20. L'Afterlife (pt. 2)

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Y/N non capì se le faceva più paura il pensiero di quello che le avrebbe fatto, o il ghigno diabolico che gli stava nascendo sulle labbra. Nonostante fosse ancora accaldata dall'orgasmo tremó di un brivido gelido.
Sukuna schioccò le dita. "Al tuo posto" le intimó "in ginocchio".
Fu come un richiamo atavico. Y/N crollò sulle sue ginocchia, accovacciandosi davanti a lui senza protestare. Alzò la testa, in attesa.
Sukuna si slacciò la cintura. Finalmente poteva dominarla come voleva lui, completamente, umiliandola all'inverosimile. Prima era stato fin troppo gentile; adesso doveva ristabilire le gerarchie. Sogghignò, leccandosi i denti.
"Allora, piccola. Fammi vedere che sai fare".
Liberò l'erezione dai pantaloni con un sospiro di sollievo. Dio, era quasi mezz'ora che aspettava questo momento.
Y/N deglutì. Beh, ora toccava a lei.
"Oh, Kami" sussurrò spaventata, quando se lo trovò davanti. Inutile specificarlo: si era già accorta qualche ora prima delle sue dimensioni, ma trovarselo a pochi centimetri dalla faccia faceva tutto un altro effetto. Fissò per qualche secondo la striscia tatuata alla base del pene, alzando una mano per sfiorarla con le dita. Chissà quanto gli aveva fatto male.
Sukuna le lasciò qualche secondo prima di afferrarla per i capelli. Le spinse la faccia verso di lui, sbattendole il pene sulla guancia. "Su" la sollecitò "non abbiamo tutta la notte".
La ragazza si voltò, girandosi per sfiorare la punta con le labbra. Lasciò che il respiro dell'uomo si regolarizzasse, e cominciò a giocherellarci con la lingua.
Sentì l'uomo sussultare. Alzò lo sguardo, e sentì la solita vampata di caldo scenderle lungo i lombi. Oh Kami, se la eccitava.
Il suo sguardo annebbiato dal piacere e la sua bocca semichiusa gli donavano un'aria divina - no, divina non era il termine corretto. Forse demoniaca.
Di più, voleva vederlo godere di più. Strizzò gli occhi e spalancò la bocca, permettendogli di infilarsi fra le sue labbra.
"Aaah, sì, proprio una brava ragazza" lo sentì mugugnare, ridacchiando "soffocarti sul mio cazzo dove ti possono vedere tutti". Sentì la punta del suo pene strofinarsi contro il fondo del suo palato. "Così, fammi vedere quanto sei brava".

Sukuna si rendeva perfettamente conto di essere una brutta persona. L'idea che quella ragazza, così brava, carina, rispettata, con un futuro radioso, fosse prostrata davanti a lui a succhiargli il cazzo lo mandava in estasi. La squadrò dall'alto, cercando il suo sguardo.
Y/N alzò gli occhi umidi di lacrime. L'ultima spinta per poco non le aveva provocato un conato. Era arrivato solo a metà, ma già la mandibola iniziava a farle male, e la saliva le scorreva dagli angoli della bocca senza che lei potesse farci niente. Sukuna si leccò le labbra, estasiato. 'Dio, un disastro' pensò, sempre più intenzionato a rovinare quel bel faccino 'facciamola diventare un bel disastro'.
"Ti vedo in difficoltà" sogghignò, malefico. "Vuoi una mano...?"
Prima che la ragazza riuscisse a protestare, le spinse la testa verso di sé, penetrando la gola fino in fondo. Mugugnò soddisfatto.
Era inutile specificarlo: adorava quando una donna gli faceva un pompino. Eppure, quella sera per la prima volta gli dispiacque non riuscire a toccarla, a leccarla, a farla venire di nuovo fra le sue dita. Strinse i denti, cercando di godersi la sensazione della sua gola umida.

La ragazza stava facendo del suo meglio per respirare, cercando di non rallentare il ritmo. Le ginocchia non le davano una grande stabilità, e si appoggiò con la mano contro il suo inguine, accarezzandolo. Dal gemito che sentì sembrava piacergli; si spinse più in basso, lungo la coscia, obbligandosi a non interrompere il contatto visivo.
Come avrebbe potuto, del resto? Quell'uomo riusciva ad essere dannatamente bello anche sopra di lei. 'Un dio', si ritrovò a pensare 'dovrebbero fargli un tempio'.
Pregò i Kami che non ascoltassero le sue blasfemie - anzi, che chiudessero proprio un occhio quella sera. Scusa mamma, scusa dio.

Non era per niente comoda in quella posizione, le ginocchia piantate sul pavimento gelido e i tacchi delle scarpe incastrati contro il muro; si chiese se quel dannato stesse facendo apposta a metterla in difficoltà, a non avere la minima pietà per lei. 'Sadico bastardo' pensò, tirando indietro la testa per leccare meglio il frenulo.

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now