosse morto, Mistiss si sarebbe compianta e data la colpa di tutto, quando, invece, non aveva niente a che vedere con la prigionia.

Più il tempo scorreva, più lui riviveva i lunghi anni passati coi mercenari. Ricordava il terrore sordo dei primi tempi, la fatica che l'aveva quasi spezzato e la gioia che l'aveva colto quando si era reso conto di poter fare in effetti qualcosa. C'erano state poi le ferite, certo, come quella che gli aveva squarciato il viso o la più recente a corrergli sul fianco, e il dolore da loro provocato e la mano della morte sul suo capo erano ancora freschi in lui. Non li avrebbe mai dimenticati. Ripensò a Litthard, al legame che condividevano, ai lunghi discorsi e le ore trascorse assieme... Lui sarebbe stato forte.

A un certo punto, nel corso della prigionia oscura che aveva dilatato il tempo, sfilacciandolo, si era alzato e aveva percorso il perimetro della cella con una mano attaccata alla parete, cosa che gli aveva permesso di scoprire quanto fosse piccola e angusta. Si era messo a procedere a tentoni per terra, alla ricerca di cibo, ma non aveva trovato altro che dell'acqua. Forse era stato a causa di questo che era tornato a rifugiarsi nei pensieri, la cui dolcezza contrastava i crampi della fame che gli avevano afferrato lo stomaco.

Anche il ricordo di Pyr e Ryr era tornato a illuminarlo. Il loro primo incontro, il viaggio che li aveva portati a Saat e il tempo passato fianco a fianco tra una battaglia e l'altra quando attraversavano la regione. Cercò di scacciare dalla mente l'immagine delle loro teste mozzate, nonostante una voce roca gli bisbigliasse che era solo colpa sua se erano morti e che se si fosse attenuto al piano iniziale sarebbero stati ancora vivi.

L'unica a cui evitava di pensare era Nives. Al solo immaginarla rinchiusa in una cella simile gli si mozzava il fiato. Era arrivato addirittura a pregare gli dèi, chiedendo loro che fosse ancora viva e forte, più di quanto fosse lui.

HydrusWhere stories live. Discover now