CAPITOLO QUINDICESIMO - parte 1

1K 154 20
                                    

Tutto divenne irreale, come se il tempo si fosse inspiegabilmente bloccato e tutto il mondo fosse rimasto con il fiato sospeso, a guardare incredulo ciò che stava accadendo. Le lancette di quell'orologio immaginario che chiamiamo tempo si fermarono, cessando il loro ticchettio e lasciando spazio soltanto ad un tremendo, inusuale silenzio.
Nel caos di grida e parole che echeggiava confuso nella stanza, fu ben riconoscibile la risata roca e folle dell'uomo che continuava a spingere il pezzo di vetro nella pancia di Jeff con una crudeltà disumana.
La canotta bianca che il killer indossava si macchiò presto di rosso inteso; una chiazza che iniziò da subito ad espandersi a ritmo vertiginoso verso il basso. Il ragazzo chinò la testa ed emise un gemito di dolore, mentre i suoi capelli corvini scivolavano sul volto, celando in modo parziale l'espressione di dolore che quest'ultimo adesso aveva assunto.
Fu per questo che Allyson dapprima non riuscì a pronunciare più una singola parola: vedere Jeff del tutto impotente dinnanzi a quel pazzo furioso le fece perdere ogni speranza, e forse quello fu il momento in cui realizzò che quello strano ragazzo, infondo, era davvero diventato importante nonostante tutto e non poteva accettare di vederlo soccombere.
Gli occhi del killer erano spalancati, la mandibola calata ed il corpo immobilizzato non solo dal dolore, ma anche dallo stupore: forse Jeff non riusciva a realizzare pienamente ciò che era appena accaduto, non riusciva a capacitarsi di aver fatto un errore così stupido durante lo scontro; una mancata prontezza, un errato calcolo lo aveva portato a questo.
O forse, semplicemente, per la prima volta in vita sua non si trovava dalla parte del carnefice, ma della vittima. Non era stato lui a sferrare il colpo fatale, così come non era lui adesso ad osservare la scena dall'esterno con un sorriso soddisfatto sulle labbra e le mani sporche di sangue caldo.
Aveva mai pensato alla morte?
No.
Si era mai chiesto che cosa si provasse a stare dall'altra parte?
Forse.
Ma adesso, con un grosso pezzo di vetro conficcato nell'addome e le forze che già lo stavano abbandonando, non aveva tempo di pensare a questo. Con un gesto disperato il ragazzo sollevò le braccia tremanti e tentò di afferrare le mani del suo aggressore, ma ancor prima di raggiungerle un'improvvisa ondata di debolezza fece cedere le sue ginocchia; si ritrovò a terra ancor prima di rendersi conto di ciò che stava accadendo, privo delle forze necessarie a tornare in piedi. E l'uomo, ancora in piedi davanti a lui, lo guardava soccombere con un'espressione di grande soddisfazione a sul volto.
-Maledetto!-.
Il grido di Allyson giunse alle orecchie del killer ovattato, a stento percepibile nel baccano di pensieri che si annodavano tra loro dentro alla sua testa. Jeff appoggiò una guancia sul pavimento freddo, ed avendo realizzato di trovarsi in una situazione estremamente critica tentò di concentrarsi esclusivamente sul proprio respiro.
Espira.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Non poteva permettersi di adesso. Dopo una lunga, quasi interminabile prigionia si era trovato così tanto vicino alla libertà da poterla sfiorare con le punte delle dita; non poteva lasciarsi andare.
Allyson fu assalita da un fulmine di rabbia che scosse interamente il suo corpo, e fu per questo che trovò dentro di se le forze per saltare addosso al nemico come una furia, conficcando una siringa nel suo collo. L'aveva trovata all'interno dell'armadietto che era appena andata in frantumi, e l'aveva riconosciuta subito: era la stessa che i medici avevano usato su di lei.
Ne conosceva l'effetto, e sapeva che era pressoché istantaneo; dunque aveva soltanto dovuto agire, facendo appello alla pochissima forza che le era rimasta in corpo e sperando di non fare cilecca.
L'ago penetrò nella pelle senza fatica, e non appena percepì il bruciore l'uomo si girò verso di lei con l'intento di aggredirla, ma non vi riuscì: solo un paio di secondi dopo cadde rovinosamente a terra, dapprima in uno stato di semi coscienza, poi perdendo del tutto i sensi.
-Oddio, Eren...- balbettò Tim, chinandosi sul cadavere non appena ebbe realizzato che quel folle non fosse non fosse più in grado di muoversi. Lo guardò per una manciata di secondi, trattenendo quelle lacrime che stavano già riempiendo i suoi occhi; quello non era il momento per piangere, doveva prima mettersi in salvo assieme agli altri, per quanto avrebbe voluto trattenersi qualche secondo in più.  -Dobbiamo andarcene prima che ne arrivino altri- disse, senza riuscire ad impedire alla sua voce di tremare sensibilmente.
Dina scavalcò la barella dietro cui si stava nascondendo fin dall'inizio, seguita dalla piccola Sally che stringeva saldamente nel piccolo pugno un lembo della sua maglietta.
Ma Allyson sembrò non ascoltare per niente, quelle parole: gettò a terra la siringa che ancora reggeva tra le mani e raggiunse Jeff, sbattendo a terra le ginocchia. -Jeff!- gridò, afferrando il killer per una spalla. Lui parve non avere la forza necessaria a rispondere, ma le permise di afferrarlo e tirarlo su, fino a sederlo con la schiena diritta.
-Jeff!- ripeté la ragazza, scuotendolo lievemente. La chiazza di sangue sulla sua maglietta si era espansa a dismisura, imbrattando anche la parte superiore dei pantaloni.
-Jeff! Ti prego....-. La ragazza poggiò con delicatezza una mano sotto al suo mento e lo costrinse a sollevare la testa; i capelli corvini del killer scivolarono di lato, e fu allora che i loro occhi si incrociarono.
Non vi era più alcun barlume di follia in quelli del ragazzo, ma soltanto un'espressione di dolore e di paura che adesso più che mai lo rendevano umano almeno quanto gli altri.
Le sue iridi erano dell'azzurro più chiaro Allyson fosse mai visto; paragonabile solo alla colorazione incredibile che assume la neve in particolari condizioni. Un colore quasi trasparente, ma che trasparente non era per nulla; quello sguardo era carico di emozioni, forza e fragilità.
-Devi resistere, ok?- farfugliò la ragazza, scuotendolo con maggior impeto come avesse paura di vederlo perdere i sensi proprio adesso, davanti a lei. -Tra poco saremo fuori da qui... Ti prego, non morire-.
Quelle parole giunsero alle orecchie del ragazzo come un suono debole e distorto, al quale riusciva a malapena a dare un senso. Tuttavia, capì che lei non intendeva abbandonarlo, e questo fu più che sufficiente per indurlo a non mollare.
Forse per la prima volta, realizzava di essere diventato importante per qualcuno.
-Forza, muoviamoci!- esordì Tim, che fermo sulla porta attendeva l'uscita di tutti gli altri. -L'ingresso è vicino e li c'è la polizia!-.
Brian guardò Ally un paio di volte, prima di convincersi ad uscire; mentre Dina e Sallly erano già fuori.
-Che fai, Allyson?- le chiese Tim, agitando le braccia e restando fermo a guardarla con stupore e sgomento. -Lasciato perdere, dobbiamo andare subito!- insistette.
Ma lei scosse la testa con convinzione, senza mai lasciare la sua presa sulle spalle del moro. -Io non lo abbandono- disse, con decisione.
-Questa potrebbe essere la nostra unica possibilità di uscire vivi da questo maledetto posto! Lo capisci o no?!-.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now