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Mia's point of view

Mi voltavo a destra e a sinistra, incapace di prender sonno e di concentrare i miei pensieri su tutto ciò che non riguardasse Michael, il suo atteggiamento le provocazioni di Annie, ogni cosa andata per il verso sbagliato di quella serata. Mi sollevai adagiandomi allo schienale, le temperature erano alte datone il valore sprigionato dal camino, Rita mi prestò garbatamente un pantalone di cotone e una canottiera rosa. Sospirai pesantemente, cercando di trovare una qualsiasi soluzione per poter risolvere i miei problemi esistenziali alle tre del mattino. Decisi quindi di scendere al piano di sotto a prepare magari una camomilla molto forte che potesse rinfrescarmi e attenuare i pensieri che martellavano nella mia testa. Ero dinanzi al pianale della cucina con fra le mani la bollente tazza colma di un liquido giallogniolo ed una scorza di limone, soffai al suo interno per poterla rendere più digeribile per via del fumo che vi usciva. Mi osservai attorno, malgrado non vi fosse altro posto in cui sarei voluta essere, mi sentivo a casa. Improvvisamente udì dei passi che mi fecere drizzare lo sguardo verso la provenienza di quel suono. Virai lo sguardo sulla figura alta e muscolosa:

«Ah.. sei tu» biascicai seccata, con una punta di delusione nella voce.

Mike mi si avvicinò recuperando dalla credenza un bicchiere di vetro e riempendolo sotto la fontana.

«Ti dispiace che sia io?» il suo tono mi parve incolore, ero stanca di litigare, intenta nel portare con me la tazza avanzai per sorpassarlo quando una delicata presa afferò il mio braccio, che mi obbligò a scontrarmi col suo corpo. Per svariati minuti osservai i suoi occhi: penetranti, sensuali e capace di incantarmi. Schiusi le labbra.

«Si» una risposta senza emozione, quasi con tono di sfida, lui sorrise di sghembo lasciando la presa e guardando verso il basso.

«Mi dispiace, sono stato un vero coglione» evitò di guardarmi in viso.

Bevve velocemente, più l'ho osservavo più la tremenda voglia di avvinghiarmi a lui cresceva a dismisura, repressi quel pensiero pensiero avanzando nuovamente per poter superare la sua figura.

«Aspetta..» continuò, la sua mano avvolse al mio braccio.

«Che c'è?» bisbigliai, per paura di svegliare qualcuno.

«Non vuoi aprire il mio regalo? È il giorno di Natale» parlò con disinvoltura, volgendo lo sguardo all'orologio sulla prete dietro di lui, tornò a fissarmi in maniera penetrante mi irrigidì e sciolsi allo stesso momento davanti a quel suo atteggiamento naturale, come se potessimo essere due persone normali che il giorno di Natale si scambiano regali e biglietti d'amore assieme a buoni propositi per il nuovo anno. Sospirai pesantemente quando mi resi conto di essermi arresa davanti ai occhi, per aver abbandonato anche soltanto l'idea, di essere in collera con lui. Mi recai sotto l'albero a passo felpato e recuperai uno scatolo, medio non esageratamente grande. Sorridendo, appena glielo porsi - con uno sguardo raggiante - lui mi schioccò un bacio sulla guancia e sorrise appena.

«Aprilo..»  incitai io, impaziente di conoscere la sua reazione.

All'interno della media e dorata scatola  vi erano vari oggetti: un fermacarte, una cornice con una nostra foto, un taquino, ed infine due biglietti per un'opera teatrale molto apprezzata dal sottoscritto. I suoi occhi scrutarono tutti gli oggetti nei minimi dettagli, fissandoli e strofinandoli con i pollici, poi alzò lo sguardo sul mio viso in quell'istante sentì il respiro bloccarsi all'altezza del petto quasi potei percepire il cuore schizzarmi violentemnete fuori dalla gabbia toracica. Lui aveva gli occhi lucenti, era emozionato e non mise da parte neanche per un solo secondo quel meraviglioso sorriso.

«E'...il regalo più bello che avessi mai potuto ricevere» confessò con una voce incrinata,

«Sul serio?» Michael adagiò il contenuto nello scatolone, intanto scoperchiato sul pianale.

TWENTY Where stories live. Discover now