Capitolo 34 - seconda parte

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Lewis



Germania - Giorno 4 (domenica sera)


Avevo vinto.

Nonostante fossi partito quattordicesimo, avevo vinto anche quella gara.

La stessa che -a quanto si diceva in giro per il paddock-, era considerata la più spettacolare dell'intera stagione, grazie solo alle condizioni meteo variabili che avevano determinato la guida di ogni pilota e le scelte di ogni box.

Proprio quei due fattori che mi avevano portato sul gradino più alto del podio, ma ve n'era un altro che senza ombra di dubbio aveva condizionato il mio pomeriggio: l'impazienza.

"Forse è meglio finirla qui"

Quella frase, che aveva aleggiato nella mia mente da quando ero uscito, di corsa, dal motorhome della Mercedes alle celebrazioni per la vittoria -e soprattutto durante i sessantasette giri percorsi in pista-, mi stava letteralmente facendo uscire pazzo.

Mandai giù l'intero bicchiere di champagne -quello era il terzo, non considerando la bottiglia bevuta sul podio- e mi guardai attorno con il solo intento d'individuare in mezzo a tutte quelle persone l'unico uomo che poteva aiutarmi. Quando lo scovai grazie al suo metro e ottanta d'altezza lo raggiunsi con passo spedito.

"Mi servono le chiavi di una macchina."

Toto non sembrò sorpreso di vedermi lì, accanto a lui, e liquidando con qualche parola tedesca i ricconi che lo circondavano, mi fece segno di seguirlo.

Una volta fuori dalla sala -che era stata adibita dall'hotel proprio per festeggiare la doppietta della scuderia-, Toto poggiò le spalle al muro e bevve l'intero contenuto del suo bicchiere.

"Ottimo tempismo Hamilton, stavo per morire tra le mani di quei tre!" Disse, stropicciandosi gli occhi con le dita della mano.

"Ho bisogno di una macchina." Ribadii, ignorando il suo teatrino.

Il mio capo sbuffò, stanco fisicamente e un po' scocciato.

"Avevo intuito che qualcosa fosse andato storto tra te e Jane" rispose, tornando a guardarmi. "Ne vuoi parlare?"

Feci subito per ribattere in modo sprezzante, quasi offeso dal fatto che fra tutti proprio lui mi avesse chiesto una cosa del genere, ma poi mi bloccai: ripensandoci Toto era stato uno dei pochi a chiedermi, in quegli ultimi giorni, il motivo per il quale fossi così di malumore e l'unico che, scoperto tutto, si era offerto di aiutarmi.

Un amico più che un superiore.

Così, imitando la sua postura, mi posizionai al suo fianco.

"Jane ha capito che sono un coglione..."

"Beh, ce ne ha messo di tempo!" M'interruppe, ridacchiando.

"...e vuole lasciarmi."

"Ah!" esclamò sorpreso, facendo una smorfia. "Mi sorprendo, allora, che tu abbia vinto la gara con questo problema per la testa!"

"È stata solo fortuna!" Sbuffai.

Consapevole di avere addosso lo sguardo indagatore di Toto, cominciai a camminare avanti e indietro per quel corridoio, con entrambe le mani poste dietro la nuca e questa sollevata verso l'alto.

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora