13. Pronto Soccorso

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Il selfie di Sukuna era l'unica luce che illuminava il buio della stanza di Y/N. Lo stava fissando da dieci minuti buoni, e non si decideva a staccargli gli occhi di dosso.
È vero, aveva salvato un paio di foto dal suo profilo Instagram, ma quella... Beh, quella era solo per lei.
Sapere di essere l'unica ad averla mai vista le regalava un brivido di piacere. Un'esclusiva.
Fissò un attimo gli occhi, quella sfumatura di nocciola che sembrava addirittura tendere al rosso. E quella lingua oh, Kami. Quella lingua.
Che diavolo gli era saltato in mente di fare una cosa del genere? Perché proprio a lei?
La risposta più ovvia era anche quella che non riusciva ad ammettere. 'Perchè evidentemente gli piaccio', rifletté.
No, non poteva essere. Assolutamente. La regola numero uno era non farsi mai castelli in aria. Non doveva...
Una fitta di mal di testa le trapassò il cranio. Ecco, perfetto. Era ora di chiudere gli occhi, o il giorno dopo non sarebbe riuscita a lavorare. Spense controvoglia il telefono, e si addormentò quasi subito.


In realtà se lo aspettava.
Un po' le mancava.
Era tanto che non tornava in quella stanza del sogno, ma l'odore del sangue non le dava più fastidio, come se si fosse abituata. Abbassò lo sguardo sul suo corpo: indossava uno strano kimono, troppo scollato per essere da donna, con le maniche troppo larghe per essere da uomo. Le piaceva.
Tese le orecchie: nessun rumore in lontananza. Forse sarebbe riuscita ad arrivare al centro della stanza, quella volta.
Non c'era assolutamente nulla che le potesse fare da riferimento, ma lasciò che il suo istinto la guidasse. Dopotutto era in un sogno, perché avrebbe dovuto fallire?
Si incamminò in una direzione, cercando di rimanere abbastanza lontana dal muro. Dopo quella che le sembrò un'eternitá, senti con il piede una consistenza diversa, quasi scricchiolante.
Diede un calcio a quello che pensava essere un ramo, e si chinò a raccoglierlo. Con orrore realizzò cosa fosse.
Strinse l'osso fra le dita. Era un omero, riusciva a riconoscerlo. Un omero umano.
Il sangue per terra sembrava essersi seccato, quasi volesse lasciare spazio a quelle ossa che si facevano via via più numerose. Le vide ammucchiate in piccole montagnette.
Sempre facendo la massima attenzione continuò ad avanzare. Salí su uno dei mucchi, cercando di vedere più lontano.
"Gambare, gambare. Ma che brava".
La folata di vento caldo che le arrivò alle spalle la fece sbilanciare, e cadde in avanti sulle ossa rotte. Sentì degli speroni graffiarle la pelle.
"Si può sapere dove vuoi arrivare, troietta?" continuò la voce, sempre più vicina. Y/N strisciò verso quella che le sembrava una piccola colonna, e si aiutò ad alzarsi.
"Sai che odio quando non mi rispondi". Una mano le afferrò i capelli, facendola piegare all'indietro per il dolore. Digrignò i denti.
"Scusami, Sukuna-Sama" gemette, cercando di prendere tempo. Con la coda dell'occhio trovò quella che doveva essere la sua meta.
Un'enorme montagna troneggiava davanti a loro. Cercò di metterla a fuoco, scorgendo qualcosa in cima. Raccolse tutte le sue forze e tentò di divincolarsi dalla presa.
"Voglio arrivare là" lo supplicò, aggrappandosi al suo polso. "Voglio... Raggiungere la vetta. Ti prego, Sukuna-Sama".
"Ah, vuoi arrivare fin là...?" le mormorò all'orecchio con voce lasciva. Si fermò un attimo a mordicchiarle il lobo. "Non preferisci piuttosto che ti sbatta contro il muro e ti prenda per la gola? Come stavi sognando oggi".
Y/N arrossí violentemente, più per l'eccitazione che per la vergogna. É vero, fino a poco tempo fa le sembrava quello il suo obiettivo. Eppure ora...
"Se lo farò, non mi farai più entrare qui... vero?" Mormorò, investita di una nuova consapevolezza.
"Ti interessa, piccola...?" L'uomo - o meglio, il demone - le spinse una mano nella scollatura del kimono, lasciando una scia di saliva man mano che la lingua le sfregava contro la pelle. Y/N chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro.
No, non doveva cascarci. Quel demonio stava facendo di tutto per distrarla, soprattutto dopo una giornata come quella in cui la sua controparte umana aveva fatto del suo meglio per lasciarla insoddisfatta. Scosse la testa.
"Certo che mi interessa" mugugnò, cercando di focalizzare la mente su qualcos'altro. Mosse un passo in avanti, e sentì la presa di lui farsi via via più debole.
"Continua per quella strada" le gridò "e ne rimarrai molto, molto delusa, brutta troia!"
L'ultimo insulto la risvegliò. No, non era di certo Sukuna a rivolgersi a lei in quel modo. Non poteva essere lui.
Si fece forza, e cominciò a scalare la montagna. Le ossa franavano sotto i suoi piedi, impedendole di avanzare velocemente. Strinse i denti.
Sentì un'unghia spezzarsi, ma non ci fece caso. La vetta era vicina. Sempre di più...
Alzò la testa: sì, mancava davvero poco. Ora riusciva davvero a vedere cosa c'era là sopra. Un... Un trono?
Assottigliò lo sguardo. Un trono enorme, formato da quelli che sembravano teschi di caproni. Rabbrividì.
Seduto sul trono c'era... beh, Sukuna. Quello vero.
Sorrise, tendendo una mano verso l'alto. "Sukuna" esclamò, al settimo cielo. "Ce l'ho fatta! Lo sapevo che non potevi essere tu a..."
L'uomo si chinò verso di lei, la mano sul mento. Lo sguardo era stranamente cupo.
"Impara a stare al tuo posto..." le appoggiò una mano sulla fronte "...Idiota".
La spinse indietro, facendole perdere l'equilibrio. Y/N caccio un urlo, e precipitò.



Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now