45. Furibonda

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La tavolata era piuttosto silenziosa, quella sera.

Yuji non era tornato prestissimo dal turno all'Afterlife, ma si stava convincendo che forse era stato un bene. Anzi, a saperlo prima sarebbe rimasto là anche per il notturno.
Appena entrato in casa si era accorto che qualcosa non andava. Aveva attribuito tutto alla sua immaginazione, ma quando Y/N si era seduta a tavola senza rivolgergli la parola aveva capito subito che qualcosa non andava per il verso giusto.
"Che c'è di buono?" aveva provato a chiedere, il tono disperatamente scherzoso. Un piatto di insalata gli era planato davanti, e aveva intuito che era il caso di starsene zitto anche lui.
'Magari è una cosa passeggera', aveva pensato. 'Magari ha il ciclo'.
Fortunatamente i Kami l'avevano risparmiato dal dirlo ad alta voce, o sarebbe davvero morto prima ancora di finire il cibo.
Comunque, qualsiasi fosse il motivo le sarebbe passato, prima o poi. Gliene avrebbe parlato. Aggrappandosi a questo pensiero fisso aveva iniziato a mangiare, leggermente rincuorato.

Tutto era peggiorato, però, non appena era entrato in casa suo fratello.
Se possibile, l'aria si era fatta ancora più pesante. Y/N aveva stretto le bacchette fra le dita fino a sbiancare le nocche, e si era rifiutata di alzare lo sguardo verso di lui. Gli aveva dedicato solo un gelido "ciao", ed era tornata a torturare la sua insalata.
Sukuna fingeva di non essersene accorto e tentava di comportarsi come se nulla fosse successo, ma non faceva altro che peggiorare la situazione. Yuji si sentiva sempre più a disagio; finì in fretta e furia il piatto, e con una scusa - chiamare Yuko - si allontanò dai due.

La porta della camera di Yuji sbatté dietro di lui, e in tavola calò di nuovo il silenzio, intervallato solo dalle numerose notifiche che illuminavano di continuo il telefono dell'uomo. Sukuna tentò di incuriosire la ragazza, ridendo ad un messaggio, ma non ottenne l'effetto sperato. Sbuffò.
Non era abituato ad essere ignorato. Che cazzo di problemi aveva ora quella scema?
'E io che mi sono pure sbattuto per tornare a casa per cena' rifletté con una punta di veleno. 'Guarda come mi ringrazia'.
Cercò di non pensare alle numerose troie salvate sulla sua rubrica che avrebbe potuto chiamare per rilassare la tensione. Non sapeva perché, ma non gli pareva proprio il caso.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
"Tutto ok? Ti han rotto il cazzo a lavoro?"

Y/N si chiese se era consapevole di aver firmato la sua condanna a morte.
Alzò lentamente lo sguardo su di lui. I suoi occhi erano taglienti come lame.
"Ah, ma certo. Diamo la colpa a qualcun altro per quello che commettiamo noi".
Sukuna appoggiò il bicchiere sul tavolo.
"Come, scusa?"
Lei prese un respiro profondo. Si cominciava.

"Farò finta di soprassedere al fatto che mi hai abbandonata a me stessa, stamattina, come una puttana dimenticata in hotel" cominciò, tentando di mantenere un tono noncurante. Le mani, però, le tremavano. "...O al fatto che non ti sei fatto sentire tutto il giorno, come se ti creasse troppo disturbo perdere quei cinque secondi per mandarmi un messaggio. Non fa niente, dopotutto avrai avuto le tue cose da fare" sottolineò, ironica. Stringeva i denti fra una frase e l'altra, tanto che la testa stava iniziando a farle male. "Il tuo lavoro è molto importante. Ma anche il mio".

Sukuna sbatté le palpebre.
"Eh. E quindi?"

Era la prima volta che quella ragazzina tirava fuori le unghie e si faceva sentire.
Era consapevole di non essersi comportato sempre bene. Sapeva benissimo che la sua condotta andava migliorata, ma lei non si era mai lamentata, e aveva dato per scontato che le andasse bene così. Un tacito accordo.
Ma ora stava esplodendo come un vulcano, una colata di lava che scendeva lenta e sembrava travolgere tutto - no, ora che ci pensava non era un paragone azzeccato. Sembrava tranquilla, sì, ma sul procinto di sbottare. Era più simile alla secca immensa che si vede sulla spiaggia, appena prima di uno tsunami. Forse questo paragone calzava meglio.

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now