42. Maki Zenin

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NdA
Perché ho pubblicato di lunedì?
Per destabilizzarvi.

Mako

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Y/N alzò un sopracciglio.
"È qui?"
Come sempre, la risposta di Sukuna fu abbastanza laconica. "Mmh". Lo guardò scendere dall'auto, e aspettò che le aprisse la portiera. "Dai, andiamo".
Y/N aspettò che la aiutasse a scendere, stendendo la mano. Un po' le dispiacque che non le aveva chiesto di guidare, ma probabilmente era dovuto al ritardo: lo scherzetto del bagno era durato un po' troppo, e si erano lasciati andare entrambi.
La mano di Sukuna era un appiglio che faceva sempre fatica a lasciare; quella volta lui sembrò accorgersene, e si lasciò prendere a braccetto. "Su, è in fondo alla strada".

Lei si guardò intorno con fare circospetto.
"Ti... Ti fidi a lasciare qui l'auto...?"
La periferia in cui erano arrivati non era di certo il posto in cui Y/N avrebbe volentieri preso casa. Non aveva niente a che fare con il quartiere popolare da dove provenivano: certo, il degrado urbano e la povertà erano caratteristiche comuni, ma si ricordava bene che lá poteva sempre respirare un'aria di casa. Se cercava di riportarlo alla mente, riusciva a rievocare immagini di fili per il bucato appesi da un balcone all'altro, di cestini col cibo condivisi fra i vicini, di bambini - come lei e Yuji - che giocavano allegri per i vicoli. Ecco cosa mancava nel posto in cui erano appena finiti: il calore umano.
Improvvisamente si rese conto di quanto era fortunata ad avere sottobraccio un armadio a due ante. Scrutò con la coda dell'occhio un gruppo poco raccomandabile di ragazzini che le fecero venire i brividi, e si strinse meccanicamente a lui.
Percorsero quei cinquanta metri che li separavano dal locale in quella che a lei sembrò un'eternitá. Si fermarono davanti a una porta di lamiera, tenuta insieme da delle cerniere di metallo.
Sukuna fece scorrere le dita su due piccole guide, aprendo una finestrina nascosta. Bussó un paio di volte al vetro e attese.

"Parola d'ordine?"
Y/N sbatte le palpebre. Riconobbe subito la voce al di là della porta.
"Todo...?" lo chiamò, incerta.
"Ah, Y/N! Che ci fai qui?"
Si sentì un rumore di catenacci, e la porta si aprì lentamente davanti a loro. Il buttafuori dell'Afterlife li salutò con un cenno del capo, invitandoli ad entrare.
"Io? Che ci fai tu qui" rispose lei, scavalcando il gradino.
"Il mercoledì l'Afterlife fa chiusura. Benvenuti".
Y/N corrugó la fronte, ma non disse nulla. Entrò nello stretto corridoio e alzò lo sguardo: le pareti di lamiera si allargavano qualche metro più avanti su uno spiazzo poco più illuminato, pieno di gente che non si sarebbe mai aspettata di trovare in quella periferia. Improvvisamente, lei e Sukuna non sembravano più così fuori luogo.
Lasciò andare avanti in suo accompagnatore e lo seguí fra la piccola folla. Cercò di non soffermarsi su nessuno, ma riconobbe alcuni visi piuttosto noti. Affrettò il passo è tornò al suo fianco.
"Tutta questa gente viene a guardare Maki?"
Sukuna non rispose. Le appoggiò una mano dietro la schiena, e la guidò verso una piccola tenda rossa alla loro sinistra.
"Vieni, per di qua".

"Invito, per favore".
"Mmh".
Sukuna sbloccò il telefono con il riconoscimento visivo, scrollò i messaggi per qualche secondo e inclinò lo schermo verso il ragazzo.
"Prego, benvenuti" li accolse lui, facendosi da parte e aprendo la tendina.

"Oh, finalmente siete arrivati! Sta per entrare Maki".
Le labbra di Y/N si aprirono in un sorriso di sollievo. "Nobara!" esclamò, finalmente felice di sentire una voce amica. "Questo posto è inquietantissimo! Vieni sempre qui a vederla da sola?!"
"Nah, qualche volta". L'infermiera si spostò di lato, facendogli cenno di sedersi accanto a lei.
Y/N si sistemò su una delle sedie che circondavano il piccolo tavolino al centro dell'alzata. Un posacenere sembrava invitarli a non rispettare il divieto di fumo nei luoghi chiusi, e Sukuna ne approfittò subito, accendendosi una sigaretta.
"Tu sapevi che saremmo venuti?" chiese la ragazza, appoggiando la borsa a terra. L'altra annuì.
"Mi ha detto Maki che si é messa d'accordo con il tuo bello oggi pomeriggio".
Y/N le tirò una gomitata, ma l'altro non sembrava aver sentito. La sua attenzione si era improvvisamente catalizzata di nuovo sulla tendina: stava entrando qualcuno.

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now