27. Neve

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NdA
RAGAZZI
L'ultimo capitolo aveva una bellissima immagine di copertina, con Sukuna (♥️) che ti guardava col suo solito sguardo da bastardello incallito. Con quattro mani che gli afferravano la faccia.
Normale amministrazione, insomma.
Beh, Wattpad me l'ha flaggata come inappropriata. Così.
Se andate a riguardarvi un attimo il capitolo scorso, ne ho messa una sostitutiva che... Beh. É inattaccabile.
Guardatela. Poi leggete pure qui.
Vi voglio bene

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Y/N aprì gli occhi, speranzosa, e gioí.
Per la prima volta era andata a dormire con la ferma volontà di sognare quella stanza, e ce l'aveva fatta. Era riuscita ad entrarci di sua iniziativa, per così dire.
"Ora puoi davvero dire che sono io a venire a trovarti" mormorò soddisfatta, guardandosi intorno.
Quella volta non indossava lo strano yukata bianco e nero, ma una vestaglia più femminile. Da quanto tempo non si vestiva con abiti tradizionali? Accarezzò la stoffa, lasciando che le frusciasse sulla pelle.
Era già passato qualche minuto - o forse qualche ora, mentre sognava il tempo scorreva diversamente - eppure di Sukuna neanche l'ombra. Né di lui, né del suo mostruoso alter ego. Se da una parte questo la rincuorava, dall'altra temeva di aver sbagliato sogno.
'No, impossibile' si disse 'dove altro sarei potuta finire?'
Mosse dei passi incerti in avanti. Per quanto si sforzasse di essere silenziosa, il rumore legnoso dei geta che portava ai piedi riecheggiava lungo la sala, come un'eco lontana.
Aguzzò le orecchie. Forse aveva sentito anche un altro rumore...?
Cominciò a camminare più velocemente in quella direzione, attenta a non cadere per terra. I sandali alti le impedivano di sporcarsi le caviglie di sangue, ma il pavimento era comunque scivoloso.
"Sukuna-sama" lo chiamò. Ironico: ogni volta che usava quel nome era percorsa da brividi - che fossero di piacere o di paura, poco cambiava. Si guardò intorno, ma l'oscurità sembrava inghiottire qualsiasi cosa a un palmo dal suo naso.
Improvvisamente la nebbia davanti a lei si diradò, soffiata via da un vento caldo. Sentì la pelle bruciare, e capì chi aveva davanti ancora prima di vederlo.
"Sukuna-sama" ripeté, cercando di mettere a fuoco la scena davanti a lei.
Pian piano i contorni presero forma, e riuscì a distinguere la sua figura.
Era davanti a lei, seduto sul suo solito trono. Non sembrava averla vista.
Fece per allungare le mani verso di lui, ma si accorse che erano legate. Trasalì, immaginando chi potesse essere stato.
"Brutta troia, e dire che ti avevamo avvisato".
Strinse i denti. Di nuovo quel demone.
Ora riusciva a percepire con chiarezza la corda stretta intorno ai suoi avambracci. La sentì sfregare contro la pelle non appena tentò di muoversi.
"Lo so che vuoi farmi impazzire" lo sfidó. "So che non vuoi che io stia qui... Ma..."
Quel mostro doveva aver alzato le corde che la tenevano legata, perché si sentì sollevare per i polsi. Non fece nemmeno un tentativo di divincolarsi, sapendo già come sarebbe finita.
Una risata sinistra le raggiunse le orecchie.
"Dài, fai almeno finta. Mi piace vederti soffrire".
"Lo vedo" mugugnò. Lanciò di nuovo un'occhiata davanti a lei, e le salirono le lacrime agli occhi.
"Che gli hai fatto? Perché non mi vede?"
L'altro scoppiò a ridere, una risata sinistra e profonda, che le attraversò il petto come una pugnalata.
"Stai ferma e buona, adesso. Basta con le domande".
"Sukuna!" gridò. Niente da fare, non abbassava lo sguardo. Le labbra le si piegarono in una smorfia disperata.
"Sukuna... Ryo! Aiutami!"
L'uomo sbatté le palpebre. Si rizzó a sedere sul trono, e sembrò finalmente rendersi conto di lei.
"Tu... Tu sei..."
Alzò una mano, e tutto diventò di nuovo buio.


Y/N spalancò gli occhi e la bocca, prendendo aria.
Sì, andava tutto bene. Era di nuovo in camera sua, ed era mattina.
Era... Mattina?
Si lanciò giù dal letto, correndo a preparare la borsa. No, non era decisamente il caso di farsi trovare in ritardo.
'...Magari anche una doccia' rifletté, rendendosi conto di essere completamente sudata.

Non ci fu bisogno di suonare il campanello: Y/N era già in strada, il borsone appoggiato per terra e il caricabatterie attorcigliato nella tasca del piumino. Dei grandi occhiali da sole coprivano le occhiaie che l'incubo le aveva regalato quella notte.
Capì immediatamente qual era l'auto mandata per lei quando vide arrivare una Lamborghini nera con la musica a palla.
Il finestrino oscurato si abbassò. "Gojo" la salutò il guidatore.
"Geto" rispose lei, un sopracciglio alzato. "Ryomen ha mandato te a prendermi?"
"Sí, immaginava avresti fatto quella faccia". Le allungò il telefono. "Tieni, é lui".
Y/N appoggiò il cellulare all'orecchio. "Pronto...?"
"Fai bene a non fidarti di nessuno. Brava la mia piccola".
La sua voce profonda bastò, come ogni dannata volta, a scaldarle i lombi e a farla avvampare.
"Se guida troppo veloce dimmelo, che gli apro il culo". Fece una breve pausa, e la ragazza sentì chiaramente lo scatto di un accendino. Mugugnò, il filtro stretto tra le labbra. "...Ora vieni, ti aspetto". Riattaccò prima di lasciarle il tempo di rispondere.
"Oh, Kami" sospirò. Restituì il telefono a Suguru ed entrò in macchina, sventolandosi la faccia con la mano.
"É sempre così..."
"...Autoritario? Sí". Geto fece spallucce, togliendo le frecce e tornando in corsia. "Ti ci abitui, prima o poi". Le lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio. "Sempre che tu ti ci voglia abituare".
Y/N si voltò, dandogli le spalle. No, ora pure prenderla in giro le sembrava troppo.
L'uomo continuò imperterrito. "Ma pensa te. Non sapevo foste... Beh, intimi". Ridacchió. "Dovevo arrivarci, vivete insieme".
"Non viviamo insieme" lo corresse lei a mezza voce. Quello secondo lui era vivere insieme? Non dormiva nemmeno a casa per due notti di fila! Quel weekend sarebbe stata davvero la prima volta in cui l'avrebbe visto per più di mezza giornata, e a pensarci le girava la testa.
Cosa gli avrebbe detto? Come si sarebbe comportato? Come avrebbe occupato tutto quel tempo?
'...Oh, beh' ridacchió fra sé e sé. Un'idea forse ce l'aveva.

"Scusa, ma quanto ci mettiamo ad arrivare...?"
Si era persa nei suoi pensieri, e non sembrava essersi accorta del tempo che passava. Da quanto erano in macchina? Venti minuti?
Geto scrollò le spalle, la solita espressione serena in volto. "Il Ryokan che ha scelto il tuo uomo è un po' fuori città. Siamo circa a metà strada".
"Quindi... Lui è già lá?"
"Lo porterá il suo schiavo personale, presumo". Il tono dell'uomo sembrava tradire un totale disinteresse nella questione. "Io devo solo occuparmi dei Gojo".
Si morse la lingua: detta così suonava davvero male.
"Ah, capisco" rispose, fingendo noncuranza. "Dopotutto é un po' di giorni che Satoru torna tardi la sera, immagino esca con te". Non era vero nulla, ovviamente; registrò il lampo di gelosia che gli vide passare negli occhi, e si affrettò ad aggiornare il fratello.

La schiena cominciava a farle male e la musica la stava trascinando sull'orlo di una crisi di nervi, quando finalmente in lontananza vide la struttura del Ryokan innevato accoglierli in tutta la sua eleganza.
Geto abbassò il volume in segno di rispetto, e fermò il motore all'inizio del sentiero di ghiaia. "Beh, che dire. Divertitevi".
Y/N salutò il ragazzo con la mano, prese un profondo respiro e si voltò verso l'hotel.
'Eccoci qua. L'ora della verità'.

Entrò al bancone della reception con passo tremante. La stava aspettando, le aveva detto così al telefono: doveva solo farsi coraggio e chiedere -
"Salve, signorina. Y/N Gojo, giusto...?"
La gentilezza con cui la receptionist la accolse la pervase di dolcezza. Sorrise, sentendosi subito a suo agio.
"Sì, sono io" annuì, togliendosi le scarpe. La ragazza le portò un paio di geta e uno yukata.
"Prego, da questa parte. Si cambi prima di entrare in camera".

Y/N premette le dita sulla porta scorrevole di bambù.
"Permesso" sussurrò, muovendo due passi incerti sul tatami steso a terra.
Il silenzio in cui aleggiava la stanza era irreale, ma non ne era intimorita; dopotutto, l'atmosfera di quella stanza era... Beh, magica.
Un piccolo corridoio sfociava nella camera principale, in cui doveva in teoria essere stato steso il futon - da dov'era non riusciva ancora a vederlo. Davanti a lei si apriva una grande porta finestra che dava su un delizioso giardino innevato. Sorrise, osservando rapita le nuvole di fumo caldo che si alzavano dall'onsen. Una piccola cascata scrosciava in lontananza.
Appoggiò la borsa per terra ed entrò in camera. Si voltò verso sinistra, e lo vide.

Si rese finalmente conto che lui era lì, e in quel momento non le importava nient'altro. Non poteva più sfuggirle, non poteva più scappare: erano uno davanti all'altro, loro due, e tutto il mondo fuori era ovattato, coperto da quella coltre di neve.
Sukuna era svaccato sul letto a gambe larghe, vestito con uno yukata da donna e un paio di pantaloni neri. Aveva gli occhi chiusi, sembrava dormire.
Perché quegli abiti le sembravano così familiari?
Si accovacciò accanto a lui e inclinò la testa, sporgendosi per guardare meglio.
La consapevolezza la colpí come uno schiaffo in piena faccia: ma certo. Era vestito come nel sogno.
'Calmati, scema' si disse. No, non stava sognando, era tutto reale.
....O no?
Portò una mano ad accarezzargli la fronte. Se davvero non stava facendo un incubo...
Fu un attimo; con un guizzo improvviso lui scattò ad afferrarle il polso, facendola trasalire dallo spavento. Aprì piano gli occhi, trapassandola con lo sguardo.
"Mh, sei tu" mormorò, non appena si riprese dal sogno. Sorrise, e le sfiorò l'interno del polso con le labbra. "Buongiorno".
Y/N deglutì. Aprì la bocca, ma non riuscì a spiccicare parola.
"Non pensavo ti avrei mai vista con uno yukata" mormorò, tirandola sopra di sé e lasciando morire le ultime parole sulla sua bocca. Le regalò un bacio pigro, ancora impastato dal sonno.
"É bello qui, ma non mi fanno fumare in stanza" mormorò, affondando la testa nell'incavo del suo collo. Le sue mani le lasciarono i polsi e scesero lungo i fianchi, accarezzandole la pelle da sopra la stoffa.
Lei rilassò i muscoli, nonostante la posizione. Si lasciò andare di peso su di lui, e voltò la testa fino a sfiorargli i capelli con le labbra. "Una vacanza disintossicante" mormorò, divertita.
"Mh". Le sue mani si fermarono, una fra le scapole e l'altra ad arpionarle la coscia. "Dormiamo un'oretta, stanotte non ho chiuso occhio". La mano destra si strinse sulla sua gamba. "Poi..."
Lasciò che la frase finisse a mezz'aria, inghiottita dal silenzio che li circondava. Lei chiuse gli occhi, e si addormentò.


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NdA
Lo so. É un capitolo corto.
Il prossimo arriverà prima di martedì, e sarà bello lungo, davvero. Ho dovuto sacrificare questo per fare spazio all'altro.
Detto ciò... Vi siete andati a vedere i Ryokan? No? Andate subito. Vi servirá per la storia.
Bacioni
Mako

Just wanna smash his faceOn viuen les histories. Descobreix ara