Capitolo 41

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Singapore - terzo giorno (sabato sera)


Quella notte non riuscivo a dormire.

Non che fosse una novità considerato le miei occhiaie ormai marchiate, ma prima di mettermi a letto avevo sperato che la stanchezza unita al jet lag sarebbero riusciti nell'ardua impresa di spegnere per alcune ore il mio cervello... Ovviamente, però, mi ero sbagliata.

Altrimenti non sarei stata lì: nel balcone di un Hotel fin troppo costoso per le mie tasche, stretta in una felpa non mia, con i capelli arruffati e il corpo provato, spettatrice d'onore di una città che nonostante l'ora tarda continuava a vivere tra luci e rumori. Si diceva che Singapore fosse meravigliosa anche per quello ma per quanto avessi voluto scoprirlo personalmente, riuscivo solo a stare lì e ad osservarla.
Era un limite, uno di quelli che mai avevo avvertito in vita mia, e mi risultava quasi impossibile abbatterlo visto che il principale responsabile della sua comparsa era -di nuovo- il mio cervello.

Lo stesso che da ben dodici giorni si era fossilizzato solo ed esclusivamente sulle parole pronunciate da Andy Allen.

"Preparati Jane, perché io ottengo sempre quello che voglio e la fine della tua relazione è una delle mie priorità."

Quelle lo avevano completamente mandato in tilt, tanto che l'unica risposta concreta che riusciva a formulare era: perché?

Non avevo mai interferito con il lavoro di Lewis, non lo avevo mai costretto a scegliere tra me o un impegno con i suoi sponsor, non lo avevo mai interrotto durante un evento o una riunione, non avevo mai disturbato un suo allenamento e mai giudicato per il suo modo di vivere il paddock.
Non avevo mai litigato con un membro del suo team e mai preteso un trattamento di favore da qualcuno solo per essere la sua ragazza.

Mi ero comportata sempre nel migliore dei modi.

Ero coscienziosa di ciò.

Ma sembrava che ad Allen non gliene importasse nulla della mia buona fede e che fosse disposto a spingersi ben oltre il lecito per raggiungere l'obiettivo.

Quindi tutto tornava alla principale domanda: perché?

"Che cosa ci fai qui?"

La voce di Lewis mi destò prepotentemente dai miei pensieri, facendomi sobbalzare sul posto. Con estrema velocità -e quasi procurandomi uno strappo ai muscoli del collo- mi voltai verso la sua direzioni e non potetti non ridacchiare quando il mio sguardo lo mise a fuoco: era avvolto in malo modo in una coperta non troppo pesante ed era a piedi nudi sull'uscio dell'ampia portafinestra, con le palpebre quasi completamente chiuse e il corpo ondeggiante.

Come non fosse ancora caduto per terra, magari nemmeno lamentarsi per il botto ma solo ringraziando di essere di nuovo in posizione orizzontale, era un mistero.

"Cosa ci fai tu qui! Domani mattina devi partecipare ad una gara!" Ribattei.

Lewis abbozzò un sorriso, poi scrollò le spalle.

"Allora vieni con me."

Scossi la testa, incredula che anche da mezzo addormentato riuscisse a mostrare quella sua sarcastica prepotenza, ma non feci storie e a grandi passi lo raggiunsi. Afferrai subito la mano che mi porse e, dopo aver chiuso in modo corretto la portafinestra, mi feci trascinare verso il letto: ci sistemammo comodamente proprio al centro del materasso, uno di fronte all'altro, con la coperta che in precedenza teneva stretta Lewis addosso; il suo braccio sinistro era disteso sul cuscino, sotto la mia testa, mentre le nostre gambe erano intrecciate e le nostre fronti quasi unite.

"Perché non riesci a dormire?"

Sapevo che quella domanda sarebbe arrivata, quindi feci subito per ripetere le parole che mi ero in precedenza preparata ma l'occhiataccia che Lewis mi lanciò -consapevole della mia strategia- mi fece desistere dal continuare.

"Non inventare scuse Jane" mi avvisò con tono serio. "È già successo altre volte questa settimana e se prima ho aspettato che tu me ne parlassi, adesso te lo sto chiedendo perché apertamente."

Beh, a quanto pare non è più sul punto di addormentarsi.

Sospirai e mi mossi sul materasso, così da puntare lo sguardo sul tetto monocolore.

"Hai detto tu di dover comunicare quando ci sono dei problemi, no?"

Deglutii e feci un respiro profondo.

"Ho una brutta sensazione." Risposi, infine.

Trascorsero alcuni minuti di silenzio, ove ognuno sembrava perso nei meandri delle proprie menti ma fu ancora Lewis a prendere la parola.

"Su cosa?"

A quello risposi solo con il silenzio e ciò non fece altro che alimentare la tensione.

"Su di noi?" Mi domandò allora, non distogliendo lo sguardo da me.

Sbuffai e con uno scatto mi misi in posizione seduta; avevo una mano tra i capelli, che già erano arruffati di loro e le ginocchia quanto più possibile vicine al petto. Il mio era quasi un bozzolo, abbastanza scomodo visto che per la morbidezza del materasso tendevo a rotolare all'indietro.

"Ti fidi di me?"

Non c'era bisogno di guardare in volto Lewis per sapere che la sua espressione fosse confusa e spaesata dopo quella domanda, ma il semplice fatto che anch'egli si mosse per essere completamente al mio fianco mi scaldò il cuore.

"Jane, se ho fatto qualcosa e..."

"No, no, no" lo interruppi, muovendo in modo frenetico le braccia. "Tu non hai fatto nulla! Non è colpa tua se sono così nervosa da non riuscire a chiudere occhio!"

Per lui fu come una boccata d'aria fresca.
Il suo corpo, che da mezzo floscio per la stanchezza era piano piano diventato una lastra di marmo per l'argomento, tornò a sciogliersi.

"Ma devi rispondere alla mia domanda" continuai, incrociando il suo sguardo. "Ti fidi di me?"

"Certo!"

"No, non in quel senso... cioè anche, però..."

"Io non riesco..."

"Mi conosci, no?" Ripresi, cercando di articolare quanto più possibile il mio pensiero. "Sai chi sono, sai come mi comporto, cosa e chi per me è davvero importante, i valori che cerco sempre di perseguire sia nella vita privata sia in quella lavorativa... Hai imparato a conoscermi, vero?"

"Sì Jane, assolutamente."

"Beh, allora... ti fidi di me?"

Lewis ridacchiò, ma prese entrambe le mie mani con le sue e le strinse.

"Se non lo facessi, non ti avrei mai permesso di subentrare così in profondità nella mia vita" rispose sorridendo. "Quindi sì, mi fido di te e finché rimarrai la stessa persona che ho imparato a conoscere e ad amare in questi mesi -per come ragioni, per come ti comporti, per come cerchi sempre di fare del bene e mai del male, per come t'impegni- lo farò sempre."

Chiusi gli occhi e sorrisi, finalmente più leggera.

Era come se un macigno fosse stato sollevato dalle mie spalle e in quel momento mi sentii di nuovo felice. Confortata, appagata e sicura.

Non avrei mai pensato che quelle, appunto, si dimostrassero solo parole.











Angolo autrice: sì, non sono morta. Sì, sono di nuovo qua. Scusate immensamente per il ritardo ma ogni qual volta la mia regione va in zona rossa, il mio bel portatile finisce in mano a mio nipote per la DAD ed io rimango senza alcuna possibilità di scrittura. Una vera palla. Ma ecco a voi il nuovo capitolo: uno di quelli decisamente brutti e di riempimento, motivo anche per il quale ci ho impiegato un bel pò per metterlo nero su bianco. Spero comunque che vi piaccia e scusate per gli errori che ci saranno: questa sera lo controllato per bene :)

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora