01 • usignoli

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Il sole scalda le mie mani, immerse nell'erba ben tagliata del cimitero di Ghostie.

La accarezzo, beandomi della morbidezza dei suoi steli, mentre respiro lentamente l'aria calda che sfiora le mie labbra.

Vedo il cielo fra le fronde degli alberi sopra di me, e lo vedo azzurro, senza nuvole, mentre il canto degli usignoli vibra nelle mie orecchie, dissolvendosi nel vento tiepido.

Siamo ad ottobre, eppure sembra che l'estate non voglia proprio dirci addio, persistendo nella sua calda carezza gentile, e, anche se sembra stupido, credo che tutto questo dipenda da me: nelle mie condizioni, comunque, credo sia quasi normale darsi all'egoismo.

Io sto per morire.

Il mio sguardo va alla lapide grigia al mio fianco, di cui sfioro con le punte delle dita la ruvidezza della base: è senza nome, ma ancora per poco.

Tic tac. Venti minuti.

Sospiro, mettendo un leggero broncio mentre continuo a far scattare la serratura dell'orologio da taschino davanti ai miei occhi, studiando il passare dei secondi.

È mio da quando sono nata - ogni Usignolo ne ha uno - e non ha bisogno di batterie, dato che l'unica ora che è capace di segnare è quella della morte del proprietario. Si è azionato ieri, esattamente ventitré ore e quarantadue minuti fa, sancendo la mia fine nel momento del suo ultimo rintocco.

Mio padre ha sempre ritenuto le tradizioni della nostra famiglia particolarmente poetiche; Mimmi, invece, decisamente ansiogene: comunque, nessuno oserebbe mai scontrarsi col dono della nostra dea, la signora Morte.

Sin dall'origine del mondo post tempesta, è stata considerata la salvatrice della famiglia Lane, donando parte del suo potere ai miei antenati pur di permetter loro di sopravvivere.

A questa generosità, noi dobbiamo tutto: il dono di poter riportare in vita i caduti, il poter conoscere la data della nostra morte e la capacità di non temerla, una vorace guarigione. Con tutte queste possibili gioie, a me non poteva che capitare il peggio: una vita breve e la spiacevole sensazione dell'essere costantemente seguita da qualcuno.

Tic tac. Quindici minuti.

Chiudo gli occhi, cercando di concentrarmi solo sul mio respiro, calmo e regolare sotto la superficie del mio petto.

Gli usignoli non temono la morte, anzi, la festeggiano, essendo non una fine, ma una specie di promozione: finalmente, torniamo al fianco della nostra Signora.

Io non l'ho mai vista così, ed ho sempre detestato quando, all'annuncio di futura dipartita di un qualche membro della dinastia, la mia famiglia organizzasse feste e si desse alla gioia completa: dire addio non è una cosa bella, fa male, ed è per questo che mi sono nascosta.

Preferisco morire sola piuttosto che infelice.

Tic tac. Manca sempre meno.

Respiro dalla bocca, riempiendo sino all'orlo i polmoni, cercando di rubare ognuno di quegli ultimi attimi di vita.

Non mi sono mai resa conto di quanto fosse bello vivere: stare con i miei fratelli, sopportare i miei genitori, prendermi cura del vecchio cimitero.

È bello essere me, tutto sommato.

«Mary

Una mano sfiora il dorso della mia mano, e subito spalanco gli occhi, mettendomi seduta. Mi guardo intorno, cercando di capire, ma tutto ciò che vedo è una sottile nuvola bianca volteggiare davanti a me.

Ha deciso di farmi compagnia.

«Sei venuto a dirmi addio?»

La nuvola resta immobile davanti a me, dissolta nella sua evanescenza, troppo intimorita per decidere di mostrare il proprio volto. Comunque, non è difficile capire di cosa si tratti: quello è un fantasma, ma il fatto di essere in un cimitero non giustifica la sua presenza.

NIGHTINGALEWhere stories live. Discover now