24. Messaggi

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Erano le cinque e mezza quando la suoneria di Sukuna iniziò a squillare violentemente. L'uomo allungò una mano per afferrare il telefono prima di svegliare Y/N, ancora persa nel mondo dei sogni.
Non ci fu bisogno di rispondere: era Uraume che, probabilmente, lo chiamava temendo che avesse dimenticato la sveglia.
Beh, aveva indovinato.
Premette il tasto di rifiuto, lasciandosi andare a un profondo sospiro. Le cinque e mezza: quel dannato del suo assistente aveva anche calcolato il tempo di farsi una doccia.
Quanto bene lo conosceva? Era quasi inquietante.
Buttò le gambe fuori dal letto. I suoi vestiti erano sparsi per la stanza, ma non se ne preoccupó - in valigia aveva un completo pulito di sicuro.
Portò una mano a massaggiarsi il membro. Peccato che Uraume non avesse calcolato anche il tempo di una sveltina... Avrebbe dovuto ricordarglielo per la prossima volta. Sorrise, pensando che sicuramente l'avrebbe preso sul serio e se lo sarebbe scritto sulla sua cazzo di agendina.
Con uno sbuffò contrariato si alzò in piedi. Per la prima volta dopo tanto tempo gli dispiacque davvero abbandonare il tepore delle coperte. Si voltò verso Y/N e le regalò una carezza; vide un brivido di freddo correrle dalla guancia lungo la pelle della schiena, e le rimboccò le lenzuola.

La Maserati Ghibli era parcheggiata con le quattro frecce davanti al portone. Sukuna aprì la portiera posteriore e gettò il borsone da palestra sui sedili, per poi sedersi accanto al guidatore.
"Buongiorno" lo salutò, voltandosi verso di lui con un sorriso.
Quell'espressione bastò all'assistente per capire più di quanto avrebbe voluto. Roteò gli occhi e sistemò lo specchietto retrovisore, uscendo dal parcheggio.
"Buongiorno a lei, capo".
L'altro sistemò il sedile del passeggero tirandolo indietro, e sintonizzò l'autoradio sull'andamento della borsa. "Perché oggi siamo con la tua?"
"Dopo ieri sera volevo stare tranquillo. Portarla a casa e venirla a prendere a distanza di poche ore con la stessa macchina poteva dare troppo nell'occhio".
"Bravo. A proposito, stavo pensando" gli chiese, il tono di voce improvvisamente serio "Dici che dovrei cambiare aria? Non vorrei che continuando a gironzolare qui intorno possano ricondurmi a loro".
Uraume schioccò la lingua con disappunto.
"Se continua a entrare e uscire sempre a orari differenti nessuno sospetterà di nulla. In più, ora suo fratello partirà per una settimana, e questo di sicuro aiuta".
Sukuna aggrottò le sopracciglia. "Magari potrei andarmene anche io un paio di giorni e vedere se qualcuno bazzica ancora nel quartiere".
"Mi spiace sentirla preoccupata" ribatté Uraume, improvvisamente nervoso "ma chi decide di starle accanto deve anche accettarne i rischi e le conseguenze".
"Ume, cazzo" mormorò l'altro, stravaccato sul sedile "non usare te stesso come termine di paragone. Se continui così non ti piacerà mai nessuno".
L'assistente arrossì, e sterzò di scatto per evitare lo spartitraffico.
"S-scusi" balbettò agitato. Sukuna scoppiò in una risata cristallina.


Y/N sentì il cellulare di Sukuna, ma era talmente stanca che non ebbe nemmeno la forza di aprire gli occhi. Si godette quella che le sembrò una carezza, e tornò a sognare.

Quando la sua sveglia suonò qualche ora dopo, era incredibilmente riposata: stava facendo un sogno strano, uno di quelli che più si cercano di ricordare più scappano dalla mente, ma le sembrava che fosse molto bello. Si stiracchiò con un sorriso.
Accese la luce sul comodino e scese dal letto. Represse un risolino, quando vide i vestiti di Sukuna sparsi per il pavimento della camera; scosse la testa e li raccolse, piegandoli con cura e appoggiandoli sulla scrivania.
Buttò le mutande e le calze a lavare, e si chiuse in bagno. Yuji stava ancora dormendo... Speró con tutto il cuore di non averlo svegliato la notte precedente. Rabbrividì di vergogna solo al pensiero.
'A proposito di vergogna' pensò, studiando il suo riflesso allo specchio.
Due graffi sotto l'angolo della mandibola le riportarono alla mente i dettagli della notte di sesso. Sì, era stato decisamente esagerato. Aveva detto che al lavoro era andato tutto male, ma questo non giustificava certo il suo comportamento... Erano usciti solo una volta, dopotutto, e non avevano certo tutta quella confidenza.
Portò le dita a sfiorarsi la gola, mimando il gesto dell'uomo.

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now