XI: Conseguenze

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"Svegliati, bella principessa."

Nives aprì gli occhi a fatica, la mente così annebbiata da farle desiderare di affondare nel materasso per non uscirne più. Un ulteriore squittio eccitato, però, la costrinse a mettersi seduta e passarsi una mano sul volto, nel tentativo di scacciare la stanchezza.

"Leila, cosa succede?" biascicò, mentre la coscienza abbandonava a piccoli passi il mondo dei sogni per tornare agli avvenimenti delle ultime ore con un brivido.

Dopo che lei e il signorino si erano scambiati quel... quel pegno, un vecchio servitore aveva fatto la sua comparsa nella stanza e l'aveva accompagnata nei suoi quartieri, aiutandola anche a recuperare qualche bottone disperso che avevano incontrato sul cammino.

"Non voglio sapere cosa sia accaduto" aveva mormorato l'uomo, mentre ancora camminavano in mezzo a uno dei tanti corridoi. "Vi consiglio solo di non vagare più per il castello da sola. Siete stata fortunata a incontrare il signorino Taron."

Nives aveva guardato le spalle del vecchio, piegate sotto il peso degli anni, abbassarsi ancora di più.

"Se con voi ha oltrepassato una qualche linea, abbiate il buon animo di perdonarlo" aveva aggiunto l'altro, squadrandola con gli occhi azzurri che brillavano preoccupati. "Nonostante tutto, ha a cuore la vostra sorte più di quanto dovrebbe."

Nives era rimasta perplessa davanti a una simile affermazione, non riuscendo a comprendere se fosse riferita a lei o al gruppo delle benedette, ma poi aveva scosso la testa e mormorato a bassa voce di non avere nulla da perdonare al giovane. Non aveva osato parlare del bacio che ancora le scottava sulle labbra, mentre il pensiero dei segreti di Regn aveva subito iniziato a tormentarla, aumentando il carico di peccati con cui conviveva da giorni; gli dèi sarebbero stati felici di avere un nuovo e valido motivo per tormentarla.

Il servitore, d'altro canto, aveva preferito non indagare oltre e non le aveva più rivolto la parola fino a quando non erano giunti alla porta della stanza delle benedette, dove aveva soffocato un verso sorpreso davanti alla serratura scassinata.

"Perdonatemi" aveva sussurrato Nives, senza sapere se si stesse riferendo all'uscio o al fatto che l'avesse fatto svegliare in piena notte. Aveva aggiunto un ringraziamento veloce ed era corsa al suo letto, sotto le cui coperte si era infilata nel modo più rapido e silenzioso possibile. Solo quando aveva udito lo scatto del chiavistello si era concessa di tornare a respirare, per poi mettersi supina e sfiorarsi le labbra; le aveva sentite pulsare sotto la tenera carne dei polpastrelli, come se il leggero tocco a cui erano state sottoposte fosse stato impresso a fuoco nella carne. Un marchio della sua impurezza.

Se fosse stata una dama, o anche solo una giovinetta più smaliziata, si sarebbe addormentata con un sorriso, desiderosa di raccontare cos'era accaduto e senza alcun tormento. Eppure, si era sentita schiacciata dai sensi di colpa che le stavano ancora risalendo per la gola, dandole la nausea.

Sarebbe bastato allontanarsi, non entrare nella camera, non uscire dal letto, e non sarebbe accaduto niente. Ma lei, ingenua, si era fidata, attratta dagli sguardi dolci e divertiti che le aveva rivolto l'altro e dalla speranza di riuscire a sfuggire dalla situazione spinosa in cui si era trovata.

"Bruciano ancora..." pensò, evitando lo sguardo della compagna. Era terrorizzata dal pensiero che le altre potessero leggere la colpa di cui si era macchiata. "Sembra essere appena accaduto."

Le parole di Leila la riportarono al presente. "Ha nevicato, Nives! Ha nevicato!"

"E quindi?" domandò con una smorfia, abbandonando le coperte. Notò un bottone ai piedi del letto e, rapida, lo fece sparire sotto con un debole calcio, per poi dirigersi alla finestra e osservare la città imbiancata, ancora immersa in un freddo e buio silenzio.

HydrusWhere stories live. Discover now