26. Comunicazioni di servizio

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Sukuna si massaggiò le tempie. Era arrivato al limite della sopportazione.
Evidentemente questo gesto sembrava intimidire particolarmente gli altri, che abbassarono lo sguardo, a disagio.
"...Capo" provó a chiamarlo Geto, tentando di spezzare quel silenzio opprimente.
Una mano alzata dell'uomo bastò a farlo tacere.
"Andiamo per ordine. Il numero di telefono che abbiamo ricavato da quello sfigato corrisponde a..."
"Un tale Jogo, un teppista di quartiere" rispose prontamente un ragazzo della banda.
"Mh. Se è un pesce piccolo avrà sicuramente alle spalle qualcuno di più grande".
"Sì" continuò l'altro "sappiamo che lavora per la banda di Mahito. È un tipo abbastanza... problematico, di solito viene ingaggiato da chi ha parecchi soldi".
"Choso ha ragione". Nanami si alzò dalla sedia, sistemandosi gli occhiali da vista sulla radice del naso. "Pensiamo che dietro a tutta questa storia ci sia qualcuno che miri direttamente a lei. Analizzando i file già presenti nella chiavetta siamo riusciti a risalire all'autore del documento - e quindi a una possibile base operativa. Con i controlli incrociati dei tabulati telefonici, possiamo dedurre che siano appostati a..."
Sukuna corrugò la fronte, stizzito. Continuava a rispondere per mugugni, come se relazionarsi con loro gli costasse una fatica tremenda.
Si può sapere perché ci mettevano tanto ad arrivare al dunque? Tutte quelle inutili frasi potevano essere riassunte in un messaggio di tre righe, e in quel momento lui avrebbe potuto passare una serata decente con...
Si bloccò, interdetto. Eh, no. Di nuovo a pensare a lei.
La cosa non andava per niente bene. Non doveva essere una botta e via? Non doveva 'togliersi lo sfizio', e smettere una volta per tutte di pensarci? Come mai continuava a cercare la sua presenza?
Aveva passato una giornata intera senza farsi sentire dopo averla scopata, sembrava gli fosse passata, eppure gli era bastato vedere quel ragazzino accanto a lei per perdere completamente la testa.
'Maledizione' pensò, ignorando lo sproloquio di dati e supposizioni con cui lo stava sotterrando Nanami.
'Dove diavolo é finito Uraume?'


Il gelo di quella notte era incredibilmente pungente, ma l'uomo in piedi davanti al fast food non sembrava assolutamente esserne intaccato. Si passò una mano fra i capelli bianchi, chiuse le portiere della Maserati e si diresse verso l'entrata.
Una ventata di puzza di fritto lo pervase non appena varcò la soglia, facendogli contrarre la faccia in una smorfia di disgusto.
Lanciò un'occhiata di disprezzo al cibo sul tavolo. 'Che coraggio' rifletté, chiedendosi cosa fosse saltato in mente al suo capo di andare a mangiare in un postaccio del genere quando aveva uno come lui che-
"Salve, posso aiutarla?"
Uraume lasciò che il suo sguardo sprezzante passasse dal cibo alla cameriera che gli stava rivolgendo la parola. "Sono tutti qui, i vostri tavoli?" domandò, guardandosi intorno.
La ragazza si grattò la nuca, a disagio. "Sì, perché? Sta cercando qualcuno?"
"A dire il vero, sì. Un uomo, molto alto, muscoloso". Aprì le braccia per mimare la stazza delle sue spalle. "Dovrebbe essere accompagnato da una donna abbastanza insignificante".
"Ah, ma certo! Erano seduti lá". La cameriera sorrise al ricordo di Sukuna. "Purtroppo se ne sono andati. Prima lui, lei poco dopo. Avevate un appuntamento?"
"...Già" sibilò lui, dirigendosi verso l'uscita.

'Bene. Benissimo'.
Uraume sospirò, chiudendo gli occhi. Appoggiò la nuca sul poggiatesta del sedile.
Cosa diavolo era saltato in mente a quella ragazza di girare da sola di notte? Se le fosse successo qualcosa Sukuna non gliel'avrebbe mai perdonato, e...
Scosse la testa, accendendo il motore. No, non era il caso di lasciarsi andare. Lanciò un'occhiata allo specchietto e si diresse verso l'appartamento di Yuji.




Era passato un quarto d'ora buono, ma Nanami non aveva ancora finito di illustrare il piano nei minimi dettagli.
"...Quindi, se il nostro obiettivo è quello di depistarli, pensiamo sia meglio sparire per un paio di giorni e lasciare che scoprano loro tutti gli indizi che gli abbiamo fatto consegnare apposta da Noritoshi".
Sukuna alzò un sopracciglio. Chi cazzo é che era Noritoshi?
Reputò inutile palesare la sua perplessità, e optò per una scrollata di spalle.
"Questo l'avevamo già deciso. Mi avete chiamato qui per perdere il mio tempo, o...?"
Un lampo di puro terrore attraversó gli occhi dei presenti. "N-no, capo" mormorò Geto, spostando il peso da un piede all'altro. "Volevamo ricordarti che è necessario che nessuno stia in quella casa. Potrebbe essere pericoloso, se vedessero entrare magari tuo fratello, o una ragazza da sola e..."
L'uomo appoggiò il mento sul palmo della mano, con sguardo annoiato. "Stai forse insinuando che non so prendermi cura di chi mi-"
La suoneria del telefono lo interruppe. L'altro tirò un sospiro di sollievo, salvato in corner.
"Un attimo".
Uscì dalla stanza e appoggiò il cellulare all'orecchio. "Ume, vieni subito qui. Mi sto davvero rompendo i coglioni e..."
L'interlocutore interruppe la sua lamentela sul nascere. "Capo, Y/N non é più nel fast food".
L'attimo di silenzio che seguì le sue parole bastò per fargli temere per la propria vita.
"Sono andato sotto casa sua" si affrettò ad aggiungere "e le luci sono accese. Spero sia lì".
"Speri sia lì". Il tono canzonatorio riuscì a scatenare i sensi di colpa anche in un anaffettivo come lui. "Io invece spero che tu entri subito in quella casa e te ne accerti immediatamente. Ah" aggiunse, ricordandosi all'ultimo momento anche di quel dettaglio "ho lasciato il codice nella tasca dei pantaloni, lì a casa. E mi sono dimenticato di dirle quella cosa. Occupatene tu, visto che la vedi".

Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now