CAPITOLO QUINTO - parte 1

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Il tempo parve fermarsi per qualche istante quando le cinghie della camicia di forza allenarono di colpo la presa sul corpo di Jeff, ed Allyson tremante trattenne il respiro. In quel momento non era in grado di dirsi se la decisione che aveva preso fosse stata coscienziosa o soltanto una follia, ma dentro di se sapeva di aver un estremo bisogno di fidarsi di lui, adesso.
Le due maniche enormemente lunghe che si annodavano sulla schiena furono separate dallo scatto della cinghia, e le braccia del ragazzo caddero molle lungo i fianchi. Chissà per quanti giorni non era più stato in grado di muoverle, quelle braccia; sul suo volto comparve un leggero ghigno di dolore, forse a causa dell'intorpidimento dei muscoli.
Allyson afferrò la camicia di forza dalle spalle e la issò con attenzione, fino poi a sfilarla del tutto; sotto a quello spesso tessuto composto da una fibra sintetica estremamente resistente, il torso di Jeff era coperto adesso soltanto da una canottiera bianca. -Okay, sei... Sei libero- farfugliò, cercando di nascondere il forte imbarazzo che tuttavia era chiaramente leggibile sul suo viso.
Ed il ragazzo, non appena fu in grado di percepire quella tanto gradita libertà motoria ritrovata, non perse tempo e si apprestò a stirare la schiena ed allungare le braccia con movimenti circolari, per poi piegarle dietro alla nuca ed applicarvi pressione con il fine di ridurre l'indolenzimento dei suoi muscoli; era evidente che compiere quel moto fosse per lui doloroso, ma desiderava recuperare quanto più velocemente possibile la completa operatività della parte superiore del suo corpo.
-...Bene- esclamò il ragazzo, emettendo un flebile gemito. I lunghi capelli neri pendevano sul suo volto adesso lievemente chinato in avanti, e nascondevano buona parte del suo volto; forse fu per questo che Ally indietreggiò di un passo, improvvisamente titubante. Una serie di domande che in quel momento non avrebbe mai voluto dover porsi, nacquero nella sua mente una dopo l'altra in una sequenza di incertezze che andavano man mano ad amplificarsi. Si chiedeva che cosa sarebbe accaduto adesso, se per caso lui le avesse fatto quella promessa solo per poter essere liberato, ed ora intendesse farle del male; considerato il suo stato di salute, dopotutto, lei non avrebbe potuto in alcun modo correre abbastanza veloce da seminarlo, ne tantomeno avere la meglio in un possibile scontro.
Ma il moro voltò la testa verso di lei e sollevò il mento con un movimento repentino, cosicché i capelli scivolassero via di lato, e l'espressione sul suo volto adesso era completamente neutra. Questo dettaglio fece tirare ad Ally un sospiro di sollievo.
-Cercherò di fare onore alla mia promessa- disse Jeff, mentre la osservava profondamente. -Ma vedi di non fidarti troppo di me-.
Lei si limitò ad annuire, interdetta. Non capiva che cosa volesse dire con quella frase, ma il suo volto era sincero e nella sua espressione leggeva genuinità. Aveva scelto di fidarsi, e forse la sua scelta era stata la migliore; infondo, tutto ciò che voleva adesso era andarsene da quel posto maledetto, e non avrebbe avuto alcuna chance di poterci riuscire senza l'aiuto di qualcuno.
D'un tratto un rumore improvviso ruppe la strana quiete che si era adagiata nel corridoio, ed Ally voltandosi di scatto in direzione del suono riuscì a stento ad impedirsi di gridare: una serie di boati provenivano dal portone di ferro dal quale poco prima erano usciti, qualcosa o qualcuno vi stava sbattendo contro. la prima cosa che balenò nella mente della ragazza, era che probabilmente il detenuto che aveva tentato di aggredirli poco prima stesse cercando di raggiungere i piani superiori.
-Che si fa?- chiese la ragazza, lanciando nervosamente lo sguardo a destra e sinistra.
-È una porta blindata, non la aprirà- rispose Jeff, completamente impassibile. -Vediamo di trovare un modo per raggiungere l'ingresso, dobbiamo uscire da qui-. Dicendo questo, il moro si incamminò lungo il corridoio vuoto mentre in lontananza era ancora chiaramente udibile il suono intermittente della sirena d'emergenza. 
Ma Allyson, solo un attimo dopo, con una breve corsa lo raggiunse. -Aspetta!- esclamò, senza azzardarsi ad afferrarlo per una mano come avrebbe fatto con chiunque altro. -Io non posso andarmene così!- disse ancora.
Il ragazzo si voltò indietro e le rivolse uno sguardo confuso, aggrottando le sopracciglia. -Che vuoi dire?- le chiese.
-Ci sono i miei amici, da qualche parte dentro a questo maledetto ospedale. Non me ne andrò senza di loro!- rispose lei decisa, stringendo i pugni di entrambe le mani fino a conficcare le unghie nei palmi. Si rendeva perfettamente conto di quanto sarebbe stato rischioso andare a cercare gli altri anziché concentrare le ricerche in una via d'uscita, ma abbandonare Natalie e gli altri ragazzi in quel modo era una cosa che non si sarebbe mai potuta perdonare; certo, una volta fuori avrebbe potuto chiamare la polizia, ma non aveva alcuna garanzia del fatto che gli agenti sarebbero giunti sul posto in tempo per salvare tutti quanti.
Jeff scosse energicamente il capo con una smorfia. -Sei stupida, per caso?- le disse, allungando lo sguardo lungo il corridoio sul fondo del quale, di tanto in tanto, vedeva passare rapidamente delle sagome umane che correvano all'impazzata in ogni direzione. -Morirai qua dentro, se davvero vuoi andare a cercare i tuoi amici- concluse. Dal suo sguardo era chiaro che desiderasse soltanto andarsene via, e di certo Ally non poteva biasimarlo per questo: dopotutto, non aveva idea di quanti mesi o anni lui avesse trascorso rinchiuso in quella minuscola cella maleodorante, tormentato dai medici e dalle grida degli altri detenuti.
-Non intendo abbandonarli- ripeté tuttavia la ragazza, con decisione. -Quindi vattene se vuoi, io vado a cercarli-.
Il moro la guardò brevemente. -Puoi contarci, che me ne vado- esordì, voltando le spalle con l'intendo di incamminarsi.
Lei lo lasciò fare, ma non cessò di guardarlo con il fiato sospeso ed i nervi a fior di pelle. E dopo che Jeff ebbe compiuto i primi passi allontanandosi da lei, non riuscì a trattenersi; l'unica carta che adesso le restava da giocare, era quella che implicava il tentare di far leva sul senso di colpa. -E comunque, sono venuta a salvare anche te poco fa- esclamò, alzando quasi senza volerlo il tono della sua voce -Se non fossi venuta, tu...-.
Il moro cessò di camminare in modo improvviso, e rimase immobile con i piedi nudi sul pavimento gelido e la testa china verso il basso. Le stava rivolgendo la schiena, e non accennava  più alcun tipo di movimento tanto che le fu difficile stabilire se stesse ancora respirando.
-...Saresti ancora rinchiuso là sotto- concluse Allyson, stavolta con molta meno convinzione. Non avrebbe voluto utilizzare quella strategia e si sentiva una persona orribile per averlo fatto; a dirla tutta non credeva neanche che avrebbe funzionato davvero, eppure la reazione del killer suggeriva il contrario.
Jeff si voltò lentamente verso di lei e le puntò addosso un paio d'occhi inespressivi. Per la maggior parte del tempo Allyson non era mai riuscita a decifrare le emozioni che lui stava provando, eppure in quel momento avrebbe giurato che sul suo volto fosse apparsa un'espressione vagamente triste. -E va bene- concluse Jeff, dopo essere rimasto in silenzio per una lunga manciata di secondi. -Ti aiuterò a trovarli-.
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Capitolo dedicato a ticciroby.
Mia cara lettrice ❤❤
(PS. Grazie per aver aggiunto i miei libri a quel fantastico elenco di lettura).

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now