32. Mei Mei

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NdA

Heh
Buoni sogni e buoni incubi, bitches.

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Sukuna aprì con attenzione la porta scorrevole della stanza che dava sull'esterno, scivolando nel giardino privato. La notte la temperatura era crollata ulteriormente, e l'onsen fumante era diventato un richiamo irresistibile. Si scrollò di dosso lo yukata e si immerse con un gemito di soddisfazione nell'acqua bollente.
Lasciò che i muscoli del collo si sciogliessero e si rilassassero contro la parete del laghetto, prima di decidersi a parlare.
"Dài, ti ho vista. È inutile che fai finta di niente".
Una risata leggera e lontana gli arrivò alle orecchie, come trasportata dalla brezza ma attutita dal vapore.
"Non volevo metterti a disagio" disse la figura, avvicinandosi con passo leggero all'onsen.
"Niente che tu non abbia già visto" sbuffò lui, agitando una mano sopra il pelo dell'acqua. "Dài, avvicinati. Non mi piace parlare con chi non vedo".
Si sentì il rumore legnoso di un paio di geta che venivano abbandonati sul selciato. Poi, un fruscio di vesti: la persona aveva aperto con grazia la gonna del kimono e si era seduta sul bordo del laghetto, lasciando che una gamba penzolasse pigramente nell'acqua. Sukuna lanciò un'occhiata alla pelle candida come la neve che sbucava dal kimono, incurante di essere guardata.
"Buongiorno, Mei Mei" la salutò finalmente.
Sebbene i suoi lineamenti fossero riconoscibilissimi, la donna era abbigliata in modo completamente diverso dal giorno prima, tanto che uno sguardo poco attento non avrebbe riconosciuto a prima occhiata la teishu del padiglione del Vuoto.
La morbida treccia argento della donna era sistemata in una complicata acconciatura, raccolta in più strati sulla nuca e in cima al capo. Una raggiera di spilloni e fermagli color carminio fermavano i capelli in quello che doveva essere un disegno ben preciso, ora ammorbidito e un po' spettinato dalla lunga notte di lavoro. Erano le sei di mattina, dopotutto.
Gli occhi e le labbra erano pesantemente truccati, nonostante gran parte del rossetto ora si fosse trasferito sulla lunga pipa che la donna stava fumando.
Anche il kimono rosso e oro che indossava era molto più ricercato ed elegante di quello del giorno prima, e le sue spalle erano avvolte da una pesante stola di pelliccia bianca che la proteggeva dal freddo.
La donna non rispose al saluto, limitandosi a sorridere. Guardava fisso davanti a sé i rami dell'albero di ciliegio, spogli e senza fiori.
"Allora" la incalzò lui, tamburellando le dita sul bordo della vasca. "Dimmi tutto".
Mei Mei inclinò la testa di lato. "Tutto? Potremmo stare qui giorni interi. Sii più preciso".
Sukuna si spazientì. "Non giocare con me. Sai cosa voglio".
Questa volta la donna si lasciò andare a una risata cristallina. "Vuoi sapere chi è Mahito? Cosa sta combinando Jogo? O vuoi che ti dica..." fece una pausa ad effetto, aspirando dalla pipa "...Perché Yoshinobu-san ha così tanta fretta di venderti le sue azioni?"
"Cazzo" mormorò lui, sprofondando sott'acqua fino al mento.
Lei alzò una mano, lasciando che la manica del kimono scivolasse fino al gomito. Uní due dita al pollice, sfregandole. "Hai pagato per una sola informazione. Scegli bene".
"Yuki Onna*" sussurrò lui, maledicendola. Ci pensò su qualche secondo.
Confidava più in Uraume che in se stesso, e sapeva che sarebbe stato perfettamente in grado di trovare la risposta alle prime due domande; tuttavia, la vita privata di Yoshinobu era qualcosa in cui solo una donna come Mei Mei era in grado di entrare.
"La terza" decise finalmente, voltandosi verso di lei. Per la prima volta incontrò i suoi occhi, e sentì quello che aveva da dire.

Y/N si rotoló fra le lenzuola, cercando il calore che solo il corpo del suo amante poteva darle. Sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena, ma non si svegliò, la mente probabilmente impigliata in qualche incubo. Rimase raggomitolata su se stessa, la fronte corrugata nella inconsapevole speranza che qualcuno sarebbe tornato da lì a breve per scaldarla.

"Quindi é così".
"Ti stupisce?"
"No. Direi di no".

Mei Mei sorrise. Lo sguardo tornò a posarsi sull'albero di ciliegio di fronte a loro, i rami secchi dell'inverno che sbucavano come spine dalla neve.
"Sakura no hana" mormorò, aspirando di nuovo dalla lunga pipa. Sukuna alzò un sopracciglio.
"Ti porti appresso una curiosa creatura. Mi piacerebbe sapere qualcosa su di lei".
"Questa informazione non è in vendita" grugnì lui di rimando, alzandosi e uscendo dalla vasca. La donna lo imitò, sistemando di nuovo le gonne del kimono e infilandosi i saldali.
"Se cambierai idea, Uraume sa dove trovarmi" lo salutò. Sukuna rabbrividì: quella donna sapeva veramente tutto. Riusciva quasi a spaventarlo.
Alzò la mano in un cenno di saluto, e si infilò di nuovo lo yukata, dirigendosi verso l'entrata.

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now