CAPITOLO OTTAVO - parte 2

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Nell'infernale caos di rumori e grida che riecheggiavano tra i corridoi dell'ospedale psichiatrico, per i due ragazzi era estremamente difficile comprendere quali suoni fossero vicini e quali lontani. Da molte delle porte, chiuse dall'interno, provenivano terribili tonfi e gemiti di dolore come se qualcuno stesse tentando invano di uscire; ed allo stesso modo, molti pazienti che correvano all'impazzata nei corridoi vi sbattevano i pugni con la speranza di riuscire ad entrare.
Nonostante fossero passate decine di minuti dal primo allarme, pareva che la situazione non facesse che precipitare vertiginosamente, e gli infermieri iniziavano a rendersi conto che la loro preoccupante inferiorità numerica unita al generale caos che si era creato, stava rendendo per loro quasi impossibile placare la rivolta. La priorità era certamente quella di trovare ed immobilizzare tutti i detenuti provenienti dai piani inferiori, ma avevano ormai realizzato che anche molti pazienti comuni stavano approfittando della situazione per tentare la fuga.
E non potevano assolutamente permettere che anche solo uno di loro riuscisse a scappare.
-Dove pensi sia andato, quel tuo amico?- domandò Tim, asciugandosi il sudore sulla fronte con il palmo della mano senza smettere di camminare.
-È questo il problema- rispose lei, sospirando pesantemente. -Non ne ho idea-.
In modo del tutto casuale la ragazza decise di svoltare a destra, ma si fermò solo qualche passo dopo: il rumore generato da veloci passi in avvicinamento rimbalzava sulle pareti attorno, ed era chiaramente udibile nonostante l'assordante sottofondo di grida. E parevano passi leggeri, troppo leggeri per essere generati da un adulto.
Tim si fermò avanti a lei come volesse proteggerla da un possibile imminente pericolo, e puntò lo sguardo avanti; a causa di una lieve curvatura del corridoio, tuttavia, non era possibile scorgerne il fondo.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo preoccupato, prima di voltarsi indietro con l'intento di fuggire nella direzione opposta; tuttavia, un attimo prima di questo, chiunque stesse correndo in quel modo li raggiunse.
E con enorme sollievo, fu da subito riconoscibile il volto angelico della piccola Sally.
La bambina, con gli occhi rossi e guance ormai zuppe di lacrime, si fermò davanti a loro ed iniziò a gesticolare nervosamente con le mani come tentasse di comunicare qualcosa. I suo capelli mossi erano spettinati, ed alcune ciocche parevano addirittura essere state strappate da qualcuno che molto probabilmente aveva tentato di catturarla.
-Hei, piccola- mormorò Allyson sforzandosi di allargare un confortante sorriso; si disse che non avrebbe dovuto mostrare la sua paura, dinnanzi a quella povera bambina che certamente stava cercando in lei e Tim la protezione di cui aveva bisogno. Lentamente si mise in ginocchio davanti a lei, e le fece una timida carezza sulla guancia.
-Stai bene?-.
Sally pareva davvero terrorizzata, com'era ovvio: forse non aveva neanche capito per quale motivo si fosse ritrovata, nel giro di pochi minuti, proiettata in un inferno del genere. Ally la afferrò dolcemente per le spalle e la strinse in un abbraccio, ma la bambina quasi subito la respinse; indietreggiò di un passo, e riprese a gesticolare con le mani.
-Sai leggere il linguaggio dei muti?- chiese Tim, che guardava la bambina con aria preoccupata.
-No.... E tu?- fece Ally, scuotendo il capo.
-No, ma.... Credo voglia dirti qualcosa di importante...-. Tim si chinò a sua volta puntando le ginocchia sul pavimento e fece una carezza sulla testa della bambina, sorridendole amichevolmente. -Puoi mostrarci quello che stai cercando di dire?-.
Sally annuì ed afferrò la maglietta di Allyson, per poi tirarla incitandola a seguirla. Riprese a correre lungo il corridoio nella stessa direzione da cui era venuta, e gli altri due scambiandosi uno sguardo la seguirono.
Durante il breve percorso passarono accanto ad una finestra, che come tutte era munita di inferriate di sicurezza; Ally lanciò una rapida occhiata oltre il vetro senza fermarsi, e notò la presenza di una serie di luci intermittenti, nel piazzale sottostante.
La polizia.
Vi erano circa cinque auto ferme nel giardino, ed un gran numero di agenti con tanto di casco di protezione si stavano avvicinando velocemente all'ingresso sul retro procedendo in fila indiana. In quel momento, la ragazza non poté che sentirsi estremamente sollevata: sarebbe stata solo questione di tempo, prima che l'intervento delle forze dell'ordine avrebbe messo fine a tutto questo. E certamente l'avrebbero portata in salvo, assieme a tutti gli altri; nel pensare questo, senza neanche rendersene conto, sorrise.
Avrebbe potuto raccontare tutto quanto, e sarebbe tornata dalla sua famiglia con la dolce consapevolezza che mai più avrebbe messo piede in un posto come quello.
Mentre proseguiva a passo svelto la piccola Sally arrestò la corsa in modo improvviso, e con gesti isterici indicò la porta aperta di una stanza; la luce che proveniva dall'interno, proiettava sul pavimento un'ombra in movimento. Ally si avvicinò titubante, seguita solo un passo indietro da Tim; e non appena il suo sguardo penetrò all'interno della camera, sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.
Trattenne il respiro, paralizzata, confusa al punto da non riuscire più a realizzare se ciò che stava vedenso fosse reale.
Jeff si trovava pochi metri oltre la porta aperta, in piedi, con la schiena leggermente ricurva. Reggeva un coltello insanguinato nella mano destra, dalla cui lama scivolavano giù grandi gocce rosse ogni volta che i muscoli delle sue braccia vibravano involontariamente. Rideva emettendo un suono leggero, appena percettibile, mentre i suoi capelli neri dondolavano sul volto; e nei suoi occhi, riconobbe la stessa strana luce che aveva visto poco prima. La canottiera che il giovane killer indossava era ricoperta di schizzi di sangue, così come le sue braccia, i pantaloni, e persino il viso sembrava esserne imbrattato.
Ai suoi piedi, si contorceva una figura umana, dolente e morente come un coniglietto nella bocca di un leone. Ally impiegò qualche secondo a capire di chi si trattasse, confusa e pietrificata com'era: si trattava di Rouge.
La povera ragazza si voltò verso di lei, con le pupille dilatate e la bocca spalancata. Sembrò volerle chiedere aiuto, ma subito dopo la sua testa si appoggiò sul pavimento con un movimento brusco e grottesco. Morì così, davanti ai suoi occhi; era stata pugnalata così tante volte che il pavimento era pieno del suo sangue.
-Maledetto bastardo!- gridò impulsivamente Tim, avanzando un passo oltre la porta -Toby aveva ragione, lo vedi?-. Quella seconda frase tremante, nonostante il ragazzo continuasse a guardare Jeff, era rivolta ad Ally. La ragazza, tuttavia, non disse nulla. Non poteva credere che tutto ciò fosse vero; si era fidata di Jeff, della promessa solenne che lui le aveva fatto.
Che illusa, a fidarsi così ciecamente.
Che stupida, a lasciarsi abbindolare in quel modo.
Realizzò di aver commesso il suo errore più grande proprio mentre guardava gli occhi vitrei di quella povera ragazza, che aveva pagato con la vita quel suo ridicolo sbaglio.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now