CAPITOLO DICIOTTESIMO - parte 2

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Allyson tacque a lungo, scrutando il volto di Tim completamente immobile; poi, dopo aver emesso un breve e sofferto sospiro, annuì con un piccolo cenno del capo. -Se davvero vuoi parlare con lui... Ti farò sapere, appena avrò capito dove lo hanno portato- disse, abbassando la testa.
Il ragazzo strinse le labbra. -Se sicura che...-
-Sicura- lo interruppe lei, impedendogli di terminare la frase che stava  pronunciando. -Voglio andare da sola-. Afferrando con grande determinazione un'estremità della fascia legata attorno al suo gomito iniziò lentamente a srotolarla, per poi sfilare via l'ago della flebo che era stata fatta penetrare nella pelle del braccio sinistro; un intenso ed improvviso dolore le fece arricciare le labbra, ma si impegnò ad ignorarlo per quanto le fosse possibile. Poi, con gesti estremamente lenti e calcolati si alzò caricando il peso su entrambi i piedi, e restando ferma sul posto per diversi secondi con il fine di assicurarsi che non sarebbe svenuta ancor prima di incamminarsi.
-Allora io... Devo aspettarti qui?- chiese Tim lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, ed osservando ogni movimento traballante che la ragazza stava compiendo con un'espressione chiaramente preoccupata dipinta sul volto.
-Si... Certo- fece lei, incamminandosi con estrema lentezza verso la porta. Vi si fermò proprio davanti, e con la mano poggiata sulla maniglia si voltò di nuovo in direzione del ragazzo, con la vista lievemente appannata dalla debolezza. Quel suo sguardo fu ricambiato da Tim, che però abbassò quasi subito la testa forse perché non aveva il coraggio di mantenere il contatto visivo così a lungo. -Mi dispiace per essere stato così...- farfugliò, stringendo le spalle. -Così stupido. Devo la vita a quella persona, e... Non avrei dovuto abbandonarlo... Ne abbandonare te-.
La risposta di Ally fu un semplice e sincero sorriso, che gli donò spontaneamente prima di aprire finalmente la porta ed uscire. Era felice che Tim stesse riconoscendo il suo errore, anche se a dir la verità adesso questo fatto non avrebbe mai potuto cambiare tutto il resto.
La ragazza iniziò a percorrere il corridoio a testa bassa, immergendosi nel via vai di visitatori e dottori ognuno impegnato a fare ciò che doveva mentre si sforzava goffamente di avanzare in linea retta, senza sbandare. Sentiva la sua testa girare lievemente ed i muscoli dei suoi arti tremare, come faticassero a sorreggere il peso del suo stesso gracile corpo; ma si sforzò di stringere i denti ed andare avanti senza fermarsi neanche per una breve sosta, sperando che nessun componente dello staff ospedaliero avrebbe riconosciuto il suo volto.
Mentre camminava, lanciava lo sguardo all'interno di tutte le porte aperte che trovava, nella trepidante attesa di vedere finalmente la figura di Jeff; e nel farlo incrociò gli sguardi di molti pazienti seduti o distesi nei loro letti, talvolta accerchiati da parenti e amici che si erano recati in reparto per portare i loro saluti.
-...Scusi- farfugliò la ragazza, dopo essere accidentalmente sbattuta contro ad un passante. Continuò a camminare senza rallentare il passo, e quando girò ancora una volta la testa alla sua destra vide un agente di polizia uscire fuori da una porta, per poi richiuderla distrattamente dietro alle spalle ed allontanarsi, raggiungendo una coppia di colleghi sul fondo del corridoio.
Considerato il fatto che molti dei feriti provenienti dalla clinica psichiatrica erano stati ricoverati in  quell'ospedale non era poi così strano che i poliziotti stessero facendo visita alle vittime di quel disastro; ma qualcosa nella mente della ragazza le suggerì che forse avrebbe potuto trovare Jeff proprio dietro a quella porta.
Si avvicinò lentamente assicurandosi di non essere vista da nessuno; dopo aver affogato i polmoni in una abbondante boccata d'aria premette lentamente la maniglia, poi spinse aprendo la porta. E mentre la visuale si ampliava davanti a lei, poté distinguere dapprima la presenza di un mobile bianco, un comodino, una grande finestra luminosa ed infine un letto.
Disteso su quest'ultimo, con il volto rivolto verso il soffitto, vi era Jeff. I suoi lunghi capelli neri erano scivolati di lato fino ad adagiandosi sul cuscino, mettendo in luce la pelle chiarissima del suo volto. Il falso sorriso che aveva sulle guance, dipinto da una cicatrice dal dolore scuro, era visibile adesso più che mai; ed il suo corpo era nascosto sotto ad un lenzuolo bianchissimo, che lasciava intravedere la sagoma magra ma robusta del torso, ed i movimenti lievi e regolari della cassa toracica. Una flebo era appesa alla sua sinistra, e l'aria all'intero della piccola stanza odorava di medicinali e disinfettante.
-Jeff...- farfugliò istintivamente Allyson, avanzando un timido passo oltre la soglia.
Credeva che lui fosse addormentato, ma appena il ragazzo udì la sua voce alzò la testa puntandole addosso un paio di occhi carichi di stupore. -Sei qui...- mormorò con un filo di voce, lasciando poi cadere nuovamente il capo sul cuscino come non avesse abbastanza forza per mantenere quella posizione.
-Si...- rispose lei, seppur quella da lui pronunciata non fosse stata una vera domanda. Con grande titubanza ed agitazione di avvicinò, intrecciando le dita delle mani per reprimere l'agitazione, fino a fermarsi proprio accanto al letto. Si sentiva fortemente agitata, tanto che la sua testa aveva iniziato a girare più forte ed il suo cuore a scalpitare nella cassa toracica. -Come ti senti?- chiese, appoggiandosi alla sponda nel tentativo di trovare un po' di sollievo.
Il killer mosse le labbra in modo quasi impercettibile, piegandole all'insù in quello che pareva essere un debolissimo sorriso. -E tu?- mormorò, senza voltarsi.
Ally sorrise a sua volta, deglutendo a vuoto. -Io sto bene- disse semplicemente. -Posso... Restare un po' qui con te?-. Annaspava, ed aveva le mani sudate.
Jeff piegò la testa e rivolse nuovamente lo sguardo in sua direzione, con enorme fatica -...Si-.
Con ritrovato entusiasmo la ragazza avvicinò una sedia e la sistemò accanto al letto, sistemandosi sopra con i gomiti puntati sulle ginocchia. Osservò in  silenzio il profilo del volto di Jeff, con un debolissimo sorriso amaro sulle  labbra; ancora una volta faticava a credere di trovarsi davanti ad un serial killer, perché in quel momento Jeff pareva essere una persona assolutamente comune.
-Ti... Ti arresteranno?- chiese poi, abbassando lo sguardo.
-Probabilmente- rispose il moro, con voce neutra. Non sembrava particolarmente preoccupato a riguardo, come se questo non avesse nulla a che fare con lui. -Per il momento, credo mi sposteranno in psichiatria- esordì.
Allyson non disse nulla. Puntò lo sguardo a terra e trattenne il fiato, perché si sentiva come se qualcuno le avesse appena pugnalato il petto.
Calò un pesante silenzio finché Jeff non parlò ancora, forse notando la reazione di lei. -Sei dispiaciuta per questo?- le chiese, con una tranquillità disarmante.
-Beh...- balbettò la ragazza, impacciata. -Non... Non lo so...-.
-E tu? Tu tornerai a casa?-.
Ally annuì brevemente, stringendo le spalle. -I miei genitori verranno a prendermi domani-.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now