17 • il tuo respiro

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«Ammetto di essere sorpreso.»

Rido, divertita, osservando incuriosita Daniel mentre questo, con una visibile confusione sul volto, si aggira fra gli stretti corridoi del cimitero di Sandhole.

Questo è decisamente diverso da quello di Ghostie: non siamo in un prato, non ci sono le stelle sopra di noi, ma semplicemente una stanza rettangolare e vuota, con diverse scaffalature divise in scomparti per contenere le urne dei passati reggenti.

A quanto ho capito, infatti, solo le cenere di questi sono contenute nel cimitero, essendo considerati parti integranti della società, che deve avere quindi la possibilità di compiangerli. Le persone comuni, invece, vengono cremate e le loro ceneri sparse nel deserto.

Niente di particolarmente piacevole, a mio avviso, ma, alla fine, la morte è di tutti, e chiunque ha il diritto di trattarla come meglio crede.

«I cimiteri sono meravigliosi, non credi?»

Mi siedo a terra, senza pensarci troppo, e poi mi stendo, restando in silenzio sul pavimento di moquette. E, intanto, sento l'energia scorrere dalle piccole celle sino al mio corpo, impregnando il sangue nelle mie vene.

La Morte è di nuovo con me, ed io non potrei essere più felice.

«Io li descriverei in un altro modo, in realtà,» ribatte Daniel, ancora in piedi. «Ma sì, credo siano belli, così ricchi di...cadaveri.»

Sorrido, guardando dal basso, e allungo poi una mano verso di lui. «Dai, ti faccio sentire.»

Lui tiene un sopracciglio alzato, sicuramente poco convinto, ma, alla fine, si arrende, togliendosi la giacca nera e stendendosi al mio fianco. «Cosa dovrei sentire?»

«Prima di tutto, devi chiudere gli occhi,» spiego, e lui subito mi guarda male, per poi sorridere.

«Come, scusa?»

«Avanti, Riccioli D'Oro: non proverò ad ucciderti,» mi lamento, facendolo ridere.

«Okay,» cantilena, chiudendo finalmente gli occhi. Sorrido, divertita, e, forte della sua fragilità, avvicino la mano al suo volto, pizzicandogli una guancia.

«Che stai facendo?» Chiede, stupito.

«Non ho resistito, scusa.»

Il ragazzo alza gli occhi, sconcertato, e poi sospira, tornando a chiudere gli occhi. «Vedi di farmi sentire ciò che dici, prima che decida di andarmene.»

«Okay,» dico, imitando il suo tono. «Adesso devi stare attento.»

Prendo la sua mano, incastrando le sue dita nelle mie, e, dopo un attimo di tentennamento, anche Daniel ricambia la presa, anche se il suo corpo si tende, quasi fosse in agitazione. Io, invece, non credo di essermi mai sentita tanto bene.

«Io sarò il tuo auricolare, va bene? Devi sentire attraverso di me.»

«È davvero possibile sentire attraverso una persona?» Chiede, perplesso.

«Solo se riesci a concentrarti,» ribatto, semplicemente, e poi mi volto, chiudendo gli occhi. «Ascolta me, ascolta il mio respiro, e il modo in cui la mia pelle sfiora la tua. Devi diventare me, i miei occhi e la mia mente. Ci riesci, Daniel?»

«Ad essere te?» Gli sento chiedere, e capisco, dal tono della sua voce, che non ci sta riuscendo affatto. Non mi conosce abbastanza.

Deglutisco, inumidendomi appena le labbra, cercando di riprendere il corso dei miei pensieri. «Io amavo la mia famiglia, amavo ogni cosa della mia vita. Ogni giorno, mi svegliavo e Marcus e Mimmi erano lì. Mi svegliavo, e sapevo che anche quel giorno sarebbe stato perfetto, come tutti gli altri prima. I miei genitori, loro non li amavo, ma c'era rispetto fra noi. Ero così felice, Daniel, era davvero un sogno.»

NIGHTINGALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora