XLV: Addii

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Quando, ormai quattro anni prima, Winloas era partito in missione con Peeke e aveva raggiunto Myrer, non avrebbe mai potuto immaginare a cosa avrebbe condotto l'assalto in cui si era lanciato.

Nella sua ingenuità si era convinto che avrebbe dovuto solo giustificare davanti al Consiglio la sua azione, spiegando cosa l'aveva spinto a trasformare una semplice ricognizione in un attacco che, unito alla rivolta nata nelle mura stessa della città, aveva portato alla caduta di uno dei maggiori alleati del tiranno. Tuttavia, gli antichi dèi avevano deciso di muovere i fili del destino in modo differente e avevano concesso alla figlia di Cymneat di unirsi a lui.

Da lì era cambiato tutto. Fin dal primo momento in cui l'aveva vista, Winloas aveva provato per Nives un affetto che andava oltre ogni immaginazione; l'aveva accolta sia come la figlia mai avuta, sia come ultimo frammento di quella che era stata la sua gioventù. Col trascorrere delle stagioni aveva iniziato a credere che Nives non si sarebbe fatta afferrare dal desiderio di vendetta che talvolta le leggeva negli occhi. Era troppo ponderata nelle decisioni, troppo attenta e conscia di ciò che era stato, per poter cadere nell'inganno di sconfiggere Everett.

Winloas, però, non aveva considerato quanto il sangue dei Bálit le scorresse denso nelle vene, né quanto il suo animo fosse legato a doppio filo alla virtù del valore.

Nonostante fosse anche lui mosso da un desiderio bruciante di combattere di nuovo contro l'usurpatore, le aveva permesso il viaggio a Saat con l'intima ed egoistica speranza che non avrebbe mai trovato qualcuno disposto a seguirla, ma gli antichi dèi avevano ancora una volta giocato con la sua esistenza e reso possibile l'agognata guerra contro il tiranno. Non gli era rimasto che pregare che almeno la giovane non si mettesse in pericolo con azioni sconsiderate; si era sentito certo di ciò, cullato dal fatto che Nives conoscesse ben poco dell'arte del combattimento – aveva ricevuto una rudimentale educazione sull'uso delle lame, ed era sì diventata una maestra nel colpire bersagli usando l'arco in volo, ma la magra forza delle braccia non le permetteva di coprire grandi distanze.

Eppure, Nives aveva trovato un modo per sorprenderlo. Appena la proposta del Reggente dei Ghiacci aveva preso la sua forma definitiva, Winloas aveva compreso che la giovane si sarebbe offerta per andare a Feluss, così come che avrebbe trascinato con sé Mano Rossa; non era rimasto sorpreso quando, il giorno successivo, si era premurata di esporgli quell'idea.

"Non puoi andare" le aveva detto, sperando la voce mostrasse abbastanza autorità da intimidirla. "Non puoi metterti a rischio, non quando hai un popolo a cui guardare."

"Ma il mio popolo è tutto quello di Hydrus."

Non aveva avuto di che risponderle.

Piegarsi ancora una volta al suo volere era stato doloroso, ma almeno era riuscito a strapparle la promessa che non sarebbe partita solo in compagnia del generale, ma anche di qualcuno che conoscesse la capitale e fosse disposto a proteggerla. Se per il primo punto la scelta era caduta subito sui due schiavisti, poco entusiasti ma disposti a compiere il loro dovere, per il secondo Winloas non aveva ancora scelto chi affiancarle tra Magnus e Peeke. Ambedue erano dei valenti cavalieri, disposti a sacrificarsi per Nives nell'infausto caso in cui fosse stato necessario, ma il primo aveva dalla sua una morbidezza di spirito che lo rendeva malleabile tra le dita della regina, mentre il secondo si faceva spesso guidare da un'istintività pericolosa. Oltretutto, Peeke era un Treue.

"Non potremmo scortarla entrambi?" chiese quest'ultimo, accarezzando il muso del suo drago steso sotto il sole. "Sarebbe di certo più protetta."

"Affatto." Winloas scosse il capo, piegato dalla stanchezza che l'aveva accompagnato negli ultimi giorni. Immaginare la partenza di Nives gli impediva di dormire la notte e lo rendeva irritabile.

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