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Le lancette dell'orologio a muro continuano a rintoccare il passare dei secondi, poi dei minuti.

Sono ferma, seduta sul divano azzurro del salottino privato degli appartamenti di Daniel; lui, invece, se ne sta appollaiato vicino alla finestra, rigirandosi fra le dita la cartina di una sigaretta.

L'ho ignorato sin dal primo momento, ponendo tutta la mia attenzione nello scoprire arcani segreti nascosti nel suo arredamento: ovviamente, non ho trovato nulla, se non il vano sospetto che l'azzurro sia il suo colore preferito.

È azzurra la carta da parati, decorata da fiori d'oro e d'argento, e anche la maggior parte dei soprammobili disposti sui mobili in mogano liscio. È tutto estremamente ordinato, e questo non mi sorprende: Daniel non sembra il genere di persona capace di accettare il caos.

Il suono secco di un fiammifero acceso alle mie spalle mi fa rizzare la schiena, ma decido di tacere quando noto Daniel sedersi sulla poltrona singola dall'altra parte del tavolino da caffe. A dividerci, un vaso di rose bianche.

«Quanti anni hai?»

Le sue dita affusolate sfiorano la sigaretta, facendone risaltare il bianco vicino alla sua pelle abbronzata, e, quando se la porta alle labbra, espirando una nube di fumo verso l'alto, una vena si tende sul suo collo, seguendo le sue mosse.

Fascino: Daniel è così impegnato di fascino da non doversi nemmeno impegnare per mostrarlo.

Da dove vengo io, la bellezza non ha valore, perché vista come un qualcosa di estremamente effimero, quindi non degna di importanza se non come offerta per la nostra dea.

Io non l'ho mai pensata così, mai, ma forse a parlare è solo la mia gelosia di persona che non riesce a sentirsi né bella né affascinante.

«Diciotto,» dico, comunque, sistemandomi meglio sul divano. Daniel mi ha slegato le mani non appena entrati nel salottino, ma, al momento, mi sento così fuori luogo da non avere idea di dove metterle: alla fine, le stringo al petto.

«Daria ne ha sedici, credo che potreste andare d'accordo.»

«Io non voglio andare d'accordo con nessuno,» ribatto, arida. «Soprattutto non con gli assassini della mia famiglia.»

Daniel continua a fumare in silenzio, non curandosi dei miei occhi su di lui, ma, alla fine, posa la sigaretta ancora accesa nel posacenere posto sul tavolino.

«Ci sono solo tre modi per uscire da questo posto: con un permesso scritto, con la condanna all'esilio o, se preferisci, buttandoti giù da quella finestra.» Daniel indica con l'indice verso le mie spalle, supponente. «Sono otto piani in altezza.»

Corrugo la fronte, scossa da un brivido gelido lungo tutta la colonna vertebrale. Mi sta forse istigando al suicidio?

«Perché mi stai dicendo questo?»

Daniel riprende la sigaretta dal posacenere, lasciandola in bilico fra le sue labbra rosse. Con la coda dell'occhio, lancia uno sguardo all'orologio appeso al muro.

«Perché, Margaret, attualmente sei chiusa dentro ad una scatola di cemento senza uscite: se vuoi sopravvivere, ti consiglio quindi di cambiare punto di vista.»

Non rispondo, sinceramente confusa dalle sue parole: per la seconda volta, Daniel mi sta chiedendo di affidarmi a lui, donandogli la mia fiducia e dimenticando ciò che è stato. Come può pensare che io possa davvero fare questo?

NIGHTINGALEWhere stories live. Discover now