XLVII: Cambiare pelle

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Quando il sole fece capolino dall'orlo della chioma boschiva, accompagnato dai rumori dell'accampamento che si svegliava, Mistiss era già desta da ore. Nonostante le rassicurazioni di Pyr e Ryr e le parole di Nives, che in parte erano riuscite a confortare il suo cuore in tumulto, si era svegliata in piena notte con la sensazione che qualcuno stesse tentando di strangolarla con le lenzuola; si era alzata di scatto, scalciando via il groviglio informe che la stava in effetti soffocando, ed era uscita dalla tenda, respirando a piene boccate la fresca aria notturna di fine estate. Era rimasta immobile fino a quando la viscida sensazione di morte si era affievolita. Solo a quel punto era tornata all'interno, affrontando lo spazio buio e soffocante solo per il tempo necessario a vestirsi.

Era fuggita per l'ennesima volta e aveva passeggiato senza meta per l'accampamento, salutando con un cenno le sentinelle e lasciando che i piedi decidessero per lei la strada da seguire. Arrivata al limitare delle tende, non era rimasta affatto sorpresa nel notare che qualcun altro soffrisse di insonnia come lei.

"Buonasera" aveva esordito, avvicinandosi alla figura del Reggente dei Ghiacci, seduto su un masso e col viso puntato verso la stellata del cielo. "O forse buongiorno?" aveva aggiunto nel notare, a oriente, il primo e tenue rossore precedente all'alba.

L'uomo si era girato verso di lei e, sorridendole, le aveva fatto spazio al suo fianco. "Salve anche a voi. Noto con piacere che non sono l'unico insonne."

"Non è affatto strano."

"Cosa accade?" le aveva chiesto, raccogliendo la replica come un invito a domandarle altro. "Temete di non riuscire a compiere l'incantesimo?"

Mistiss aveva fatto un cenno di diniego e si era accomodata vicino all'uomo. "No, ho già avuto modo di praticare una simile fattura a Saat. Non è complessa, nonostante richieda una quantità di energia non indifferente."

Lögi non aveva indagato ulteriormente e aveva preferito alzare il viso verso il cielo saturo di stelle. Lei era rimasta per qualche minuto in silenzio, in parte speranzosa che l'uomo scavasse ancor più a fondo sul perché fosse impossibilitata a dormire, ma il ticchettare del tempo aveva fatto affievolire un simile desiderio. Aveva rinunciato a proseguire lungo il sentiero della conversazione, spostando il volto sull'immensità della notte, e si era persa a seguire le forma di alcune costellazioni a lei note.

"Le state contando?"

La voce dell'uomo l'aveva fatta sorridere e scivolare ancor di più verso i meandri di lontani ricordi. "No, ma quand'ero bambina, a Bergstad, tentavo di farlo: mi nascondevo sull'unica torre ancora salda e osservavo l'oriente per ore. Soprattutto d'inverno, quando il cielo gronda di stelle."

Lögi l'aveva squadrata in silenzio, mettendola in soggezione. "Non oso immaginare quanti raffreddori vi sia costato questo piccolo gioco" aveva però detto con una dolcezza inaspettata.

"Tanti" aveva pensato, sentendosi avvolgere dalla nostalgia. "Tantissimi."

Seduta sul masso e per nulla infreddolita, sia per il clima mite che per la presenza dell'uomo al suo fianco, le era parso di essere tornata bambina, quando ancora Bergstad le appariva come il centro del mondo. Era arrivata a dimenticarsi della presenza di Lögi, troppo immersa nel ricordo di quei giorni lontani; quando tutto era diventato troppo doloroso, si era sentita confortata dalla vicinanza del reggente, di cui aveva apprezzato la compagnia fino a quando le prime stelle erano sbiadite sotto il suo sguardo attento. Si erano alzati entrambi in silenzio ed erano tornati all'accampamento per prepararsi alla lunga giornata che li attendeva.

"Fate bene ad avere timori" le aveva detto all'improvviso Lögi, seguendola. "Ma non dovreste farvi condizionare. Siete molto più forte di quanto apparite."

HydrusWhere stories live. Discover now