CAPITOLO SEI. PAOLO

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SETTE NOTTI.

Linda. Linda era il nome della ragazza che per sette notti mi aveva fatto addormentare coi suoi occhi.

Era ormai una settimana che avevo incrociato gli occhi di quella ragazza ed era come se mi avesse ammaliato solo guardandomi, ero come ipnotizzato da quell'abisso nocciola ed ora, l'avevo rincontrata al bar del Policlino e per casualità del destino seguiva un corso di clownterapia nello stesso reparto dove svolgevo il mio amato lavoro.

Era una bellissima ragazza, aveva oltre agli occhi, dei capelli lisci, lunghi e color nocciola. Era bassa rispetto al mio metro e novantuno ma era comunque una ragazza che piaceva. Aveva le sue forme al posto giusto e quando parlava aveva una voce così soave che sembrava stesse recitando. Il suo accento non era di Roma, lo si sentiva dalle parole marcate e quasi sottolineate, tipica cadenza del Sud.

Avevo sempre adorato andarci al Sud ma la mia famiglia e soprattutto Tania avevano sempre odiato il sole e il mare, amavano la montagna.

Quando ero a Milano vivevo perennemente nella nebbia e nel freddo e l'estate avevo voglia di trascorrere le vacanze al mare. Il mare del Sud però, quello della Sicilia, della Calabria o della Puglia. Ecco, la Puglia era una delle mete che volevo assolutamente vedere e ci sarei andato, magari dopo la separazione da Tania ci avrei portato Luca e Matilde.

Linda ripensandoci, aveva il tipico fascino della ragazza mediterranea. Era bella, solare e sorridente. Rideva sul fatto ancora del caffè in ghiaccio che solo a ricordare quella scena, mi vergogno ancora oggi.

Ero nella stanza di Rachele a controllarla, purtroppo nella notte precedente aveva avuto un piccolo collasso che constatando dalle analisi era stato molto leggero. Entrò Linda nella stanza e la bambina saltò giù dal letto e le corse in braccio. Linda la prese al volo e la porto nelle sue braccia stretta in un abbraccio che emanava affetto. Sorrisi a quella scena, erano di una tenerezza infinita e forse la bellezza di entrambe, mi aveva stregato. Insieme emanavano voglia di vivere, Rachele combatteva sempre e Linda invece, le regalava sorrisi.

"Salve signorina Linda, anche lei conosce la piccola Rachele a quanto vedo."

"Oh si, è la mia signorinella preferita ma non lo dica a nessuno dottor Ferrari."

Ci scambiammo due sorrisi di intesa e Rachele di tutta risposta disse: "Ovvio, sono la più allegra, gli altri sembrano tutti dei morti viventi e io in realtà per quanto ho capito sono quella che sta messa peggio. Loro invece piagnucolano sempre e dicono di avere sempre dolore e secondo me il dolore non lo conoscono veramente."

Io e Linda ci guardammo e calammo in un sonoro silenzio.

Quello che aveva detto Rachele purtroppo era la dura e cruda realtà e lei ce l'aveva sbattuta in faccia come se i poveri martiri fossimo noi e non lei. Rachele purtroppo alla sua tenerà età sapeva parole come: cancro, collasso, chemioterapia. A sei anni i bambini dovrebbero giocare nei prati, cadere, imparare la bicicletta e andare all'asilo, la piccola creatura invece che stavo curando lottava ogni mattina contro quel mostro e si ritrovava da fare da spalla alla sua mamma che silenziosamente piangeva. Rachele conosceva il reparto oncologia a memoria e sapeva che andare a scuola, per il momento, non era nei suoi piani.

Lei che mentre combatteva e le veniva iniettata la dose di chemioterapia, chiedeva alla mamma come si sarebbe chiamato il fratellino e quando non era d'accordo con il nome aveva anche la forza di opporsi nonostante quella medicina l'avrebbe resa praticamente uno straccio per giorni.

A volte dubitavo quando dicevano che i bambini hanno una forza incredibile con Rachele invece non ebbi più dubbi; loro sono una forza della natura, un uragano. Loro danno vita e lei nonostante la stesse perdendo la donava agli altri perchè capiva perfettamente che giorno dopo giorno avrebbe smesso di esistere senza nemmeno vivere i momenti più belli della sua vita. 

𝐼𝓁 𝓈𝒾𝓁𝑒𝓃𝓏𝒾𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝓂𝒶𝓇𝑒.Where stories live. Discover now