Capitolo 43

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L'amore non conosce distanze; non ha continente; i suoi occhi sono le stelle. -Gilbert Parker

KEMAL'S POV:

"Ha detto di essere convinto di aspettare un bambino" mormora una voce femminile non dolce, è molto squillante e fastidiosa.

"In che senso?" chiede invece una voce maschile, sembra molto sorpreso.

"In nessun senso. È maschio, è impossibile. Ha pure aggredito Sebastiano per forzarlo a credergli"

"Ma come? Non stav..."

"Guarda! Sta schiudendo gli occhi il paziente" strilla la voce femminile facendomi fare una smorfia di fastidio, ha rischiato di perforarmi un timpano.

Sbatto piano gli occhi cercando di mettere a fuoco qualcosa e osservo il soffitto grigio sopra di me.

Questa non è casa mia, socchiudo l'altro occhio e continuo a guardare il colore apatico sopra di me.

Un dolore allucinante all'altezza del petto mi fa gemere piano e richiudere gli occhi.

Che cazzo succede?

"Quanto tempo è passato?" chiede la voce maschile di prima.

"Due settimane e tre giorni "risponde schietta lei mentre sento di sottofondo qualcuno strappare un foglio.

"Quanto ci vorrà per passare da Khalil?"

"Non troppo, continuiamo ad essere fiduciosi Fabrizio" 

Inspiro a fondo sentendo dolore al petto e un profumo pungente di candeggina, dove mi trovo?

"No no, stia fermo." i due m'impediscono di alzarmi dal letto.

Sposto subito lo sguardo sulla donna che mi tiene per le spalle e la osservo con indosso un camice bianco, i capelli legati biondi, molte occhiaie, rughe sul viso e degli occhiali blu a punta.

"Non si muova" ribadisce più severa.

Decido di ascoltarla principalmente perché sento un dolore lancinante al fianco e solo adesso realizzo una fasciatura su tutto il mio petto.

Come mi sono ferito?

Rialzo lo sguardo sulla tizia mentre lei annota qualcosa sul taccuino e stacca una spina.

Guardo alla mia destra e vedo dei televisori che trasmettono i miei battiti e altri macchinari che lavorano rumorosi.

Non capisco.

Mi guardo ancora attorno ma non vedo nessuna faccia familiare.

Perché sono solo?

Dov'è..?

"Melisa.." mormoro respirando con fatica.

Il maschio guarda subito la collega e questa annuendo mormora "Vai subito"

Lui corre fuori dalla stanza mentre ne entra un altro più giovane che si affianca alla tizia.

Io continuo a non capire e faccio per mettermi seduto ma sento le mani bloccate, cosa diavolo sta succedendo?

Abbasso lo sguardo e osservo con orrore le mani e i piedi ammanettati.

"Perché sono ammanettato." sbotto incredulo.

"Non si agiti, deve.."

Continuo a tirare le mani bloccate mentre il ragazzo mi prende subito per le spalle e l'infermiera grida severa "Deve calmarsi! Ora le spiegheremo tutto"

"Melisa" dico guardandomi attorno freneticamente.

"Ti piacciono molto le torte?" chiedo mentre la osservo mescolare l'impasto.

Un attentato al cuoreWhere stories live. Discover now