CAPITOLO TRENTA SEI. LINDA

264 7 0
                                    

PENSIERI.

Quella mattina mi svegliai tra le braccia di Paolo. Ero tutta sudata avevo fatto un incubo. Avevo sognato i figli di Paolo che piangendo mi dicevano di averli rubato il papà.

Ero veramente una guasta famiglie? Mi sentivo sporca, cattiva come la strega di Cenerentola che tratta la piccola figliastra male e la priva di amore.

Io non ero così. Io non avrei mai levato a quei bambini il loro papà e il loro diritto di viverselo serenamente, dovevo levarmi di torno essere altruista e far vivere loro felici. Dovevo privarmi della mia felicità, l'avrei ritrovata in futuro ma in questo momento Paolo e i suoi bambini avevano la priorità.

Mi alzai, spostando il braccio di Paolo che mi cingeva la vita, mi misi la mia maglietta e andai in bagno. Mi guardai allo specchio. Avevo il viso rilassato e la pelle sembrava ringiovanita di dieci anni. Avevo ritrovato la mia serenità ma dovevo abbandonarla di nuovo. Mi misi le mani in faccia e mi accorsi che stavo piangendo, non volevo che Paolo mi sentisse perciò chiusi la porta a chiave mi accasciai a terra e mi lasciai andare ad uno di quei pianti silenziosi dove i singhiozzi vengono affogati.

Paolo era entrato dentro di me, si era insinuato nel mio cuore come quando la ruggine si insinua nel ferro e non va più via. Lui per me, era nocivo come la ruggine, ma più passava il tempo più il sentimento per lui cresceva. Avevo realizzato in cuor mio che gli avevo perdonato il fatto di aver nascosto per sei mesi la sua reale situazione privata a Milano, quelli che non lo avrebbero mai perdonato per tutto ciò sarebbero stati Luca e Matilde. Pensavo a loro e rivedevo me, che all'età di ventiquattro anni, non avevo perdonato il mio di padre.

Piansi ancora di più e pensai alla mia vita senza Paolo. Era vuota, insignificante e soprattutto priva di momenti belli e parole dolci. Priva di maturità e sorriso. Linda ce la doveva fare anche da sola.

Mi alzai dal pavimento mi guardai allo specchio e mi lavai il viso. Avrei levato ogni singola traccia del mio crollo. Andai in doccia mi insaponai ma non lavai i miei capelli, ero priva del mio shampoo ai mirtilli. Mi asciugai e mi vestii, uscì dal bagno e trovai Paolo sul letto intento a guardare fuori dalla finestra. Chissà dove erano rivolti i suoi pensieri.

"Buongiorno" gli dissi, in modo freddo ma pacato.

Lui si girò e mi guardò, poi sorrise e mi rispose: "Buongiorno Linda, dormito bene?"

"Credo che dovremmo sbrigarci, vorrei ritornare a casa se possibile" gli risposi ignorando la sua domanda e assumendo una freddezza che sembrava strana anche a me.

Paolo cambiò espressione ed era come se mille punti interrogativi le accerchiassero il viso. Aveva ragione, anzi aveva tutte le ragioni del mondo. Mi venne accanto e provò a sfiorarmi la guancia col dorso della sua mano. Lo scansai e andai in direzione del letto prendendo la mia borsa e mettendoci dentro delle cose.

Sentì la porta del bagno chiudersi e lo scrosciare della doccia. Paolo aveva capito che le cose non si sarebbero messe bene.

Uscì dal bagno dopo venti minuti in tutto il suo splendore, prese le sue chiavi della macchina e flebilmente mi disse: "Sono pronto, possiamo andare se vuoi."

Non risposi, andai verso la porta e andammo verso la macchina.

Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso guardavo fuori dal finestrino e mi facevo illuminare il viso dal sole cocente di Luglio. Roma risultava sempre molto affollata ma quel giorno sembrava essere in un deserto.

Arrivammo vicino casa mia e stavo scendendo quando Paolo afferrò il mio braccio e nella sua presa percepì un'attrazione che mi portava a volerlo ancora dentro me. Mi trattenevo, non dovevo aveva due figli.

"Linda, cosa è successo da ieri ad oggi? Perchè questo cambiamento?" mi disse con voce rotta.

"Paolo è stato tutto uno sbaglio, non dovevamo. Ritorniamo a quelli che eravamo prima di ieri, due sconosciuti. Dimenticati di me. La nostra vita non può andare nella stessa direzione. Io ho bisogno di me stessa adesso. Ho bisogno di stare sola. Non voglio più te al mio fianco. Ho bisogno di altro." dissi a Paolo prima di scendere dalla macchina. Scesi dalla macchina aprì il portone e tirai un urlo di sofferenza. Max e Claudia accorsero in mio soccorso, ormai ero a terra stremata dal pianto.

La mia vita era finita.

𝐼𝓁 𝓈𝒾𝓁𝑒𝓃𝓏𝒾𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝓂𝒶𝓇𝑒.Where stories live. Discover now