CAPITOLO TERZO - parte 2

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Ally prese riempì i suoi polmoni con un'abbondante boccata d'aria; ogni nervo nel suo copro era in estrema tensione, ed i battiti del suo cuore erano notevolmente più rapidi ed intensi rispetto al normale. Era così tanto tesa e spaventata da sentirsi indebolita, forse perché il suo corpo che non si trovava affatto in stato di salute non riusciva a tollerare quell'intenso e prolungato momento di tensione.
Un rumore improvviso la fece voltare di scatto, con le mandibole serrate.
-Uno... Due... Tre... Quattro-. Una donna dall'aria piuttosto inquietante avanzava con andatura barcollante verso di lei, muovendosi in modo tanto innaturale da sembrare che avesse un corpo robotico. -Cinque... Sei... Sette e... Otto. Otto. Otto tazzine di caffè-. Sollevò la testa all'improvviso, allargando un agghiacciante sorriso sulle labbra scarne e ricolme di piccole crepe. -Vuoi favorire?-.
La ragazza indietreggiò sbadatamente finendo per sbattere con la schiena contro al muro dietro di se. Non seppe che dire perciò rimase immobile, paralizzata dalla paura, ad osservare la sconosciuta che adesso si era fermata a pochi metri di distanza da lei.
-Uno... Due... Tre...- continuò a borbottare quest'ultima, iniziando poi a ridacchiare; ed il suono intermittente di quella flebile quanto strana risata, rimbalzò tra le mura spoglie del corridoio vuoto. -Quattro... Cinque... Sei... E... Caffè!-.
-Stai lontana!- gridò Ally, interponendo tra se stessa e la donna un paio di braccia tremanti. -Non avvicinarti!-. Si voltò indietro con il cuore in gola e corse via più veloce che poté, sperando di riuscire a trovare un luogo sicuro ove poter nascondersi più lontana possibile da chiunque altro. Si ritrovò poco dopo nell'ala ovest, dove fu costretta a girare a destra per evitare un gruppo di infermieri che avanzavano con decisione mentre discutevano brevemente tra loro sul modo in cui avrebbero dovuto dividersi per bloccare efficacemente ogni possibile via d'uscita; poi, d'un tratto, cessò in modo improvviso la sua corsa.
Piegando la schiena e puntando i palmi delle mani sulle ginocchia riprese fiato, per poi sollevare lo sguardo: solo in quel momento realizzò che, in modo totalmente casuale, si era ritrovata proprio davanti al portone di ferro che conduceva ai sotterranei. Ed oltre a questo, notificò anche un altro dettaglio che non sfuggì al suo sguardo seppur si trovasse in uno stato di profondo panico: l'accesso era rimasto aperto, forse gli infermieri avevano dimenticato di sigillarlo a causa dell'intervista situazione di emergenza.
Dopo aver ripreso fiato molto brevemente, nella mente di Allyson era apparso un solo ed unico pensiero che adesso sembrava volerla tormentare. Si chiedeva se Jeff fosse ancora la sotto, oppure se fosse riuscito a liberarsi assieme agli altri prigionieri raggiungendo i piani superiori.
Allyson sapeva che scendere a controllare sarebbe stata la cosa più stupida da fare in quel momento, ed il buon senso continuava a suggerirle che doveva cercare un luogo sicuro ove nascondersi o, se possibile, una via di fuga che avrebbe potuto utilizzare per scappare all'esterno della struttura approfittando dello stato di panico generale; eppure, riuscì ad imporre a se stessa di ignorare totalmente ciò che il cervello continuava a cercare di dirle, e decise che sarebbe rapidamente scesa nei sotterranei esclusivamente per assicurarsi che Jeff non fosse rimasto li da solo.
Scendendo i gradini a passo svelto raggiunse lo sporco e malsano reparto proibito, e si trovò davanti il corridoio delle celle; quasi tutte le porte di ferro erano aperte verso l'esterno, e l'ambiente era molto più silenzioso del solito; ad occhio e croce, pareva che quasi tutti i detenuti fossero riusciti a fuggire. Eppure, un ragazzo magrissimo era accovacciato a terra davanti ad una porta, e piangeva dondolandosi avanti e indietro; mentre una donna quasi del tutto calva sbatteva ripetutamente la testa contro ad una colonna, farfugliando frasi sconnesse e prive di alcun senso.
-Ecco perché! Ora sì che ricordo! Nessuno... Oppure no. Che strano essere me!-.
Ally le passò accanto con il fiato sospeso, e non rallentò il passo neppure per guardarla.
-Ecco come si fa! Guarda! Un... Un ramo-.
La tensione salì vertiginosamente quando la ragazza puntò finalmente gli occhi su quella che sapeva essere la porta della cella di Jeff; era aperta, ed era possibile scorgere del movimento all'interno. Durante i secondi che seguirono, mentre era intenta ad avvicinarsi, pensò con sollievo che certamente anche lui era riuscito a salire ai piani superiori; ma soltanto dopo Ally realizzò che la cella non era realmente vuota. Sporgendosi si accorse della presenza di una donna anziana, che a malapena sembrava in grado di reggersi sulle sue stesse gambe, ma che nonostante questo stava tentando di aggredire Jeff. Il ragazzo, imprigionato nella camicia di forza e con i piedi bloccati dalla catena, non poteva far altro che voltare la testa per evitare di essere colpito in volto, mentre premeva con forza la schiena contro alla parete imbottita sul fondo della sua cella.
-Jeff..- farfugliò Allyson, guardando la scena con la bocca spalancata. Che avrebbe dovuto fare? Intervenire, ovvio; ma aveva abbastanza da forza per spingere via quella vecchia? Non sembrava molto resistente, ma a sua volta lei era magrissima e debole. Avrebbe voluto avanzare e difenderlo, ma la paura e l'incertezza fecero vacillare la sua volontà facendola restare immobile, davanti alla porta, con il fiato sospeso.
Il moro notò la sua presenza solo qualche instante dopo. Alzò lo sguardo su di lei e sorridendo lievemente le disse: -Non è che potresti... Togliermela di dosso?-.

Bad - Seconda parteWhere stories live. Discover now