CAPITOLO QUATTORDICI. PAOLO.

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CI SONO IO CON TE.

Eravamo a fine marzo e la primavera era arrivata. Dopo il lungo e freddo inverno fatto da piogge incessanti e venti forti. Con la primavera era arrivata anche l'allergia di Linda che non smetteva di starnutire e star male. Una sera l'avevo dovuta portare di corsa al pronto soccorso perchè stava rischiando uno shock anafilattico. Le fecero subito un calmante e le diedero l'antistaminico adatto. Ritornammo a casa e tutto menomale andò per il verso giusto.

Linda ancora era all'oscuro della mia vita privata a Milano. Le carte del mio avvocato erano state spedite a Tania che non aveva intenzione di firmare la separazione. L'avevo chiamata e le avevo urlato contro mi aveva minacciato di non vedere più Luca e Matilde, da stronza qual'era, aveva toccato il mio punto debole: i miei figli.

Linda non sospettava assolutamente nulla perchè ormai la fede l'avevo tolta prima ancora di conoscerla. Non consideravo Tania mia moglie da quando avevo capito che averla accanto ormai era un fastidio e non un piacere.

Quella mattina quando andai in ospedale avevo lo strano presentimento che quella giornata fosse una di quelle brutte dove le cose non andassero bene. Quelle giornate dove la mente ti dice costantemente che deve accadere qualcosa di brutto.

Entrai nel mio reparto e venni assolutamente avvisato dall'infermiera che nella notte una bambina era entrata in coma. Avevo il presentimento di sapere già chi fosse ma non volevo crederci. Non poteva essere, aveva lottato con tutte le sue forze e dopo un anno non poteva lasciare tutto così.

Corsi nella sua stanza, aprì la porta di scatto e la trovai lì a giocare con le sue bamboline, alzò il capo e mi vidde. Mi sorrise e mi salutò: "Dottor Ferrari buongiorno, oggi Linda viene?"

"Si Rachele, Linda verrà stai tranquilla. Vado un po' in giro dagli altri dopo torno da te piccola."

"Va bene capo." sorrisi. Rachele era ancora là viva e vegeta. La nostra guerriera, ormai era la bambina di tutti ma soprattutto mia e di Linda, era lì a combattere ancora.

Dopo aver fatto il giro visite mi dissero nei minimi dettagli che la bambina in coma era una piccola creatura che nella notte aveva fatto un incidente coi genitori. Un ubriaco li aveva investiti mentre tornavano a casa e loro ne erano usciti illesi, mentre la piccola che siedeva nel lato posteriore era stata sbalzata davanti uscendo dal parabrezza. Non aveva la cintura di sicurezza sottolinearono le infermiere, che con un velo di tristezza mi raccontavano la situazione della piccola bambina.

Ritornai da Rachele. Quel giorno avevo ancora il presentimento che dovesse succedere qualcosa di brutto ma forse era tutto il peso della mia coscienza nei confronti di Linda.

Rachele era seduta sul suo letto e giocava ancora con le bambole. Il suo fratellino era nato da poco e la sua mamma era nel reparto maternità nel nostro stesso ospedale. Ormai tutti conoscevano Rachele e di norma conoscevano anche i genitori.

"Ciao principessa, come stai?"

"Oggi benissimo. Ieri Leonardo mi ha preso il dito e lo ha stretto forte." Leonardo era il suo fratellino. Aveva scelto lei il nome e con tutte le forze si era imposta ai genitori, infine aveva vinto e lei era più felice del solito.

"Lo sai che quando i bambini piccoli, appena nati intendo, stringono le dita agli altri è perchè gli vogliono già tanto bene?"

"Davvero? Anche io voglio già tanto bene al mio fratellino. Sono contenta ci sia e sono contenta anche di essere riuscita a combattere fino alla sua nascita almeno ho potuto vederlo e ho visto che è veramente bello. Mi somiglia."

Sapevo a cosa alludeva Rachele e sapevo anche che ormai la sua situazione poteva precipitare da un momento all'altro.

"Tu sei forte lo vedrai anche crescere piccola."

"Non dica bugie dottore. Non vedrò crescere il mio fratellino. Io non lo dico ma ho dolore da tutte le parti solo che davanti a mamma e papà non lo dimostro per non farli preoccupare. Ho solo sei anni ma so già tutto. So che morirò e verrò messa in una bara bianca perchè ancora una piccola creatura indifesa. Verrò considerata un angelo, quello che forse non sono mai stata vista la mia solarità, ma dottore non posso prendere un medicinale e guarire? Io vorrei tanto giocare con Leonardo in giardino, sa dottore, noi abbiamo un bel giardino grande e mamma ci ha messo un'altalena. Vorrei poterlo vedere crescere, mangiare le pappine e sentire anche la puzza della sua cacca nel pannolino."

Volevo poterle dire che quella medicina esisteva ma non era così. La cura contro il cancro ancora, sembrava essere una scoperta lunga e introvabile.

"Rachele tesoro, ti diamo già un sacco di medicine. Andrà tutto bene vedrai. Ci sono io con te."

Lei mi lasciò un piccolo bacio sulla guancia e sbadigliò. Era stanca aveva appena finito l'ultimo ciclo di chemio e doveva ricominciarne già un altro. La lasciai riposare e si addormentò subito come un angioletto.

𝐼𝓁 𝓈𝒾𝓁𝑒𝓃𝓏𝒾𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝓂𝒶𝓇𝑒.Where stories live. Discover now