CAPITOLO TREDICESIMO - parte 2

1K 172 25
                                    

Tum. Tum. Tum.
Il raggelante rumore prodotto dall'oggetto che veniva sbattuto con violenza contro alla porta, pareva nel silenzio di quella stanza volesse scandire il tempo, come un conto alla rovescia. A quel punto era solo una questione ti tempo, prima che quel baccano si sarebbe tramutato in qualcosa di molto peggiore: sulla lastra di legno di cui era principalmente composta la porta, era apparsa la prima preoccupante crepa.
Dina tentò di ignorare quella paura che man mano si faceva sempre più intensa dentro di lei, mentre si sforzava di parlare; e mentre lo faceva teneva il capo basso, come se provasse un'immensa vergogna a mostrarsi così insicura e fragile dinnanzi agli altri, che seduti a terra vicino a lei, la guardavano.
Era certa che tutti quanti loro sarebbero morti entro la fine di quell'assurda giornata, e dunque desiderava più di ogni altra cosa alleggerirsi dai sensi di colpa che per giorni avevano gravato sulla sua psiche.
-Non so da dove potrei iniziare...- farfugliò la bionda, passando le dita sul proprio volto. Dovette appellarsi a tutto il suo coraggio, per riuscire a pronunciare quelle parole che per lei bruciavano in gola come tizzoni ardenti. -Mi dispiace di essermi comportata così male con tutti voi- esordì, tutto d'un fiato. 
Eren restò immobile a guardarla  ed istantaneamente sul suo volto apparve un'espressione estremamente sorpresa. -Questo non me lo aspettavo proprio- esclamò, intrecciando le braccia sul petto per assumere un chiaro atteggiamento di chiusura. -Stai chiedendo scusa davvero?-.
-Dai, smettila Ere - intervenne Ally, scuotendo la testa. -Dina ha delle cose da dirci quindi... Ascoltiamo e basta-.
La bionda le rivolse uno sguardo gentile, probabilmente per la prima volta da quando le due si erano conosciute, e con le labbra sembrò mimare un timidissimo grazie.
Se non fosse stata così spaventata e disperata, probabilmente non avrebbe mai assunto un atteggiamento così amichevole nei confronti degli altri; ma la situazione in cui tutti si trovavano, le diede la forza per continuare a parlare e liberarsi finalmente di quel segreto che custodiva nascosto dagli occhi altrui.
Il suo un triste, intimo e personale fardello.
-Non ho mai rivelato a nessuno quale sia il mio problema... Beh, a dire il vero ne ho tanti, ma questo è...- borbottò, senza incrociare nessuno sguardo; ma non terminò mai quella frase, perché subito dopo sollevando le maniche della sua camicia, rivelò ai suoi compagni ciò che non aveva avuto il coraggio di spiegare a parole. La pelle biancastra di entrambe le sue braccia era completamente ricoperta di cicatrici lunghe e sottili che si intrecciavano tra loro come in una ragnatela; mentre sopra di queste albergavano ferite molto più recenti, distinguibili dal colore più intenso. Altre ancora, invece, sembravano essere state fatte molto di recente, tanto che erano ancora ricoperte da uno strato di crosta scura.
-Sei... Autolesionista..- mormorò Tim, mancando di tatto. -Quando hai iniziato?-.
-A undici anni...- rispose Dina, tornando ad abbassare le maniche; non amava affatto mettere in mostra quei segni, che esponevano al mondo la parte più debole di lei. -Nessuno mi capisce, quindi non mi aspetto che lo facciate voi- disse ancora, tornando ad abbassare la testa. -Sono arrabbiata con il mondo e soprattutto con le persone, per questo non riesco ad essere gentile... E finisco sempre per restare sola...-.
Ally allargò un lieve sorriso, adesso riusciva finalmente a capire. Aveva sempre saputo, dentro di se, che Dina non era affatto la ragazza cattiva che tutti descrivevano, e che alla radice del suo comportamento doveva esserci dell'altro; ed ecco che, seppur in una circostanza così terribile, aveva ricevuto una conferma alla sua supposizione.
-Non siamo poi così diverse...- mormorò Ally, regalando all'altra un sincero sorriso.
Ma a quel punto, in modo del tutto imprevisto, anche Natalie decise di intromettersi nella conversazione: anche lei aveva un soffocante peso fi cui aveva bisogno di liberarsi, e quello le parve il momento giusto. Dopotutto, forse non ci sarebbe neanche mai stato un secondo momento. -Già che ci siamo...- farfugliò, sospirando. -Voglio dire una cosa anche io....-. Senza fermarsi troppo a pensare si voltò verso Brian, che se ne stava seduto nel suo angolo ancora con la bottiglia di disinfettante in mano, e si schiarì la voce prima di iniziare a parlare, con un tono estremamente affranto. -Mi spiace tanto, per quella storia dello scarafaggio-.
Il ragazzo ricambiò quello sguardo con freddezza. Si limitò ad annuire, stringendo le spalle; dapprima non capì per quale ragione lei gli stesse dicendo questa cosa, dopotutto era stato un evento isolato, un trauma già superato.
Ma lei continuò a parlare, facendosi sempre più nervosa. -Non volevo farti del male, ma... Ero gelosa di Allyson. È colpa della mia malattia, sì, insomma.... Del mio disturbo-. Mentre parlava, con la mano destra giocherellava con una ciocca di capelli che pendeva sulla sua fronte.
Brian fece una smorfia, e sembrò stringere la bottiglia senza volerlo, come fosse stato un riflesso incondizionato. Era colmo di rabbia, ma troppo esausto e terrorizzato per dedicare attenzione a quella faccenda risalente oramai a giorni addietro.
-Ho così tanta paura di restare sola, che alla fine allontano le persone per davvero- concluse la castana.
Toby le sorrise e la abbracciò teneramente, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Ma fu proprio in quel momento che, l'ennesimo colpo che la porta ricevette, ne causò la rottura della serratura.
Un boato assordante fece sussultare tutti quanti, divampando nell'ambiente con una violenza inaudita
Il mobile che era stato posizionato a sigillare l'ingresso fu sbalzato via, e rovesciandosi a terra creò un secondo terribile tonfo, seguito dal fracasso generato da tutti gli oggetti che vi erano stati posati sopra, ed ora si trovavano riversati sul pavimento.
-Ops! Ops! Ops!- gridò l'inquietante voce di uno degli uomini che, dal corridoio, avanzava il primo passo oltre la soglia. Il suo torso asciutto era coperto da una canottiera strappata e piena di evidenti schizzi di sangue fresco, ed il suo viso era contorto in un ghigno di indomabile follia.
Dietro di lui, una seconda figura stava riponendo a terra quello che pareva essere un trave, o un tubo.
-Vi abbiamo trovati!-.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now