XXVII: Due anni dopo

1.2K 89 32
                                    

Nonostante il cielo terso e l'erba brillante scossa solo da un sottile alito di vento invitassero alla pigrizia, complice anche il caldo della giornata estiva, l'accampamento brulicava di vita: soldati e manovali si accalcavano indaffarati gli uni sugli altri, definendo un moto da formiche tra le tende.

Tra tutti loro, una piccola figura in particolare sembrava presa da un fervore ancora più imponente, visto il modo in cui correva. Stringeva una lettera nella mano destra e il sudore gli colava lungo la fronte e la schiena, incollando i capelli sul viso e gli abiti al corpo minuto. Tale era la fretta che compì in apnea gli ultimi metri che lo separavano dalla tenda a cui era diretto, anche se, prima di chiedere di scostarne i lembi, si costrinse a inspirare una profonda boccata d'aria; dopodiché, mostrò alla guardia davanti all'ingresso il sigillo della lettera, guadagnando la possibilità di entrare.

L'aria fresca interna lo accolse in un piacevole abbraccio, ma, nonostante il desiderio di sedersi, si costrinse a farsi avanti senza alcuna esitazione. "Generale, ho per voi una missiva urgente."

Il diretto interessato, seduto dietro a una scrivania e chino a studiare delle carte, alzò lo sguardo, rivelando il volto squadrato, ancora giovane ma fregiato da una lunga cicatrice che scivolava dal sopracciglio destro allo zigomo, pari a un fiume latteo sulla pelle abbronzata.

Gli occhi scuri del generale si soffermarono ancora un attimo sulla mappa davanti a lui, per poi spostarsi sul messo in attesa; erano giorni che stava cercando di capire quale fosse il miglior modo per disporre le truppe durante il successivo attacco, e una distrazione simile giungeva proprio nel momento meno opportuno.

A essere onesto con se stesso, l'uomo si sarebbe volentieri riposato, soprattutto a causa dell'incursione del giorno precedente, che l'aveva stremato a tal punto da farlo crollare addormentato sulla branda senza neppure essersi pulito dalla sabbia e il sangue che l'avevano coperto. Tuttavia, non poteva fermarsi. La caduta di Havnen era sempre più vicina, e non poteva permettere che un qualsiasi errore rovinasse l'operato degli ultimi mesi, se non anni, né che le vite degli uomini periti sotto il suo comando fossero ripagate con una sconfitta.

"Lasciatemela sul tavolo" si risolse a dire, picchiettando l'indice su uno scampolo di legno libero. "La leggerò più avanti. Ora ho altri affari a cui rivolgere la mia attenzione."

Il messaggero deglutì e il viso già paonazzo a causa del caldo e della fatica assunse una sfumatura ancora più scarlatta. "Ho ricevuto l'ordine di tornare a Saat con una risposta immediata" sussurrò. "Proviene dal sovrano stesso."

L'uomo gli lanciò un'occhiata stanca e, stringendo i denti, afferrò la missiva che gli veniva porta. "Ovvio che Cain si ricordasse della mia esistenza solo ora" pensò, strappando con un gesto stizzito il sigillo di ceralacca blu, sul quale era riportato il simbolo di una barca avvolta dalle fiamme. "Fosse almeno un messaggio di Mistiss..."

Ormai erano circa quattro anni che non la vedeva, nonostante la ragazza si fosse prodigata a inviargli lettere colme di dettagli su come procedeva la vita alla corte. I racconti eccitati degli insegnamenti di Calypso, o ancora le parole di conforto alle sue paure, o addirittura le dolcissime confessioni di debolezza erano stati per lui un punto fisso in mezzo alle continue rotazioni a cui era costretto; certe volte, Taron credeva che la velocità in cui era risucchiato gli avrebbe fatto del tutto perdere il senso dell'orientamento, se solo non ci fosse stata lei.

A onore del vero, aveva anche ricevuto delle missive da parte di Pyr e Ryr – soprattutto messaggi volti a capire se il passaggio tra Hydrus e il Laeiros fosse bloccato dalle battaglie che infiammavano il confine –, nonché delle visite dopo le principali vittorie, ma la loro presenza era ben diversa dal conforto costante datogli da Mistiss.

HydrusWhere stories live. Discover now