Capitolo 103

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  La mancanza è la più forte presenza che si possa sentire. 

DOPO DUE MESI:

ELEONORA'S POV:

"Eleonora cara...accomodati" dice Nito, invitandomi a sedere.

In questi due mesi abbiamo imparato a conoscerci e io ho anche imparato come fotterlo.

Penso di essere sempre stata abbastanza brava a celare il continuo fastidio che provavo al fianco di Nito. 

Sì dannazione, sono stata bravissima.

"Scusami per il ritardo" dico, accomodandomi.

Tolgo la giacca di pelle e sistemo velocemente la camicia celeste sotto.

Fuori si crepa di caldo e io ho fatto le corse per venire qui.

"Tutto bene?"

"Io? Si, tutto bene" rispondo sorridendo.

"Giovanni sta facendo un ottimo lavoro con te. Mi ha anche detto che vi trovate in sintonia"

"In sintonia? Giovi esagera,  in realtà non ci sopportiamo" dico scherzando.

Lui scoppia a ridere e dice "Gli amici vicini e i nemici ancora più vicini" 

"Ha capito tutto" dico, facendogli l'occhiolino.

"Sai...solo sua madre lo chiamava Giovi. Non ha permesso di chiamarlo così a nessuno"

" Davvero?" chiedo realmente sorpresa.

Mi è venuto naturale chiamarlo così già dopo una settimana.

Non ho mai sospettato nulla.

"Lui non te l'ha detto?" chiede Nito.

Io scuoto la testa e lui mormora "Be' evidentemente non vuole rattristarti. Ci tiene molto a te"

"Come io tengo a lui" replico.

"Si vede"dice Nito.

Io sorrido e cerco di capire lo sguardo di Nito.

Sta tramando qualcosa...non qualcosa che riguardano gli affari, qualcosa di più grosso...sembra meditato da tanto tempo.

"Bene, a proposito di Giovanni...dovrebbe essere di sotto"

"Ah certo, vai pure" dice Nito annuendo con la testa.

"Mi ha chiamata per qualcosa in particolare o..."

"Solo per sapere come andavano le cose, tutto qua" dice lui.

"Ah...ok, grazie per l'interessamento"

Lui sorride, mentre io mi rialzo con la giacca e la borsa e con un cenno esco fuori dal suo ufficio.

Ancora perplessa scendo le scale e vado incontro a Giovanni che mi aspetta fuori appoggiato ad una colonna.

"Buongiorno anche a te" dice Giovanni dietro di me mentre lo supero.

"Tuo padre è strano" borbotto, dirigendomi al laghetto.

E' diventato il nostro posto dove complottare ed essere sicuri di non essere beccati.

Le guardie ci guardano sempre con malizia, quando sorpassiamo il cancello ma a me sai quanto può importare.

"E' sempre stato strano nica" dice lui, seguendomi.

Dimenticavo...Giovanni mi chiama "nica", "piccola" in siciliano, ma non ci ho mai visto malizia quindi poco m'importa anche questo.

"No, oggi era più strano del solito" dico, lasciando che Giovi apra il cancello.

Un attentato al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora