CAPITOLO SECONDO - parte 2

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Una goccia fredda di sudore scese dalla fronte di Allyson per poi scivolare lentamente lungo la guancia. Imprigionata su quel letto tra le lenzuola bianche ormai da ore, iniziava a stare seriamente male; e se dapprima aveva tentato più e più volte di liberarsi dalla presa di quelle cinghie, oramai si era arresa alla sua stessa impotenza. Non avendo alcun altro modo per velocizzare l'avanzamento di quei minuti che sembravano eterni girava in continuazione la testa a destra e sinistra, facendo scorrere lo sguardo sui profili supini degli altri pazienti legati ai propri letti come bestie; Natalie non si era ancora svegliata: era rimasta immobile tutto il tempo, ma fortunatamente il movimento appena pecettibile della sua cassa toracica dava conferma ad Ally che fosse ancora in vita, smontando la terrificante supposizione che aveva fatto poco prima.
Nonostante l'ansia ed il nervosismo, dopo diverse ore la ragazza riuscì finalmente a rilassare i muscoli, uno per volta; affondò la testa nel cuscino e si mise a fissare immobile il soffitto bianco sopra di lei, cercando di viaggiare con il pensiero laddove il corpo non sarebbe mai potuto andare.
Con la sola forza della sua mente raggiunse il confortante ricordo della sua casa, ed il suo pensiero si posò leggiadro sul volto dei suoi genitori come una farfalla su un fiore. Visualizzare il loro sorriso la fece sentire meglio, ed alleggerì il peso del dolore che stava gravando sul suo petto da troppo tempo; per qualche attimo le parve di sentire il loro odore, il suono delle loro risate. Mai come in quel momento aveva provato una tale nostalgia della sua vecchia vita, quella vita che aveva lasciato nel momento stesso in cui aveva messo piede all'interno di quella clinica psichiatrica, accettando sul malgrado di intraprendere un percorso di cura che poi si è rivelato molto differente da ciò che sarebbe dovuto essere.
Un non ben precisato quantitativo di minuti dopo, flusso di quei dolci pensieri fu bruscamente interrotto dal rumore prodotto dalla porta che dava accesso al corridoio, la quale si aprì piuttosto bruscamente. Entrò un medico alto e sbarbato, che si avvicinò con disinvoltura al letto di Natalie senza dire una misera parola, e senza incrociare con lo sguardo i volti dei pazienti che attendevano sui letti chissà che cosa.
-Cosa volete farle?- esclamò Ally allarmata, tentando di posizionare la sua testa in modo tale che le fosse più facile scrutare i movimenti dell'uomo.
Quest'ultimo tuttavia non la degnò di una risposta, né tantomeno di uno sguardo: sbloccò le ruote del letto di Natalie ed afferrò saldamente la barra di ferro posta sul fondo del materasso, per poi trasportare la paziente addormentata fin fuori dalla stanza. Il resto dei pazienti, o almeno quelli che erano in stato di veglia, sembrarono sospirare come fossero grati al cielo che non fosse toccato a loro.
-Aspetta!- gridò ancora Allyson, strattonando le cinghie che la tenevano bloccata al materasso. -Natalie!-.
Ma poco dopo la figura del medico e del letto che stava spingendo sparirono dietro la porta che fu prontamente richiusa, ed il silenzio tornò ad impadronirsi della stanza.
Un silenzio che parlava di nostalgia, di rimpianti, e di un'intollerabile sensazione di impotenza con la quale tutti inpazienti racchiusi in un alone di silenzio avevano dovuto imparare a convivere.

..............

A seguito di quell'evento, trascorsero lenti e soffocanti numerosi minuti d'inferno. Allyson non faceva che agitarsi, e più volte si impose di trattenere le lacrime; non aveva idea di cosa quei medici stessero facendo alla sua amica, e la consapevolezza di non poter fare assolutamente niente per aiutarla le spezzava il cuore.
Non poteva che sentirsi fortemente in colpa per quello che stava capitando, e nella sua mente contunuava a ripetersu che avrebbe dovuto capire molto prima che quel posto nascondeva qualcosa di così oscuro; non avrebbe mai dovuto fidarsi, non avrebbe mai dovuto convincersi che quel ricovero avrebbe davvero potuto aiutarla a guarire, e soprattutto non avrebbe mai dovuto coinvolgere Natalie nelle sue follie.
La sua preoccupazione più grande, al momento, era proprio lei. Si chiedeva per quale motivo i dottori avessero ritenuto necessario allontanarla dalla camerata, perché mai avrebbero dovuto nascondere agli occhi degli altri pazienti quello che le stavano facendo; ciò che sperava con ogni sua forza, in quel momento, era che non le fosse fatto del male. Soprattutto non adesso, che si trovava in uni stato di totale incoscienza e non avrebbe potuto difendersi in alcun modo.
Allyson sospirò rumorosamente, ed i suoi pensieri vagarono fino a posarsi ancora una volta sul volto sfregiato di Jeff, come se quello strano ragazzo fosse una specie di calamita per il suo subconscio; più tentava di ignorarlo, più lui invadeva i suoi pensieri.
Ricordò vividamente la frase che il moro stava pronunciando prima dell'avvento dell'infermiere:
-Uscirai presto. Alcuni detenuti stanno...-.
Ma che cosa stava per dire?
Uscirai presto. Quella era sembrava, ad Allyson, soltanto la frase fantasiosa di un individuo disturbato che forse immaginava scenari ben lontani da una possibile realtà; eppure, fu forse perché aveva estremo bisogno di aggrapparsi alla speranza che iniziò a credere che qualcosa sarebbe accaduto da li a poco. Jeff ne sembrava davvero convinto, il suo sguardo era sicuro mentre le aveva detto quelle poche parole.
Ally strinse le mandibole; per quanto desiderasse affidarsi a quel piccolo spiraglio di luce, era certa che nel corso degli anni fossero stati in molti i pazienti che avevano tentato di fuggire da quell'inferno; e dubitava fortemente che qualcuno fosse mai riuscito nell'intento. Le uscite erano costantemente sorvegliate, ed aveva potuto constatare più volte che i membri del personale medico non si facevano molti problemi a mettere in atto misure poco ortodosse per sopprimere ogni tentativo di ribellione.
Svuotando i polmoni d'aria Allyson chiuse lentamente le palpebre e tentò di frenare il flusso dei suoi pensieri, ma tornò a spalancarli mpulsivamente quando, in modo del tutto improvviso, una sirena d'allarme iniziò a suonare con una forza tale che pareva volerle rompere i timpani. Si guardò intorno con il cuore che rimbalzava nel petto, intontita e terrorizzata cercando di capire che cosa stesse accadendo.
-Allarme rosso. A tutto il personale: abbiamo dei pazienti in fuga dalle celle nei sotterranei!-.

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Capitolo dedicato a The_Red_Puppet.
Altra fedele lettrice ❤❤❤

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now