Capitolo 17 - seconda parte

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Lewis



Monaco - Giorno 4 (sabato sera)


Lui la stava baciando.

Quell'idiota -che per tutta la serata non aveva fatto altro che guardarmi e sorridermi in modo sarcastico con il chiaro intento d'innervosirmi- la stava baciando. E con una naturalezza tale da farmi bruciare il sangue nelle neve.

Gli rompo la faccia a questo coglione!

Non ci pensai due volte: mi alzai scostando malamente la sedia alla mia sinistra, così da crearmi il giusto spazio per uscire, e ignorando il fatto di aver attirato l'attenzione -e anche le perplessità- delle cinque persone sedute al mio stesso tavolo, m'incamminai verso l'altra parte della sala.
Sentii chiaramente Toto urlare il mio nome in modo da sembrare un rimprovero, ma io non distolsi mai lo sguardo da Jane: anche in quel momento, così come aveva fatto per durante la cena, lei mi dava le spalle ma nonostante ciò -grazie a tutto il tempo trascorso insieme- avevo colto subito dalla posa del suo corpo che qualcosa, in quel preciso momento, la infastidisse.

Ne ebbi la conferma quando la vidi allontanare bruscamente quello stupido.

Jane si voltò subito verso la mia direzione e osservando la sua vuota e spaesata espressione del volto, la mia voglia di tirare un pugno all'idiota aumentò di gran lunga.

Lei lo capì e con fare allarmato mi venne incontro.

"Lewis per favore, ti posso spiegare... lui... non è come sembra..." farfugliò, spostando lo sguardo da una parte all'altra della sala, quasi in cerca d'aiuto.

Io la ignorai.

Quando fummo proprio l'uno di fronte all'altro, cercai di superarla ma Jane fu più scaltra: portò entrambe le mani sul mio petto e con forza mi bloccò lì.

"Lewis ti prego, ci stanno guardando tutti..."

Quella ovviamente era l'ultima delle mie preoccupazioni.

Continuando a tenere lo sguardo fisso sull'idiota -che non si era mosso dalla sua precedente posizione per godersi al meglio lo spettacolo-, chiusi una mano sul polso di Jane e cercai di scostarla, facendo sempre attenzione a non farle male. Lei lottò e nell'istante in cui sembrava per cedere, fu affiancata e aiutata da altre due persone: Angela e Toto.

"Calmati Lewis!"
"Che cosa diavolo pensi di fare?"

"Lo sapevo che prima o poi avresti fatto una stronzata!"

Di nuovo non badai alle loro parole.

"Ti stai divertendo?" chiesi, invece, allo stupido.

Lui, in tutta risposta, mi sorrise disinvolto.

Giuro che ti faccio saltare tutti i denti!

Feci per muovermi verso di lui, ma le tre persone che stavano lì a marcarmi non mi permisero di fare un passo.

"Non ci pensare nemmeno!" Disse Toto, capendo le mie intenzioni. "Portatelo lontano da qui!"

Subito percepii le mani di Jane sul mio volto.
Pronunciò un paio di volte il mio nome ma notando la mia completa indifferenza ai suoi richiami, con forza inclinò il mio viso verso il suo: i suoi occhi trovarono i miei e nel suo sguardo potetti leggere tutto il nervosismo e la paura che le stavano attanagliando l'animo. Potevo immaginare quale coraggio e quanta forza stesse impiegando per combattere tutte le supposizioni -per lo più errate- che attimo dopo attimo prendevano forma nella sua mente e mi sentii male -e soprattutto in parte colpevole- per ciò.

Lei non meritava quello.
Non meritava di trovarsi lì, in mezzo a quella spiacevole circostanza, emotivamente sola tra un me infuriato e un ragazzo egoista, sotto gli occhi di persone sconosciute che si sarebbero divertite ad inserirla nei peggiori chiacchiericci di gossip.

Era ingiusto.

Sopratutto se quella situazione era stata pompata così tanto per una litigata scaturita dalla mia stupidità.

"Andiamo." Dissi, quasi in un sussurro.

Presi la mano di Jane e la strinsi, come per farle capire che era tutto finito, e sotto lo sguardo dei presenti, mi voltai verso l'uscita. La trascinai con me, passo dopo passo, e lei non disse alcuna parola.

Arrivato davanti agli ascensori, uscii dalla tasca dei pantaloni il pass che mi era stato consegnato in reception e che mi catalogava come ospite speciale, e lo passai davanti al lettore multimediale così da poterne usufruire in modo privato.

Quando le porte si chiusero, lasciandoci completamente soli, entrambi con le spalle poggiate alla parete opposta all'altra, tornammo a guardarci negli occhi.

"Stai bene?"

Jane, in risposta, fece un piccolo segno d'assenso con la nuca.

"Ti sei calmato?" mi domandò a sua volta.

Sospirai e passai una mano tra i capelli.

"Non abbastanza."

Trascorsero ulteriori istanti colmi di un assordante silenzio prima che Jane decidesse di fare un paio di passi verso la mia direzione. Era irrequieta, lo si capiva dalle dita delle sue mani che combattevano tra loro, ma sembrava che la paura provata in precedenza fosse scomparsa del tutto.

Per quello mi sentii sollevato.

"Lewis mi dispiace per tutto quello che è successo" disse, fermandosi proprio al centro della cabina. "Io non potevo immaginare... io sinceramente non credevo che Nathan..."

"Jane..."

"Mi dispiace, davvero, e spero solo che quanto accaduto non ti provochi dei problemi perché..."

Non la lasciai terminare.

Non potetti.

Con un balzo la raggiunsi e circondandola con le braccia, feci incontrare le nostre labbra. Lei ne rimase spiazzata all'inizio, ma poco dopo avvertii chiaramente il suo corpo sciogliersi a quel contatto e il suo animo unirsi al mio.
Fu un bacio perfetto: uno di quelli che ti fanno perdere la concezione del tempo -ma sai che questo è ben speso- e dello spazio -ma sai con chi lo condividi-, quelli in cui la passione è dominante ma la dolcezza non manca mai, che scambi con poche persone ma tutte giuste, che ti tolgono il fiato ma che ti riempiono il cuore.
E ti fanno capire che senza non puoi vivere.

"Non pensare nemmeno per un secondo che sia stata colpa tua" le risposi, allontanando il volto dal suo solo per guardarla negli occhi. "E non assillarti di preoccupazioni per il mio lavoro perché sarebbe inutile."

Jane fece per ribattere, ma il campanello d'arrivo dell'ascensore di distolse per un attimo dalla discussione.

La presi per mano, intrecciando le mie dita con le sue, e la portai fino alla mia camera. Una volta lì dentro non resistetti, e la baciai di nuovo.

Mi era mancato terribilmente farlo in quelle ultime due settimane.

"Lewis per favore..." disse, staccandosi dal mio corpo e facendo un paio di passi indietro. "Non puoi far finta che nulla sia accaduto!"

Sospirai e piuttosto che seguire il mio istinto e portarla direttamente in camera da letto, rimasi lì ad ascoltarla.

"Il tuo capo era furioso! Stavi per picchiare un giornalista!"

"Ma non l'ho fatto, anche se ne avrei ancora voglia" risposi, beccandomi un'occhiataccia di rimprovero. "Per il resto non devi preoccuparti, perché Toto non è così stupido da mettere in una posizione scomoda il suo primo pilota."

"E tutte le persone presenti?" mi chiese, portando le braccia al petto. "Forse alcuni di loro hanno filmato tutta la scena e adesso..."

"Adesso sapranno che Lewis Hamilton è molto geloso della sua fidanzata."

Jane mi guardò stranita e quasi mi venne da ridere.

"Di chi scusa?"

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora