CAPITOLO QUARTO - parte 1

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Ally scosse energicamente la testa come volesse riacquisire il controllo dei suoi pensieri; che diavolo stava facendo li impalata, a guardare la scena senza far niente?
Avanzò con decisione entrando nella cella, e dovette far appello a tutto il suo coraggio per riuscire ad avvicinarsi abbastanza a quella donna ed afferrare un lembo della maglia che indossava, per poi tirarla verso di se con l'intento di allontanarla da Jeff.
-La smetta, ma che sta facendo!?- esclamò d'istinto, iniziando a strattonarla con la poca forza che aveva a disposizione; ma se anche ne avesse avuta di più, non l'avrebbe mai usata per colpire una povera vecchietta che evidentemente sapeva a malapena dove si trovasse.
La donna, non appena udì la frase che Ally aveva pronunciato a gran voce, si fermò di colpo e voltò lo sguardo verso di lei; come se in quel momento avesse provato paura o stupore spalancò le palpebre a dismisura, per poi coprirsi la bocca con entrambe le mani ed iniziare a blaterare frasi sconnesse.
-Qui siamo tutti morti... Non lo sapevi? Quella era mia nipote!- balbettava, per poi indicare Jeff con una mano. -Sì, la mia nipotina! Tutti morti, oppure ognuno... Come...-. Poco dopo abbassò lo sguardo a terra; i suoi occhi erano spenti, vuoti, come se quel suo corpo stanco e deteriorato fosse in realtà un guscio vuoto. Ancor prima che Allyson potesse dire altro, l'anziana donna uscì dalla cella con andatura barcollante, sussurrando con un filo di voce qualcosa che la ragazza non riuscì ad afferrare.
-Mi mancava solo di venir pestato da una vecchia- commentò Jeff emettendo una breve quanto amara risata, ed attirando nuovamente l'attenzione di Ally su di se.
La ragazza strinse le labbra e deglutì, senza azzardarsi a compiere un solo passo verso di lui. -Stai bene?- chiese frettolosamente, come se si fosse improvvisamente ricordata il motivo per cui era scesa là sotto.
Il moro allargò uno strano sorriso, che mostrò una fila di denti stranamente bianchi. -Eri... Preoccupata per me?- le chiese, visibilmente sorpreso da ciò; neppure riusciva a ricordare l'ultima volta che qualcuno aveva dimostrato interesse riguardo alla sua salute, se mai fosse accaduto.
Ma Allyson parve ignorare quella domanda, e cambiò rapidamente argomento forse provando un certo imbarazzo nel rispondere al quesito. -Tu sai... Sia che cosa sta succedendo?- chiese, dondolandosi sulle sue stesse gambe con impazienza. -Come hanno fatto gli altri pazienti ad aprire le celle?-.
Jeff piegò il volto di lato, facendo ricadere una ciocca di capelli neri sulla sua spalla sinistra. -Beh, non saprei dire di preciso come, ma... Hanno trovato il modo di disarmare le chiusure di sicurezza-. Il ragazzo appoggiò la schiena contro al muro imbottito di spugna e piantò i suoi occhi di ghiaccio in quelli di lei, con un'espressione tanto vuota quanto inquietante. -Dev'esserci parecchio casino di sopra, al momento-.
Allyson annuì debolmente, stringendo le spalle. -Non so che cosa fare...- ammise, parlando con un filo di voce.  -I medici hanno condotto i...-. Cessò di parlare in modo improvviso e sussultò, quando un paziente sbatté violentemente la porta posta sul fondo del corridoio, ed iniziò a gridare a squarciagola; facendo un passo indietro e sporgendosi fuori dalla cella, con il cuore in gola, lo vide avanzare lungo il corridoio guardandosi continuamente intorno, come se fosse circondato da aggressori a lei invisibili.
-Devono... Morire... Tutti!!!- gridò ancora il detenuto, iniziando a sbattere la testa contro alle sbarre di ferro delle celle mentre pian piano si avvicinava.
Jeff non poté in alcun modo identificare colui che stava gridando, non potendolo vedere dalla posizione in cui si trovava; tuttavia, non appena ne udì la voce sembrò iniziare ad agitarsi. -Merda...- farfugliò, mentre avanzava di qualche passo avvicinandosi ad Allyson. -Devi liberarmi. Ora!- esclamò a quel punto.
La ragazza lo guardò con orrore, trovandosi spiazzata: non l'aveva mai visto così teso e nervoso, e da questo poté dedurre che lui fosse a conoscenza della pericolosità dell'individuo che si stava avvicinando. -Ma... Non...- balbettò, in preda alla confusione.
-Fuori dalla cella, deve esserci una chiave appesa! Devi togliermi le catene dalle gambe!- insistette il moro, agitando la testa per indicarle il punto in cui, più o meno, doveva essere appesa la chiave in questione. Nonostante lo stato di caotica agitazione in cui si trovava, Allyson uscì frettolosamente dalla cella e lanciò un'occhiata all'uomo che continuava ad avvicinarsi sbattendo la testa contro alle celle, per assicurarsi che si trovasse ancora a debita distanza; e lo vide ancora intento a sbattere la testa contro alla rete metallica di una porta, tanto che adesso un rivolo di sangue adesso stava scendendo dalla sua fronte.
Con il fiato corto e la gola secca Allyson cercò la chiave strisciando i palmi delle mani sulla parete, e con sollievo notificò la presenza dell'oggetto quasi subito; lo afferrò con decisione e tornò immediatamente nella cella di Jeff, ove lui la attendeva impaziente.
-Fa presto- disse il ragazzo, annaspando. -C'è un lucchetto, sulla mia caviglia sinistra-. Abbassò la testa e le fece un cenno con il mento per incitarla a fare alla svelta; era seriamente preoccupato della situazione, e lo si poteva leggere chiaramente sull'espressione tirata del suo volto.
Allyson si chinò lentamente ed afferrò la pesante catena legata alle gambe del giovane killer, per poi inserire la chiave nel lucchetto che la teneva bloccata. Quando questo scattò con un suono metallico, le urla dell'uomo che avanzava nel corridoio si erano ormai fatte fin troppo vicine; forse era già troppo tardi.
E come sarebbero potuti fuggire, considerato che l'unica uscita utilizzabile era proprio nella direzione dalla quale lui proveniva?
-Oh, guarda! Due ingiusti da processare!- gridò d'un tratto il folle, fermandosi proprio davanti alla porta della loro cella.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now