36. Ed io ti invidio

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JIMIN

"Grazie, mamma. Ne avevo bisogno" le mormorai ancora accoccolato nel suo petto, alzando leggermente la testa ed incontrando il suo sguardo dolce e comprensivo.
"Sai, avrei voluto che anche mia madre facesse queste cosa la prima volta che ho dovuto separarmi per un lungo periodo di tempo dal mio primo amore. Quindi, visto che lei con me non l'ha fatto, pensavo di doverti almeno questo" mi rispose, poi, con leggerezza, allungandosi per prendere il telecomando accanto al cuscino del divano e chiudendo, successivamente, il televisore.

"Tesoro, vatti a fare una bella doccia calda per rilassarti e per toglierti quelle lacrime dalle guance, mh?" mi suggerì dopo un paio di minuti di silenzio, facendomi annuire ripetutamente per, poi, alzarmi lentamente e dirigermi con estrema calma verso il piano superiore.

Peccato che, durante il tragitto, mi trovai una persona davanti, a bloccarmi la strada. Inutile che vi dico chi fosse visto che mia madre era ancora in soggiorno e Matilda aveva preso una giornata libera...

"P-papà" tentai di salutarlo con il tono di voce più stabile possibile del mio repertorio, fallendo, però, miseramente, affrettandomi a togliere, nel mentre, i rimasugli delle lacrime che erano uscite in quel paio d'ore con mia madre dalle guance.

"Posso parlarti?" mi chiese lui con estrema calma, mettendosi apposto gli occhiali tirandoli su a livello dell'angolo in basso a destra della montatura.
"Certo" gli risposi rapidamente, seguendolo, poi, fino al suo studio, dove mi accomodai sul divanetto di fronte alla sua scrivania, osservandolo sedersi sulla sua poltrona quasi fosse un trono.

"Come stai?" mi domandò all'improvviso, facendomi sobbalzare ed iniziare a torturarmi le unghie della mano destra per scaricare la tensione e per impedire alle mie ultime riserve idriche, visto il quantitativo di volte che avevo pianto quel giorno, di scendermi dagli occhi.
"Benissimo" mentii a gran voce, stringendo la presa delle mie mani una sull'altra.

"Non mentirmi" mi avvisò lui in tono secco, facendomi salire milioni di brividi lungo la spina dorsale.
"Ti ho detto che sto bene, padre" ribattetti con convinzione, sperando che quel tono bastasse per interrompere quell'interrogatorio.

Anche perchè credevo che dirgli come stavo veramente volesse dire mostrargli tutto quello che non voleva che fossi...

"Senti, Jimin...tu e Jungkook avete avuto una splendida amicizia. Forse, anche se non ne sono sicuro visto che tu con me non ci parli, quello che c'era tra di voi era molto di più" iniziò a dire dopo qualche secondo, interrompendosi solamente per qualche istante.

Arco di tempo che, però, fu sufficiente a farmi percepire che dovessi giustificarmi in qualche modo.

"Ma...".
"Ed io ti invidio" riprese lui parlandomi sopra, facendomi sbarrare gli occhi e, poi, guardarlo con confusione.

"Cosa?" gli chiesi, poi, credendo di aver capito male.
"Al mio posto, un qualsiasi padre bacchettone e tradizionalista sarebbe felice del fatto che tutto questo possa essere finito. Ma io non sono quel tipo di genitore, nonostante, probabilmente, tu pensi il contrario.
Il punto è che...strappiamo via così tanto da noi stessi, per guarire più in fretta dal dolore, che ci ritroviamo ad essere dei gusci vuoti già a trent'anni. E, ad ogni persona che incontriamo, abbiamo sempre di meno da offrire...
Quindi, perchè sforzarsi di non provare niente? Insomma, che spreco sarebbe?" iniziò a dirmi in tono calmo e composto, attendendo per qualche secondo una mia risposta.

Ma, visto che quest'ultima non arrivò, riprese a parlare.

"Visto che la sto già tirando per le lunghe e tu non hai mai voluto ascoltare i discorsi filosofici di tuo padre ti dico ancora una cosa: io non ho mai avuto una cosa come quella che c'era tra te e Jungkook. Certo, forse ci sono andato vicino, ma...qualcosa mi ha sempre fermato prima che riuscissi a dare tutto me stesso.
Come sceglierai di affrontare la cosa non sono affari miei, però, ricorda, il cuore ed il corpo ci vengono donati una volta sola.
Lo so che tu adesso senti tristezza, dolore, amarezza forse. Ma, ti prego, non uccidere queste emozioni, ma vivile al pari della gioia che hai provato per i tre mesi in cui Jungkook è stato qui" finì con la voce leggermente instabile, guardandomi, poi, negli occhi con sincerità.

"L-lo credi davvero?" gli chiesi in un sussurro, mollando, finalmente, la presa sulle mani e riuscendo a rilassare anche tutta la schiena.
"Certo. Poi, non so se le cose tra di voi sono state veramente amorose oppure no, ma...meritavate quella felicità. E tu, soprattutto, meriti di essere ancora felice" concluse lui con un leggero sorriso dipinto in faccia, facendomi capire che quelle cose le pensava sul serio.

Io, dal canto mio, a quel punto decisi solamente di ringraziarlo per quel discorso, alzandomi, poi, dal divanetto e dirigendomi verso la porta. Solo che, poi, prima di uscire mi resi conto di dovergli qualche parola in più...

"Papà, io...credevo che tu non saresti stato d'accordo. Che saresti stato...deluso. Ecco perchè non vi ho detto niente, a te ed a mamma. Poi...che mamma l'abbia capito da sola era quasi scontato" mormorai con un po' di insicurezza, riuscendo ad incontrare il suo sguardo solo al termine delle mie poche frasi.

"Lo so. E, fidati, posso immaginare che ti sentissi così. Non ti ho mai detto di essere fiero di te o che mi rendevi felice. Anzi, effettivamente non riuscivo proprio a capirti. Ma, poi, Jungkook mi ha aiutato a farlo durante questi tre mesi. Ed ora...mi rendo conto che, per tutti questi anni, ti ho dato l'impressione di essere un padre menefreghista, severo e sempre insoddisfatto dal proprio figlio.
Ma non è così. Sei un ragazzo speciale, buono e brillante, che riesce a scrivere "frasi senza senso" bellissime, suonare numerose canzoni al pianoforte e leggere un quantitativo spropositato di romanzi riuscendo a capirne perfettamente tutti i significati nascosti" mi rispose con un tono che mi fece percepire, per la prima volta da quando avevo memoria, affetto nei miei confronti.

"C-come fai a saperlo?" balbettai quasi con trepidazione, sperando che la risposta fosse quella che la mia mente immaginava.
"Jungkook ha parlato per ore di te, quando era qui con me. Ogni minuto. Ogni secondo. Esistevi solamente tu" mi spiegò brevemente, facendomi venir meno anche quel poco di autocontrollo che mi fosse rimasto e, purtroppo, iniziando a farmi piangere nuovamente.

"Ti consiglio di andare in camera tua a farti quella doccia calda come ti ha detto tua madre, a questo punto" mi suggerì praticamente all'istante, probabilmente pensando che io non volessi che lui mi vedesse...così.

Ed aveva tremendamente ragione.

Ma, almeno, per tutto il tragitto fino in camera mia, non riuscii a fare a meno di essere felice per il fatto che, finalmente, avevo la certezza che mio padre, almeno un po', fosse orgoglioso di chi ero diventato...

SPAZIO AUTRICE:

Come chi ha visto il film/letto il libro da cui mi sono ispirata avrà già capito, le parole dette dal padre di Jimin sono riprese da lì.
Questo discorso mi ha toccato fin dalla prima volta che l'ho letto e visto, creandosi un proprio posto all'interno del mio cuore un po' a crepe.
E, visto questo, come potevo non riprenderlo in questa storia?

Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto e volevo avvisarvi che, cause superiori ovvero il voler passare una vigilia di Natale tranquilla con i miei genitori, l'aggiornamento di giovedì salta e quindi ci rivedremo domenica❤️.

•Who do you love? {Jikook}•Where stories live. Discover now