Capitolo 22 💔

43 5 2
                                    

"Il biglietto grazie" dice il controllore del treno. "Tenga" glie lo porgo sicura cercando di nascondere la paura che non possa andare bene.
"Perfetto signorina" dice sorridendomi per poi allontanarsi.
Mi tranquillizzo, non so perché ma ho sempre il timore che possa esserci qualcosa di sbagliato in tutto. Ho troppa paura di rimanerci male,anche per cose banali come questa nonostante fossi consapevole del fatto che il biglietto era giusto al 100%. A volte mi chiedo se le persone provano le mie stesse emozioni,forse per sentirmi meno stupida.
Questi giorni a casa sono passati troppo in fretta ma allo stesso tempo sono contenta di tornare da lui.
Non sa che sto tornando, spero tanto di fargli una sorpresa, spero tanto di essergli mancata.

Apro la porta eccitata, non vedo l'ora di stringerlo ma sopratutto di essere stretta da quelle braccia.
"Sono a casa" urlo un po' per farmi sentire.
Nessuno risponde, forse sono andati da qualche parte a spassarsela.
Lascio la valigia a fianco alla porta, sento alcune voci provenire dal piano superiore,mi avvio veloce.
Una volta arrivata, mentre mi avvicino lentamente capisco che quelle non sono voci ma ben altro.
"Non posso crederci" sussurro.
Prendo di fretta il telefono e compongo il numero.
"Ehi Nataly sei arrivata?"
"Mm si...Valeri, io non so come dirtelo"
Gli spezzerò il cuore ma è la mia migliore amica e non posso nasconderglielo.
"È successo qualcosa di grave?" Chiede.
Capisco la preoccupazione dalla sua voce. Devo dirlo tutto d'un fiato.
"Valeri, Derek ti sta tradendo"
L'ho detto.
Dal telefono sento provenire una risata.
"Stai per caso ridendo?"
"Se volevi farmi uno scherzo non ci sei riuscita, Derek è qui con me, mi sono dimenticata di avvisarti" dice tranquilla.
Ma... é la sua stanza quella.
Rimango immobile a fissare la porta che piano piano svanisce, sta iniziando a perdere la sua forma per via delle lacrime che mi stanno riempiendo gli occhi.
"Nataly, stai bene ?"
La voce di Valeri sembra così lontana al telefono.
"Mio Dio" dico quasi con un filo di voce.
"Cavolo Nataly rispondi" urla.
Le attacco il telefono in faccia senza preoccuparmi di quello che può pensare.
In questo momento la mia forza non so da dove possa provenire ma apro di scatto la porta sorprendendo quei due schifosi avvinghiati uno all'altro.
Avrei voluto davvero vederli? con questi occhi già stanchi e pesanti?
A quanto pare si.
Prendo la prima cosa che vedo in torno a me e la sbatto a terra attirando la mia attenzione.
I vetri sono sparsi per tutto il pavimento ma quel quadro non sarà mai rotto come il mio cuore in questo momento.
Scappo via da quell'orribile immagine che purtroppo rimane impressa nella mia mente.
"Nataly aspetta" urla già in lacrime.
Scendo veloce le scale arrivando alla porta d'ingresso ma lui riesce a prendermi per il braccio e fermami. Scivolo atterra appoggiandomi al portone seguita da lui.
"Perdonami" sussurra Dylan quasi senza fiato.
Le sue mani sono attorno alle mie guance,le sue dita cercano di cacciare via le lacrime inutilmente.
Non ha il coraggio di guardarmi negli occhi.
"Non posso crederci, non voglio crederci" dico singhiozzando.
La sua fronte è appoggiata alla mia,continua a muoversi a destra e a sinistra, lui dice no,non vuole perdermi.
Non mi ero mai sentita così.
Vorrei urlargli addosso e picchiarlo ma non voglio toccarlo.
Questo sarà uno di quei giorni che nessuno dei due sarà più in grado di dimenticare.
Mi faccio pena da sola perché mi sto dispiacendo per lui nel sentirlo piangere così, con i nostri visi e le nostre labbra che si toccano mentre mi chiede perdono.
Sono così stupida da rimane ferma davanti a lui, che mi ha dato la vita ma che in un solo attimo è riuscito a portarmela via.
Sto tremando.
"Ti avevo chiesto di non farmi del male ma tu così mi hai ucciso" sussurro.
Per la prima volta alzo lo sguardo.
Cazzo.
Il dolore di un coltello ficcato in mezzo al cuore, ma sono ancora viva e fa così male.
Difficile da spiegare.
Quegli occhi maledetti.
Si alza, arrendendosi.
Lentamente mi metto in piedi anche io e dopo averlo guardato per un ultima volta, distrutta come mai,sparisco dalla sua vista.
Inizio a correre e corro così forte da non avere più la forza di respirare, mentre in lontananza sento urlare il mio nome sempre meno.
Non so dove mi trovo ma non voglio saperlo,spero soltanto di essere lontana chilometri da quello che poco prima era stato l'amore della mia vita, magari il dolore si arrende se sono distante dal colpevole, non voglio saperlo.
Mi fermo vicino ad un albero e l'unica cosa che mi viene in mente è quella di chiamarlo.
"Pronto"
"Trovami per favore, ho bisogno di te" dico.
I singhiozzi e le lacrime non vogliono cessare, il dolore non vuole diminuire e io voglio solo scomparire.
"Dove sei?" Chiede preoccupato.
Solo ora mi rendo conto di essere completamente bagnata,chissà da quanto tempo sta piovendo,sono talmente stanca che mi accascio atterra, sopra il sottile strato di neve e con calma chiudo gli occhi.
Dove sei Damian, fa presto, fa freddo.
Quando mi risveglio mi trovo avvolta in una coperta al calduccio e a delle braccia quasi estranee che mi abbracciano.
Piano piano mi metto seduta cercando di non svegliarlo.
La testa mi gira e sento dolore in tutto il corpo.
"Ehi" dice riportandomi delicatamente giù, sdraiata con la schiena rivolta verso il suo addome.
"Hai la febbre, non puoi alzarti da qui neanche per sogno" dice dolce.
In questo momento la mia bocca é come se fosse sigillata.
"Non parli?" Mi chiede gentilmente,aspettando una risposta che non avrà.
"Va bene, vorrà dire che staremo in silenzio"
Cambio lato, ritrovandomi a faccia a faccia con il suo viso. D'istinto mi spinge a se abbracciandomi ancora più forte ma cento volte meglio. Appoggio la testa sul suo petto,posso sentire il cuore battere forte a contatto con il mio.

Hearts that beat as one  2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora