36.

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Mia'spoint of view

Mi svegliai di soprassalto, per via di alcuni rumori che avevo udito dal piano di sotto. Mi per la prima volta mi sentì leggermente lucida, non ero a casa mia, mi osservai intorno senza capire dove mi trovavo, poi per un attimo cercai di ricordare: ero a casa di Michael. Osservai la camera, le pareti erano rivestite da un verde tenute, la spalliera del letto come i comodini erano bianchi, puri perfettamente puliti. Poi vi era uno specchio tondo, con una cassettiera bianca dai pomelli girgi e infine un'armadio dell'enesimo colore tutto in stile moderno. Non ricordavo molto di quella sera, ma quando mi sollevai col peso la testa si era trasformata in un enrome macigno, la massaggiai con cautela alterando smorfie di dolore. Quando mi alzai del tutto, guardai la sveglia nera poggiata sul comodino, segnava le cinque del mattino, la luce era lievemente visibile dietro la tenda verde chiaro. Adagiai i piedi sul pavimemnto freddo. Un suono arrivò alle mie orecchie, facendomele rizzare poi uno strumento. Qualcuno stava suonando e cantando, m'affrettai per scendere quando vidi la scala a chiocciola scorsi dall'alto al piano di sotto la figura di Michael seduto al pianoforte mentre la sua voce possente si propagava in tutta la stanza. Il suo tono era dolce, ma forte allo stesso tempo. Sorrisi di fronte a quella meravigliosa scena, la canzone era alstessa che conoscevamo entrambi. La ninna nanna di mia madre. Incominciai a scendere piano la gradinata, senza rendermene conto iniziai a seguire la sua voce con la mia. Lui rizzò lo sguardo verso di me per poi sorridermi e alzare un po il tono delle voce. Arrivai accanto alla sua figura cantando e quel momento mi sembrò durare in eterno, Michael cantava e me lo aveva nascosto, la sua voce riuscì a toccarmi l'anima e ad abbracciarla completamente. La sue mani armeggiavano suoi tasti bianchi e neri esattamente come se sapessero cosa fare, il suo sguardo era dritto nel mio, quando la canzone finì fu come sognare ad occhi aperti.

«Michael.. non sapevo cantassi» abbassò lo sguardo imbarazzato e arrossendo un po' sulle gote.

«Non canto da molti anni, era una delle mie più grandi passioni» rispose. Coprì la tastiera, restò immobile sul comodo sedile.

«Sei.. bravissimo, sul serio, dovresti continuare» mi sedetti accanto a lui senza neanche chiedergli il permesso.

«Non lo so.. e comunque tu sei molto più brava posso assicurartelo» incurvò un sorriso, il più bello che avessi mai visto.

«Adesso come stai? Mi sono preoccupato molto..» avvicinò la sua mano alla mia testa carezzandomi dolcemente i capelli.

«Credo di.. star bene, mi dispiace io non mi ricordo molte cose ma voglio soltanto chiederti scusa se sono stata scortese o quant'altro e..» non mi lasciò finire che mi sentì invasa dal profumo della sua pelle e dal balsamo che usava per i capelli. Ero fra le sue braccia, le sue mani vagavano sulla mia schiena con movimenti circolari. Io gli cinsi la vita attirandolo più a me, calai il capo sulla sua grossa spalla.

«Sono stato molto in pensiero per te.. non farlo mai più per favore» la sua voce non sembrò più doppia e decisa, bensì dolce tenue e calda. Sorrisi fra i suoi capelli.

«Te lo prometto!»

***

Il mattino seguente, sentivo l'asprina mi aveva aiutata percepivo il capo molto meno pesante.
Il silenzio regnava fra le pareti e potei vedere il sole completamente sorto dalla tendina verde. Mi alzai fiaccamente e spalancai quelle tende illuminando tutta la stanza.
Scesi poi di sotto, iniziai ad osservare minuziosamente ciò che la sera prima avevo trascurato, mi concessi  esaminare un po' ovunque e con la massima cura.
Subito dopo la porta d'ingresso vi era un'altra scalinata che portava probabilmente o in tavernetta o in un garage. Più avanti al centro della stanza ampia vi era una scala a chiocciola nera e in legno massiccio abbinata al parquet marrone chiaro e le parti bianche a creare un perfetto contrasto. La stanza era abbastanza spaziosa da ospitare sia una piccola sala da pranzo che la cucina. Davanti al tavolo ovale vi era un divano nero e rivestito in pelle, metà della parete costituiva una grande vetrata che affacciava sulla larga e rettangolare piscina e ad un giardino ben curato e verde, l'altra metà della parete ospitava una televisione al plasma molto grande.
Mi concentrai poi sulla cucina, bianca e lucida e dall'isola contente il piano cottura ed una serie di sgabelli alti e dal cuscinetto nero.
In quell'assoluto silenzio scorsi un un forte getto d'acqua provenire da qualche stanza al piano di sopra. Dovevo assolutamente sdebitarmi così mi avvicinai al piano cottura ed iniziai a preparare l'impasto per le crêpes. Presi due piatti di porcellana e dei bicchieri colmi di succo d'arancia. Canticchiai un po, mi piaceva farlo mentre preparavo la colazione. Nell'esatto momento in cui stavo sorseggiando la mia aranciata mi voltai, e la figura di una donna si presentò davanti ai miei occhi: bionda, con il viso riposato e la vestaglia in seta lilla. La sua espressione sembrò stranita, anche se "sorpresa" la descriveva meglio.

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