CAPITOLO DODICESIMO - parte 1

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La ragazza se ne stava da sola in un angolo, con la testa china ed i capelli biondi a celare parzialmente il suo sguardo. Si dondolava lentamente avanti e indietro, con le braccia avvolte al petto.
-Dina...- farfugliò Allyson, avvicinandosi a lei. -Stai bene?-. Seppur lei fosse certamente la persona con la quale aveva avuto più difficoltà a rapportarsi fino ad allora, a causa del suo carattere insopportabile ed alla sua tendenza ad attaccar brighe, vederla in quello stato le aprì un buco nel petto.
La bionda sollevò la testa lentamente, mettendo in luce un paio d'occhi gonfi ed arrossati; quella era la prima volta che stava mettendo in mostra le sue debolezze, nessuno l'aveva mai vista così.
-Cosa.... Cosa sta succedendo?- balbettò, con voce tremante. Sembrava molto scossa e confusa, al punto che forse non sapeva dove si trovasse.
-Siamo al sicuro qua dentro- la rassicurò Allyson, sforzandosi di sorridere. -La polizia sta intervenendo... È da molto che sei qui?-.
-Da ieri...- farfugliò la bionda, tornando ad abbassare la testa come se si vergognasse di mettere in mostra le sue guance zuppe di lacrime. -Non ho visto niente di quello che è successo... Solo quel gruppo di pazzi che erano fuori da quel vetro- esordì, indicando la finestra rettangolare posta sul fondo della stanza.
L'altra annuì brevemente, chinandosi di fronte a lei. -Quindi ti trovavi già in infermeria? Voglio dire... Eri qui, quando è scattato l'allarme?- chiese ancora, aggrottando la fronte. Era certa di non averla notata, forse era stata posizionata in uno dei letti più distanti da quello ove avevano legato lei.
-Non sono affari tuoi!- borbottò fastidiosamente Dina, che pareva aver colto al volo l'occasione di mettere ancora una volta in mostra il suo caratteraccio.
L'altra scosse la testa e si voltò verso Tim, che le stava guardando con aria pensierosa. -Quanto pensi dovremo aspettare?-.
-Non ne ho idea- fece lui, stringendo le spalle. -Ma qui siamo al sicuro, quindi...-.
-Sì...- mugolò lei, mettendosi a sedere su una barella. Puntò poi lo sguardo su Natalie, ancora distesa ed addormentata; al suo fianco, Toby la abbracciava tenendo la testa appoggiata sul materasso.
Nonostante la stanza fosse piuttosto insonorizzata e  sigillata, era possibile udire molti rumori provenire dal corridoio: urla, risate, schiamazzi che parevano provenire da ogni direzione; era chiaro che  seppur fossero già passati diversi minuti, gli agenti di polizia non fossero ancora riusciti a placare la rivolta dei pazienti.
la ragazza sospirò pesantemente e si distese su una barella, affondando la testa su di un cuscino bianco, per poi volgere con aria nostalgica lo sguardo al soffitto; i suoi pensieri, ancora una volta, si posarono sul volto di Jeff.
Dov'era lui, adesso?
Nonostante tutto quello che era accaduto, ancora si chiedeva se stesse bene. Sapeva quanto fosse stupido ed insensato preoccuparsi per lui, soprattutto adesso che si era finalmente resa conto di quanto pericoloso ed instabile fosse quell'individuo, eppure proprio non riusciva ad impedirselo.
Con la mano destra premette di nuovo la ferita che albergava pulsante sulla sua spalla; le faceva ancora molto male, ma fortunatamente pareva che avesse smesso di sanguinare. E facendo scorrere le dita sul sangue secco che imbrattava la sua felpa, realizzò che probabilmente in quella stanza avrebbe trovato qualcosa che  avrebbe potuto utilizzare per disinfettare la ferita.  Si alzò ed individuò subito un mobile con ante di vetro spesso, contenente diverse cassette di pronto soccorso. Ne aprì una, e prese una bottiglietta.
-Che fai?- le chiese Eren, guardandola incuriosito.
-Mi dai una mano?- gli chiese lei, porgendogli l'oggetto. Abbassò la spallina della maglietta con molta attenzione, separando la stoffa dalla pelle lacerata; e lui non poté che sussultare, nel notare quanto fosse evidente l'ossatura della ragazza sotto a quel sottile strato di pelle biancastra priva di muscolatura. Sembrava poco più che uno scheletro, si chiedeva come  potesse reggersi in piedi come niente fosse.

-Buttane un po' sulla ferita- gli disse ancora Allyson, che notando l'espressione stupita sul volto dell'altro si era piuttosto innervosita.
-Oh, caspita- esordì il ragazzo, cercando di lasciar intendere che quella sua reazione fosse stata causata in realtà dalla visione della ferita. -Come te la sei fatta, quella?-.
Ma Allyson distolse lo sguardo. -Non importa...- mormorò.
Non appena il liquido disinfettante fu penetrato nella pelle lacerata, fu costretta a stringere i denti per sopportare il forte bruciore.
Il ragazzo le sorrise in modo timido, ed abbassò lo sguardo. -Tu credi.... Che usciremo da qui?- le chiese, con un filo di voce.
Lei sollevò lo sguardo, e per un attimo tacque; la verità era che non ne aveva idea, ma non avrebbe di certo potuto rispondere questo. E dopo quel breve silenzio durante il quale i due non fecero che fissarsi, finì per rispondere con l'unica affermazione che lui pareva aver bisogno di sentire: -Certo che si-.
Solo qualche  attimo dopo, proprio come se avessero atteso proprio quel momento per arrivare, un gruppo di pazienti fuori controllo si avvicinò al vetro infrangibile sul fondo alla stanza, premendovi sopra i volti sporchi e sudati come si aspettassero di potervi passare attraverso. Osservarono i ragazzi chiusi all'interno, ed iniziarono a ridere in modo incontrollato; non fu possibile capire quanti fossero inizialmente, perchè molti di loro si nascondevano dietro alla parete.
-Oh merda...- farfugliò Tim, voltandosi con preoccupazione verso i suoi compagni. -E adesso?-.
-Calma, calma...- disse Ally, sollevando le braccia. -Quel vetro è infrangibile... Non possono entrare-.
-Ne siamo del tutto sicuri?- chiese Eren, intrecciando nervosamente le braccia attorno al petto ed iniziando a camminare avanti e indietro lungo la stanza.
-Credo.... Credo di si-.
Il gruppo di pazienti all'esterno iniziò a sbattere ripetutamente i pugni contro al vetro, cercando un gran fracasso che riecheggiava tra le mura interne. Ed a quel punto il panico tra coloro che si rifugiavano all'interno dell'infermeria salì alla svelta, così come il dubbio che quel vetro non avrebbe resistito abbastanza a lungo.
Fu forse grazie a tutto quel baccano, che finalmente Natalie aprì gli occhi.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now