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Mia'spoint of view

Quando varcai la soglia di casa Reed, regnava un eterno silenzio. Mi guardai intorno impaziente di scorgere la sua figura alta e slanciata ma incompenso incrociai Leticia dalla sua solita divisa bianca e celeste. La donna mi sorrise, teneva fra le mani un mocio e un secchio era appena uscita dallo studio del padrone di casa.

«Salve Leticia, come sta?» parlarle mi faceva uno strano effetto quasi come se la conoscessi da una vita intera.

Lei continuò a dirigersi a passo spedito nella cucina più piccola, mentre io, trotterellando, la seguì.

«Bene, anche se c'è molto lavoro da fare qui» procedette col sedersi sull'alto sgabello accanto al pianale della cucina ed iniziò a sbucciare delle patate lasciate precedentemente a raffreddare.

«Immagino..» riposi con un tono comprensivo, presi posto di fronte alla donna ebbi un forte istinto di volerla conoscerla meglio.

«Io..» esordì, ma venni bloccata.

«Il signor Reed non è in casa, se lo cerchi» mi schioccò un occhiolino, che mi fece arrossire in volto tanto da farmi calare lo sguardo.

«Si ehm.. sa quando torna?» mi mordicchiai nervosamente il labbro inferiore.

«Non farà tardi» mi sorrise, io ricambiai affettuosamente.

«Raccontami un po di te, Mia» continuò poi la donna, quasi pensai di non riuscire a capire.

Aggrottai la fronte, mentre lei teneva un piccolo sorriso costante dipinto sul volto.

«Be' non c'è molto da dire, ho lasciato l'università per poter intraprendere la strada per la mia passione verso la musica, ma è andata male perciò.. non so che cosa farò adesso in tutta onestà. Cantare è sempre stato il mio sogno fin da bambina, ma..forse il destino ha in servo qualcos'altro per me» sorrisi fievolmente, abbassando lo sguardo su quelle che erano le mie unghie smaltate di nero.

«Che collage frequentavi?» la donna sembrava incuriosirsi man mano al mio racconto, probabilmente perché le facevo pena o magari aveva urgenza di chiacchierare con qualcuno, nel frattempo versò le patete sbucciate in una ciotola di vetro, poi recuperò un cartoccio contente delle carote, prese a sbucciare anche quelle.

«La Madison University, la conosce?»

«Si credo di averla sentita, non è un'accademia di musica però» corrucciò lo sguardo.

«Già, li studiavo economia mio fratello ci tiene molto» la donna mi guardò con compassione, quasi come provasse per me tenerezza, scosse leggermente la testa e abbassò lo sguardo sulle corte.

«Frequento però anche una piccola Accademia di musica qui in città, insomma.. c'è anche la parte buona» ridacchiai.

«Tuo fratello è molto apprensivo non è vero?» nel corso della conversazione il suo sono si era addolcito e di questo ne fui sollevata.

«Tsk, moltissimo» riso fra me e me ripensando alla preoccupazione e l'iper protezione che lui nutriva nei miei confronti.

«Sei una ragazza ingamba però, non sembri una.. Mmh, insomma hai capito» un riso scoppiò anche a lei, ero più a mio agio in quel momento.

«Glielo dica lei! Voglio bene a mio fratello dico davvero, ma a volte esagera. In tutto ciò, non credo che tornerò alla Madison mi annoio troppo li» altre paia di risata scoppiarono dalle nostre bocche.

«Sono d'accordo, devi combattere per ciò che ami e se cantare ti rende felice allora fallo» scrollò lei le spalle.

Ci riflettei su qualche secondo, torturandomi le unghie a capo e sguardo basso risposi.

TWENTY Where stories live. Discover now