3. Io sono fatto così

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JIMIN

"Matilda, ogni tuo piatto è sempre meglio del precedente. Veramente, mi trasferirei qui in fase definitiva solo per continuare a mangiare cose cucinate da te" esclamò Jungkook in tono cordiale due giorni dopo a pranzo, facendo, di nuovo, i complimenti alla nostra cuoca per l'ennesima volta.

Dopo quelle parole Matilda arrossì all'improvviso, ringraziandolo e, poi, sparendo dalla sala da pranzo alla velocità della luce.

Io, dal canto mio, guardai Jungkook con freddezza e frustrazione, chiedendomi perchè, in compagnia dei miei genitori e dei nostri camerieri, fosse in un modo e quando, invece, era da solo con me fosse totalmente in un altro.

Ma, si sa, le persone, di questi tempi, hanno una faccia diversa per ogni persona con cui stanno, quindi...

"Scusi, signor Park, vorrei chiederle una cosa, se non sono troppo indiscreto" gli sentii dire circa verso la fine del nostro pranzo in tono cortese ed educato, cercando di non alzarmi dal tavolo per andarmene sbattendo la porta dal nervoso.
"Dimmi pure" gli rispose mio padre con leggerezza, prendendo ancora un sorso d'acqua dal suo bicchiere e, poi, posandolo sul tavolo concentrandosi, invece, sulle parole di Jungkook.

"Vorrei andare a prelevare dei soldi dal mio conto, questo pomeriggio. Per delle evenienze. Dov'è la banca più vicina?".

Mi venne quasi da ridere a quella domanda, sebbene, in realtà, non ci fosse proprio niente da ridere. Semplicemente...è che quella situazione mi stava un po' stretta.
A dirla tutta, in quei primi giorni, ogni situazione dove Jungkook si comportava come il perfetto apprendista straniero quando, in realtà, era tutt'altro mi stava stretta...

"La banca più vicina è in città a dieci minuti in bici da qui. Jimin ti accompagnerà subito dopo pranzo" disse mio padre con sicurezza, facendomi sbarrare gli occhi e fissarlo con insistenza sperando che si accorgesse della mia espressione.

Peccato che quando questo successe mio padre non fece altro che chiedermi perchè lo stessi guardando così e di "dare una mano una buona volta" visto che non avevo di meglio da fare.

Dopo quelle parole, ovviamente, non potei tirarmi indietro, finendo il mio pranzo con l'amaro in bocca e facendo cenno a Jungkook di raggiungermi verso il garage per prendere due biciclette subito dopo.

Consegnai la mia vecchia bicicletta, quella con cui mi ero fatto i giri di Roma negli ultimi sette anni, a Jungkook, prendendo, invece, quella che avevo comprato da poco per me.
Montai in sella e mi misi una cuffietta nell'orecchio, collegandola, poi, al telefono e facendo partire la playlist, che mi aveva fatto la mia storica compagna di banco Giulia, a cui, ormai, mi ero affezionato.

"Hai intenzione di continuare a non parlarmi?" sentii dire a Jungkook nel momento stesso in cui iniziai a pedalare verso la città, irrigidendomi quasi automaticamente.
"Seguimi e non fiatare" gli risposi solamente, mettendomi anche l'altra cuffietta ed isolandomi da lui e dal resto del mondo.

Fu solo quando arrivammo davanti alla suddetta banca che fermai la musica e fissai Jungkook con indifferenza, dicendogli solamente: "Tu vai a fare quello che devi fare. Io ti aspetto seduto qui".

Il ragazzo davanti a me, però, rimase fermo a guardarmi per più di qualche secondo, anche quando, ormai, io mi ero già seduto sulla panchina lì fuori ed avevo iniziato a smanettare su Instagram.

"Senti, le cose tra di noi sono iniziate con il piede sbagliato" sentii dire all'improvviso alla mia destra, ritrovandomelo seduto accanto a pochi centimetri di distanza.

E, inutile che ve lo dico, quella vicinanza, nonostante fossi convinto di odiare il suo atteggiamento, non passava indifferente al mio corpo.

"Chissà di chi è la colpa..." mormorai amaramente, odiandomi mentalmente per il fatto di essere fisicamente attratto da quell'individuo.

"Io sono fatto così, Jimin. Mi piace provocare le persone. Mi piace giocare con le persone. Ma, se a te da così tanto fastidio da non rivolgermi nemmeno la parola e da scappare a gambe levate quando siamo nella stessa stanza, cercherò di essere un po' più...controllato.
Non che mi penta di quello che ti ho detto quando ci siamo conosciuti, visto che lo penso tuttora, però farò questo grande sforzo" mi disse in tono serio, non togliendo nemmeno per un istante lo sguardo dai miei occhi.

Forse faccio la figura del cretino a dirvelo, ma...solamente quello sguardo mi stava già facendo venire in mente pensieri veramente poco casti.
E visto quello che era successo l'anno precedente a quello con il ragazzo francese, ovvero che, dopo un po', era riuscito a convincermi a scopare ed avevo perso la verginità con lui, non mi sembrava il caso di ripetere l'esperienza anche quell'anno...

"Quindi questa è una tregua?" gli domandai solamente, chiarendo il punto fondamentale di tutto quel discorso e cercando di allontanare quei pensieri dalla mia mente.
"Se la vuoi vedere in questo modo sì" mi rispose lui alzando le spalle, appoggiando, poi, le mani sul bordo della panchina e rimanendo lì a guardarsi attorno.

Non che ci fosse molto da guardare, visto che quella parte della città era quasi sempre deserta, ma okay...

"Che fate qui d'estate voi ragazzi?" gli sentii chiedere all'improvviso, girando lo sguardo nella sua direzione e rendendomi conto che, invece, il suo sguardo era già posato su di me.
"Aspettiamo che arrivi l'inverno, in linea di massima" gli risposi in tono divertito, spostando appositamente lo sguardo per non sentirmi avvampare praticamente ovunque.

"E tu che fai di preciso?".

Quella domanda mi prese alla sprovvista, visto che le mie occupazioni estive non sono mai state oggetto d'interesse di qualcuno, ma, dopo un po', riuscii a trovare una risposta sensata.

"Leggo libri, scrivo poesie, suono il piano, vado al mare a Santa Marinella con la mia compagna di banco. Cose così" gli dissi con leggerezza, alzando, poi, le spalle e posando lo sguardo sulle mie ginocchia.
"Questa cosa che scrivi poesie mi intriga" mormorò lui in tono parecchio ambiguo al termine delle mie parole, facendomi sbarrare gli occhi.

"Forse sono più pensieri sparsi in post-it incollati su un quadernino che altro..." gli dissi con imbarazzo, sperando che quella conversazione su di me finisse assai presto.
"Me li farai leggere prima o poi?" mi chiese con curiosità, mettendomi completamente in difficoltà.

"Ma...in banca ci vai oppure no?" gli domandai con circospezione, scappando dalla sua precedente domanda.
"Giusto. Sono venuto qui per questo" rispose lui con aria divertita, alzandosi e dirigendosi all'interno della banca come se niente fosse.

Io iniziai a respirare con calma, cercando di fermare il mio fiato corto e la sensazione di calore che mi si era sparsa per il corpo alla sua sola vicinanza.

Perchè, no, essere così vicino a quel ragazzo non mi lasciava per niente indifferente...dal punto di vista fisico, intendo.

Fu in quel momento che mi chiesi: questa "tregua" con Jungkook a cosa mi avrebbe portato?

•Who do you love? {Jikook}•Where stories live. Discover now