36. Honda Fireblade

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Y/N appoggiò i palmi umidi delle mani al bordo del lavandino. Tirò su la testa, e studiò per qualche attimo la sua immagine riflessa.
La sua faccia era un vero schifo. Le occhiaie profonde tradivano la notte di merda che aveva appena passato, e una ruga le solcava verticalmente le sue sopracciglia.
Beh, se non altro ora aveva la faccia pulita.
Si passò sommariamente le dita fra i capelli, tentando di pettinarli senza troppa convinzione. Nessun problema, tanto fra poco si sarebbero comunque arruffati di nuovo.

Era tornata nel suo appartamento. Non lo vedeva da qualche giorno, e doveva dire che le mancava.
Versava in uno stato decisamente pietoso: sia lei che il fratello erano partiti in tutta fretta, e il caos regnava sovrano. Non aveva tempo ora, però, di mettere a posto niente... Ci avrebbe pensato la mattina dopo.
Era capodanno, dopotutto.
'Già, Capodanno'. La memoria vagò indietro nel tempo, agli anni in cui passava quel giorno con la sua famiglia e con Yuji. Lo yukata, la meticolosa preparazione, le prime volte che si era truccata... E poi la collina, i fuochi, i dango dolci...
Sentì la gola chiudersi in un singhiozzo.
"Dai, forza" si sussurrò, davanti allo specchio. "Fatti forza. Non vale piangere".
Si strofinò l'asciugamano sulla faccia, cercando di risvegliarsi dal torpore, e uscì dal bagno con passo deciso.




A pochi edifici di distanza, Inumaki era seduto sul divano del piccolo appartamento, e fissava il muro. Si tormentava le mani febbrilmente, incapace di stare fermo.
Le parole di Nobara gli rieccheggiavano ancora nelle orecchie: per prima cosa gli aveva detto che Sí, lo sapeva che Y/N gli piaceva. Si vedeva lontano un miglio.

Lui non aveva negato. Certo che gli piaceva...Erano gli amici di lei a non piacergli.
In particolare, quel bastardo stronzo di broker che seguiva su Instagram. Così bello, così muscoloso, così... Beh, così tutto.
Quell'infermiera maledetta, poi, aveva continuato a insistere. 'Stasera è da sola, è il tuo momento', gli aveva detto.
'Giá. Il mio momento'.
Si rigirò fra le mani il foglietto su cui aveva scarabocchiato l'indirizzo in fretta e furia, strappandolo dal blocco note di un collega.
Davvero doveva andare da lei? Davvero doveva approfittare così meschinamente della sua debolezza?
E pensare che era stata una sua cara amica a proporglielo. Significava che c'era qualcosa sotto.
Forse Y/N si era confidata con lei? Forse anche lui le piaceva?
Scosse la testa. Piacere poteva anche piacergli, ma di sicuro quel bestione non le era indifferente. Non dopo che aveva visto la sua espressione in macchina, quella sera, quando li aveva beccati insieme.
Era furibondo. Per un attimo aveva temuto per la sua vita.
Aprì il suo profilo instagram, più per ricordarsi la sua faccia che per altro.

Un attimo. Una nuova foto.
La scrutò per qualche secondo: un suo selfie nudo, a letto, con il braccio di una donna sul petto.
Sbatté le palpebre.
I casi erano due: o quella donna non era Y/N, e questo avrebbe potuto giustificare il fatto che fosse triste e depressa quella sera, o...
Beh, o era lei. E qualcuno lo stava prendendo per il culo.



La Glock 45 millimetri era una pistola fluida, pulita, leggera. Non aveva nemmeno la sicura: bastava premere bene il grilletto con la levetta accoppiata, e tanti saluti. In una parola, estremamente efficiente.
Ora che ci pensava, se Uraume fosse stato una pistola sarebbe indubbiamente stato una Glock: entrambi erano veloci, eleganti, letali.

Sukuna strinse l'impugnatura scanalata nella mano destra, mentre guardava il furgone avvicinarsi pericolosamente alla sua auto parcheggiata. Represse l'istinto di sparare agli pneumatici prima che potessero anche solo rigargliela - per il bene del piano, dai. Si stavano preparando da settimane.

"Avete già avvisato i due dentro?"

Uraume sussurrava gli ordini al suo fianco, senza staccare gli occhi dai due uomini che si stavano dirigendo verso l'entrata. Lo vide fare un gesto impercettibile con la testa. "No, aspettate il segnale".
Sukuna aspettò pazientemente che chiudesse la conversazione.
"Geto e l'altro sono pronti?"
"Certo". Uraume aggrottò le sopracciglia: si era occupato lui del loro addestramento, non poteva fare brutte figure. "Non appena Eso e Kechizu ci confermano la situazione, possiamo bloccarli dentro".

Just wanna smash his faceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora